Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1720 del 24/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 1720 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

ORDINANZA
ul ricorso 2865?-2013 proposto da

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

CAVE SANNITE SRL, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA MERULANA 234, presso lo studio dell’avvocato
CRISTINA DELLA VALLE, rappresentato e difeso
dall’avvocato ROBERTO PROZZO;

controricorrente

avverso la sentenza n. 270/2012 della COMM.TRIB.REG.

(4e4gb 4
dOkUAQue4,I, depositata il 24/10/2012;

Data pubblicazione: 24/01/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 25/10/2017 dal Consigliere Dott.

GIUSEPPE LOCATELLI.

N.R.G.28652/2013

FATTI DI CAUSA
A seguito di processo verbale di constatazione redatto dalla Agenzia
delle Entrate, l’Ufficio impositore notificava alla società Cave Sannite srl
un avviso di accertamento relativo alle maggiori imposte Ires, Iva ed Irap
per l’anno di imposta 2004, nonché cartella di pagamento per la somma
di euro 449.562 relativa al pagamento delle predette imposte.

Cave Sannite proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di
Benevento, che lo accoglieva parzialmente con sentenza n.448 del 2010.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello e la società si costituiva
proponendo appello incidentale. Con sentenza del 24.10.2012 la
Commissione tributaria regionale rigettava entrambi gli appelli.
Contro la sentenza della Commissione tributaria regionale l’Agenzia
delle Entrate propone cinque motivi di ricorso per cassazione.
Cave Sannite srl resiste con controricorso chiedendo di dichiarare
inammissibile o infondato il ricorso della Agenzia delle Entrate .

RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere rigettato.
1.Primo motivo:”violazione dell’art.36 comma 2 n.4 decreto
legislativo 31 dicembre 1992 n.546 -Violazione dell’art.26 d.P.R. n.633
del 1972 e dell’art.2697 cod.civ. , in relazione all’art.360 n.4
cod.proc.civ.”, in quanto la motivazione con la quale la Commissione
tributaria regionale ha ritenuto legittima l’emissione delle due note di
credito disconosciute dall’Ufficio “risulta meramente apparente, in realtà
inesistente”.
Il motivo è infondato. La nullità della sentenza per mancanza della
motivazione prescritta dall’art.36 comma 2 n.4 decreto legislativo 31
dicembre 1992 n.546, intesa quale requisito indispensabile per il
raggiungimento dello scopo dell’atto (giustificazione razionale della
decisione) ai sensi dell’art.156 comma 2 cod.proc.civ., può essere
pronunciata esclusivamente nel caso di mancanza grafica della
motivazione, ovvero nel caso di motivazione meramente apparente,
ravvisabile qualora risulti impossibile individuare la ratio decidendi
adottata dal giudice ( in tal senso Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9745 del

Contro l’avviso di accertamento e la cartella di pagamento la società

18/04/2017Sez. 5, Sentenza n. 13990 del 22/09/2003). Nel caso in
esame il giudice di appello ha dato conto delle ragioni della propria
decisione poiché, con riferimento alle due note di credito di euro 42.369,
ha affermato di condividere la motivazione del giudice di primo grado
(riportata nella stessa sentenza di appello), aggiungendo che la società
appellante ha provato documentalmente la sussistenza delle condizioni
per la emissione delle note di variazione o note di credito.
“violazione dell’art.112 cod.proc.civ.

per

extrapetizione-violazione dell’art.37 bis d.P.R. n.600 del 1973,
dell’art.1241 cod.civ. e dell’art.6 del d.P.R. n.633 del 1972, in relazione
all’art.360 n.3 e 4 cod.proc.civ.”, in riferimento al rilievo relativo alla
omessa fatturazione per l’importo di euro 2.135.596.
Il motivo è inammissibile perché non articola alcuna censura di
violazioni di legge sostanziale o processuale riferibile alla sentenza
impugnata, ma svolge argomentazioni di pieno merito con richiamo
diretto agli elementi di prova raccolti dai verificatori.
3.Terzo motivo: “violazione dell’art.36 comma 2 n.4 decreto
legislativo 31 dicembre 1992 n.546 -Ulteriore violazione dell’art.37 bis
d.P.R. n.600 del 1973, in relazione agli artt.360 n.3 e 4 cod.proc.civ.” in
riferimento al rilievo relativo al recupero degli interessi passivi.
Il motivo è inammissibile. Da un lato , la ricorrente, non riportando i
motivi di appello sul punto, non consente la valutazione della sussistenza
di una ipotesi di motivazione meramente apparente, valevole quale
violazione dell’obbligo legale di motivazione; dall’altro svolge
direttamente censure di merito, contestando in questa sede la violazione
dell’art.37 bis d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, senza avere previamente
indicato da quali atti risulti che l’Ufficio aveva fondato la pretesa
impositiva sulla contestazione di una condotta elusiva a norma dell’art.37
bis d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, e da dove risulti che l’applicabilità
della disciplina antielusiva fosse stata devoluta all’esame del giudice di
appello, posto che in nessuna parte della sentenza impugnata vi è alcun
riferimento a tale istituto.
4,Quarto motivo: “violazione dell’art.2730 cod.civ. o, in subordine
dell’art.2727 e ss cod.civ. , in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ.” con

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2.Secondo motivo:

riguardo all’annullamento del rilievo

relativo alla insussistenza di

passività per euro 57.333.
Il motivo è inammissibile. La ricorrente non deduce in concreto una
violazione di legge ma censura la congruità della motivazione in termini
non ammessi dopo la riforma dell’art.360 primo comma n.5 cod.proc.civ.,
sostituito dall’art.54 comma 1 lett.b) d.l. n.83 del 2012, convertito nella
legge n.134 del 2012, applicabile alle sentenze pubblicate dal 11..9.2012.

2727 cod.civ e ss cod.civ. -Violazione dell’art.36 comma 2 n.4 decreto
legislativo 31 dicembre 1992 n.546, in relazione all’art.360 nn.3 e 4
cod.proc.civ., nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha
annullato il recupero per costo del carburante, senza tener conto del fatto
che dal processo verbale di constatazione risultava la inverosimiglianza di
numerose schede carburante, con la conseguenza che l’Ufficio ne aveva
ritenuto la generale inaffidabilità, spettando poi alla contribuente indicare
quali singole schede portassero indicazioni autentiche.
Premesso che la Commissione tributaria regionale ha rigettato il
motivo di appello “non essendo specificate, documento per documento, le
irregolarità riscontrate dai verificatori”, il motivo di ricorso è
inammissibile poiché richiede a questa Corte di effettuare un vaglio di
merito sul contenuto e la rilevanza probatoria dei dati afferenti alle
schede contabili riportati nel processo verbale di constatazione , ed è
ulteriormente inammissibile poiché formula una censura sostanzialmente
riconducibile ad un vizio di motivazione insufficiente, non più rilevante a
seguito delle modifica all’art.360 comma primo n.5 introdotta dall’art.54
comma 1 lett.b) del d.l.n.83 del 2012, convertito nella legge n.134 del
2012 (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 – 01).
Spese liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese in
favore della resistente, liquidate in euro settemila oltre spese generali
nella misura forfettaria del 15% ed accessori di legge.
Così deciso il 25.10.2017.

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5.Quinto motivo:”violazione dell’art.109 TUIR e degli artt.2697 e

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