Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17203 del 19/08/2016


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Cassazione civile sez. I, 19/08/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 19/08/2016), n.17203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29467-2011 proposto da:

ASSOCIAZIONE TEMPORANEA DI IMPRESE “DI BATTISTA S.N.C.” (C.F.

(OMISSIS)), C.E.S.I. COSTRUZIONI EDILI STRADALI IDRAULICHE DI

D.B. &.C. S.N.C. (C.F. (OMISSIS)) – capogruppo mandataria,

in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliate in ROMA, VIA GERMANICO 96, presso l’avvocato LETIZIA

TILLI, rappresentate e difese dall’avvocato SABATINO CIPRIETTI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI PESCARA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEL VIMINALE 38, presso l’avvocato VINCENZO

MACEDONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato ARCANGELO FINOCCHI,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 720/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 15/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2016 dal Consigliere Dott. VALITUTTI ANTONIO;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato ARCANGELO FINOCCHI che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato il 17 aprile 2001, l’Associazione temporanea di imprese Di Battista s.n.c., quale impresa capogruppo, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Pescara, il Comune della stessa città, chiedendone la condanna al pagamento della somma di Lire 716.627.166, oltre accessori di legge, a titolo di compenso aggiuntivo per categorie di lavori effettuati, anche se non previsti in progetto, in adempimento del contratto di appalto stipulato con l’ente pubblico in data 7 marzo 1996, avente ad oggetto i lavori per il risanamento della rete idrica comunale. La domanda veniva rigettata dal Tribunale adito, con sentenza n. 1468/2004, avverso la quale proponeva appello l’Associazione temporanea di imprese Di Battista s.n.c..

2. Il gravame veniva disatteso dalla Corte di Appello dell’Aquila, con sentenza n. 720/2010, depositata il 15 ottobre 2010, con la quale il giudice di seconde cure riteneva che, trattandosi di appalto a forfait, il compenso per i lavori aggiuntivi, eseguiti dall’appaltatrice in corso d’opera, non potesse essere riconosciuto.

3. Per la cassazione di tale sentenza hanno, quindi, proposto ricorso l’Associazione temporanea di imprese Di Battista s.n.c., quale impresa capogruppo, e la CESI – Costruzioni Edili Stradali Idrauliche di D.B. & C. s.n.c., quale impresa mandante, nei confronti del Comune di Pescara, affidato a tre motivi.

4. Il resistente ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con i tre motivi di ricorso, che – per la loro stretta connessione, vanno esaminati congiuntamente – l’Associazione temporanea di imprese Di Battista s.n.c. e la CESI s.n.c. denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c., nonchè l’omessa o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 (nel testo applicabile ratione temporis).

1.1. Lamenta la ricorrente che la Corte di Appello abbia ritenuto, peraltro con motivazione del tutto incongrua ed inadeguata, che le riserve – formulate dall’impresa capogruppo nel corso dei lavori per il risanamento della rete idrica, costituenti oggetto del contratto di appalto stipulato con il Comune di Pescara in data 7 marzo 1996 relative al compenso per categorie di lavori effettuati, sebbene non previsti in progetto, fossero state legittimamente respinte dal direttore dei lavori e dalla commissione di collaudo. E ciò in quanto, ai sensi dell’art. 2 del capitolato speciale, trattavasi di appalto “a corpo”, tutto compreso, “chiavi in mano”. Sostiene, per contro, l’istante che la clausola in questione, in quanto prevede per i soli lavori eseguiti in meno il sistema del prezzo a misura, laddove pone a carico dell’appaltatore il costo dei lavori aggiuntivi eseguiti in corso d’opera (compenso a forfait), costituirebbe una clausola vessatoria che, in quanto tale, avrebbe dovuto essere approvata specificamente per iscritto, ai sensi dell’art. 1341 c.c., derivandone in mancanza contrariamente all’assunto del giudice di appello – la nullità ed inefficacia della medesima. Di più, la previsione contenuta nell’art. 2 del contratto di appalto, secondo cui l’importo “presuntivo” dovuto dal Comune di Pescara alla appaltatrice era fissato in Lire 1.670.257.842, avrebbe dovuto indurre la Corte di merito a ritenere che si era in presenza di un contratto di appalto a misura.

1.2. Le doglianze sono infondate.

1.2.1. Va osservato, in proposito, che, in tema di appalto di opere pubbliche a corpo o “a forfait”, il prezzo convenuto è fisso ed invariabile, della L. 20 marzo 1865, n. 2248, ex art. 326, all. F, sicchè, ove risulti rispettato dalle parti di quel rapporto l’obbligo di comportarsi secondo buona fede giusta l’art. 1175 c.c., e, dunque, siano stati correttamente rappresentati dall’appaltante tutti gli elementi che possono influire sulla previsione di spesa dell’appaltatore, grava su quest’ultimo il rischio relativo alla ulteriore quantità di lavoro che si renda necessaria rispetto a quella prevedibile, dovendosi ritenere che la maggiore onerosità dell’opera rientri nell’alea normale del contratto, con conseguente deroga all’art. 1664 c.c.. Ciò, peraltro, non comporta un’alterazione della struttura o della funzione dell’appalto, che non si trasforma in un contratto aleatorio, benchè l’allargamento del rischio accollato all’appaltatore releghi a situazioni affatto marginali la rilevanza dell’imprevedibilità delle condizioni di maggior difficoltà nell’esecuzione delle opere, potendo venire qui in considerazione solo situazioni che finiscano per incidere sulla natura stessa della prestazione (cfr., ex plurimis, Cass. 18559/2011; 4198/2014; 5262/2015).

1.2.2. Orbene, nel caso di specie, l’art. 2 del capitolato speciale allegato al contratto di appalto prevedeva, a chiare lettere, che l’esecuzione dei lavori, oggetto dell’appalto, doveva avvenire “a corpo tutto compreso “chiavi in mano”, precisandosi, altresì, che “qualora in sede attuativa risultasse necessaria una maggiorazione quantitativa dei lavori, ovvero l’esecuzione di categorie di lavori imprevisti ed imprevedibili, questi resteranno esclusivamente a carico della ditta appaltatrice, senza pretesa di alcun compenso aggiuntivo”. Ebbene, tali previsioni, a giudizio della Corte, sono perfettamente in linea con la fattispecie dell’appalto a corpo o a forfait, a nulla rilevando – a fronte della specifica ed inequivoca indicazione, ivi contenuta, del carattere onnicomprensivo del corrispettivo – il fatto che nell’art. 2 del contratto vi fosse un improprio riferimento ad un importo “presuntivo” dovuto dall’appaltante alla ditta appaltatrice, atteso che tale ammontare non poteva, comunque, in forza delle previsioni succitate, essere in alcun modo superato per effetto di ulteriori lavori resisi necessari in corso d’opera.

1.2.3. Non rileva, inoltre, nel senso di escludere che ci si trovi in presenza di una fattispecie di appalto a forfait, il fatto che la citata clausola 2 del capitolato speciale di appalto prevedesse – in contrasto con quanto dispone l’art. 1664 c.c., – per le sole variazioni in diminuzione delle opere, rispetto a quelle previste in progetto, che il pagamento sarebbe stato effettuato dalla stazione appaltante a misura, in relazione ai lavori effettivamente eseguiti, laddove nessun compenso aggiuntivo veniva riconosciuto per la maggiore quantità di opere realizzate dall’impresa appaltatrice. Non può revocarsi in dubbio, infatti, che la previsione contrattuale si inquadri nella deroga all’art. 1664 c.c., – norma che non ha carattere vincolante per le parti, le quali, pertanto, possono legittimamente derogarvi, nell’esercizio della loro autonomia contrattuale, fissando convenzionalmente un diverso limite di aumento o di diminuzione, ovvero rimuovendo quello legale, o escludendo dalla revisione l’aumento o la diminuzione del costo di talune prestazioni (Cass. 3013/1992; 2146/2003; 4779/2005) – operata, nella specie, dalle parti con la stipula del contratto di appalto a corpo o a forfait.

1.2.4. Nè può ritenersi, al contrario di quanto assumono le ricorrenti, che la clausola in parola sia da considerarsi vessatoria, ai sensi dell’art. 1341 c.c., e che dovesse, pertanto, essere approvata specificamente e separatamente per iscritto. Va osservato, infatti, che il richiamo della disciplina fissata in un distinto documento, che sia effettuato dalle parti contraenti sulla premessa della piena conoscenza di tale documento ed al fine dell’integrazione del rapporto negoziale nella parte in cui difetti di una diversa regolamentazione, assegna alle previsioni di quella disciplina, per il tramite di “relatio perfecta”, il valore di clausole concordate, e, quindi, le sottrae all’esigenza della specifica approvazione per iscritto di cui all’art. 1341 c.c.. E neppure rileva, in proposito, l’eventuale unilateralità della predisposizione del suddetto documento, la quale resta superata dalla circostanza che entrambi i contraenti si siano accordati per farne proprio il contenuto. Il che è a dirsi con particolare riferimento al richiamo al capitolato speciale predisposto dalla stazione appaltante e reso noto alla controparte, poichè inserito negli atti di gara o allegato al contratto di appalto (Cass. 19130/2006; 26201/2010; 7197/2011). Nel caso concreto l’art. 1 del contratto di appalto richiamava espressamente, ai fini della disciplina del rapporto, il capitolato speciale d’appalto, dando, altresì, atto che il medesimo veniva allegato in copia al contratto stesso; sicchè è del tutto evidente che, nella specie, l’esigenza di specifica e separata approvazione scritta non vi fosse.

1.3. Le censure vanno, quindi, disattese.

2. Per tutte le ragioni che precedono, il ricorso proposto dall’Associazione temporanea di imprese Di Battista s.n.c. e dalla CESI – Costruzioni Edili Stradali Idrauliche di D.B. & C. s.n.c. deve essere, di conseguenza, integralmente rigettato.

3. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, nella misura di cui in dispositivo.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;

– rigetta il ricorso; condanna le ricorrenti alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione Civile, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2016

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