Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17196 del 11/08/2011

Cassazione civile sez. I, 11/08/2011, (ud. 24/05/2011, dep. 11/08/2011), n.17196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17907/2007 proposto da:

P.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA G. FERRARI 12, presso l’avvocato PIZZOLI Giancarlo, che

lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PE.SI.;

– intimata _-

sul ricorso 22047/2007 proposto da:

PE.SI. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA KENIA 16, presso l’avvocato SCOCA GIUSEPPE,

rappresentata e difesa dall’avvocato PEDARRA PAOLO, giusta procura in

calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. FERRARI

12, presso l’avvocato PIZZOLI GIANCARLO, che lo rappresenta e

difende, giusta procura a margine del ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 2124/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

24/05/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato G. PIZZOLI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso

incidentale;

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

G. PADANIA, per delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

incidentale, rigetto del ricorso principale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 2124 depositata il 10 maggio 2007, la Corte d’appello di Roma, provvedendo sui rispettivi gravami, proposti da P. M. e Pe.Si. avverso precedente sentenza n. 30901/2004 del Tribunale di Roma che aveva pronunciato la separazione personale tra i predetti coniugi, accolta la domanda di inibitoria del P. con riferimento ad importi di mantenimento superiori ad Euro 1.000,00 mensili e sospesa per l’effetto l’efficacia della sentenza, ha disposto la corresponsione da parte del predetto dell’assegno di mantenimento a favore della moglie separata, negato invece dal primo giudice, fissandone la misura nell’importo mensile di Euro 400,00.

Ha valorizzato la sperequazione verificata tra l’importo annuo del reddito percepito in Euro 40.000,00 dal P., medico dipendente ASL e titolare pro quota di numerosi immobili, e quello di Euro 18.000,00 di cui fruiva la moglie separata.

Ha inoltre rideterminato il contributo paterno di mantenimento a favore dei figli minori nell’importo di Euro 1.400,00 mensili, Euro 700,00 per ciascuno dei due figli, comprensivo di spese straordinarie per l’istruzione, educazione e ricreazione, oltre al 50% delle spese non mutuabili, da corrispondersi a far tempo dal mese successivo alla sentenza in quanto solo in sede di gravame si sono potuti accertare taluni degli elementi posti a base della decisione.

La decisione è stata impugnata innanzi a questa Corte da P. M. con ricorso articolato in tre motivi. L’intimata ha spiegato difesa con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a due mezzi resistiti dal ricorrente principale con controricorso.

Il P.G. ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi. Il collegio ha disposto farsi luogo a motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente viene disposta ai sensi dell’art. 3 c.p.c., la riunione dei ricorsi che sono stati proposti avverso la medesima decisione. Il ricorrente principale denuncia:

1.- col primo motivo violazione dell’art. 155 c.c.. Assume il ricorrente che la misura del contributo di mantenimento a favore della prole sarebbe stata disposta in difetto del doveroso accertamento della reale situazione economica e patrimoniale di ciascun genitore, ed avrebbe: per l’effetto realizzato sproporzione ingiustificata tra i loro rispettivi livelli contributivi, in palese violazione del principio di bigenitorialità. La Corte del merito, valorizzando il solo dato rappresentato dal maggior importo della retribuzione netta percepita, unica sua fonte di reddito, rispetto a quello percepito dalla Pe., ha omesso la valutazione degli ulteriori aggravi connessi ai tempi, non trascurabili, di permanenza dei minori presso di sè, e degli ulteriori dimostrati esborsi mensili, che incidono in senso riduttivo sullo stipendio mensile, il cui effettivo ammontare non supererebbe l’importo di Euro 300,00.

Senza affatto preservare la proporzionalità delle condizioni economiche, la decisione avrebbe piuttosto procurato abissale sproporzione tra le rispettive risorse.

Il conclusivo quesito di diritto chiede se l’attribuzione dell’assegno di mantenimento della prole non debba creare condizione dì squilibrio i in modo da evitare che il genitore obbligato si trovi in condizione di non poter offrire ai figli sostegno pari a quello offerto dall’altro genitore, ledendo il concetto di bigenitorialità.

La resistente deduce l’infondatezza della censura.

Come emerge dal tessuto motivazionale adeguato e puntuale che ne sorregge la conclusione, i giudici d’appello hanno esaminato tutte le componenti patrimoniali dei coniugi (reddito percepito e titolarità da parte del P. di numerosi immobili pro quota, esborsi connessi ai tempi di permanenza dei minori presso ciascun genitore), emerse dalle risultanze acquisite in atti, attestanti le reciproche effettive, peraltro incontroverse, capacità di guadagno. Orientando l’indagine alla luce dì corretta esegesi del disposto dell’art. 155 c.c., che impone al giudice del merito l’accertamento delle disponibilità patrimoniali dell’onerato sulla base di tutte le componenti patrimoniali che, oltre al reddito, risultino apprezzabili in termini economici essendo suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti ( per tutte Cass. n. 9915/2007), e consentano una ricostruzione attendibile e non l’esatta quantificazione delle concrete risorse patrimoniali (Cass. n. 21659/2010), hanno infine stabilito l’importo dell’assegno sulla base della sintesi ricostruttiva dei dati esaminati, attestante una capacità reddituale del padre sicuramente più redditizia rispetto a quella della madre, cui i figli sono affidati, esposta per tale ragione a maggiori esborsi. La decisione conclusiva è perciò esente da critica in relazione al vizio denunciato, e la censura esposta nel motivo deve dichiararsi in questa prospettiva priva di fondamento.

Per altro verso la denuncia riferita all’omessa considerazione degli esborsi connessi ai tempi di permanenza dei minori presso il padre, odierne ricorrente, in quanto priva del requisito di autosufficienza che assiste il presente ricorso, è generica. Quanto agli ulteriori argomenti spesi a sostegno del motivo, va rilevato che il risultato dell’indagine condotta dall’organo di gravame che ha determinato il quantum ritenuto equo inerisce ad apprezzamento di merito, e la censura esposta è in effetti indirizzata avverso il vaglio critico dei dati probatori esaminati condotto dal giudice d’appello di cui si confuta più che la correttezza la fondatezza. In questa chiave sollecita scrutinio nel merito non ammesso in questa sede.

2.- Col secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.c., commi 1 e 2, e censura la statuizione impugnata per aver disposto a suo carico il contributo di mantenimento anche a favore della moglie separata, in assenza d’effettiva disparità delle reciproche condizioni economiche, senza altresì valutare l’incidenza dell’esborso sulle proprie condizioni patrimoniali, già gravate dagli altri oneri economici dedotti in causa. Gli impegni assunti- rimborso di un prestito chiesto per far fronte ad oneri economici assunti dalla Pe., esborsi a favore dei figli, rata del mutuo per l’acquisto della casa in (OMISSIS) caduta in comunione legale – avrebbero gravemente ridotto le sue risorse patrimoniali. La predetta, di contro, convivente stabilmente con altro compagno, si sarebbe trovata in condizione di godere di un reddito mensile complessivo di circa Euro 2.500,00 a fronte di una sua residua entrata mensile di soli Euro 1.100,00.

Il conclusivo quesito di diritto chiede d’enunciare il principio secondo cui l’assegno di mantenimento a favore del coniuge ha finalità meramente compensativa e non può realizzare indebito arricchimento.

Il motivo condivide la sorte del precedente.

Le argomentazioni riferite, lungi dal sostanziare una censura specifica e compiuta ai contenuti della sentenza, si risolvono in una mera sollecitazione al riesame delle circostanze esaminate, e quindi della sintesi che la Corte d’appello ha tratto dal loro vaglio critico. Il decisum, sorretto da esaustivo tessuto motivazionale, fa buon governo delle norme invocate, applicate al caso in discussione alla stregua delle circostanze concrete verificate e logicamente apprezzate. Si giustifica infatti, secondo quanto accertato dalla Corte del merito, in ragione della sperequazione tra le rispettive capacità reddituali effettive dei coniugi che impongono la necessità di un riequilibrio a favore della moglie separata accertato, secondo quanto è emerso dalla puntuale motivazione, alla luce degli elementi fattuali correttamente assunti a parametro di verifica delle condizioni economiche dei coniugi, in cui si concretano le circostanze rilevanti ex art. 156 c.c., comma 2. Il risultato di questa indagine critica inerisce ad apprezzamento dì merito, contro cui, come rilevato, è in effetti indirizzata la censura esposta nel mezzo in esame. Il richiamo al principio dell’indebito arricchimento non è pertinente a questa ratio deciderteli, e così anche il quesito di diritto. Le evenienze acquisite, valutate in senso comparativo ponderando le reciproche condizioni economiche dei coniugi, hanno imposto il ripristino di un equilibrio fra le rispettive entrate teso a garantire il mantenimento del tenore di vita anteriore alla separazione, di certo non ad avvantaggiare uno dei coniugi a danno dell’altro.

In ordine al vizio di motivazione il motivo difetta della sintesi conclusiva.

3.- Col terzo motivo il ricorrente denuncia vizio d’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia in relazione alle statuizioni oggetto delle precedenti censure.

Il motivo è inammissibile poichè, al pari della sintesi che illustra nella sua conclusione, espone apprezzamenti sui fatti indagati dalla Corte d’appello e mira, pertanto, ad una rivisitazione nel merito della fondatezza del risultato di quel vaglio critico che a questa Corte è precluso.

Il ricorso incidentale deduce: 1.- violazione e falsa applicazione dell’art. 155 c.c.. Il vizio denunciato si anniderebbe nella datazione immotivata dell’obbligo di versare le spese straordinarie in misura fissa dal mese successivo a quello della sentenza d’appello. Il quesito di diritto chiede se, stabilita la quantificazione dell’assegno in favore dei figli, questo debba essere riconosciuto dal momento della maturazione del diritto. 2.- vizio di motivazione della statuizione che non illustrerebbe gli elementi accertati in sede di gravame che avrebbero determinato la censurata datazione. Il principio di diritto chiede se, in caso di inibitoria poi revocata, l’importo dell’assegno di mantenimento per la prole stabilito in via definitiva debba essere considerato un diritto da farsi valere dal momento in cui il diritto è maturato.

I motivi, logicamente connessi e meritevoli d’esame congiunto, sono privi di pregio.

“Ed infatti, se è vero che la spettanza degli assegni di cui agli artt. 155 e 156 c.c., decorre fin dalla domanda, è altrettanto vero che ben si rende consentito, al giudice di merito, di graduare e differenziare nel tempo la entità dell’assegno di contributo al mantenimento del coniuge e/o dei figli, modulandola in funzione del complesso dei dati concretamente accertati, ragion per cui la naturale retroattività delle statuizioni assunte in proposito in sede di giudizio di separazione non vuole perciò anche dire necessaria uniformità degli importi fissati in relazione alle varie fasi temporali”.

Tanto premesso in jure, i motivi risultano inammissibili in quanto esprimono censure non pertinenti alla ratio fondante la decisione impugnata che rende conto, con puntuale argomentare, del fatto che la rideterminazione della misura dell’assegno di mantenimento è stata assunta all’esito non già della mera rielaborazione critica della precedente statuizione, evidentemente ritenuta corretta in parte qua, ma in considerazione del quadro reddituale riemerso in sede di gravame, che ha correttamente giustificato la datazione a far tempo dal mese successivo alla pubblicazione della sentenza.

L’individuazione di questa data, frutto di scelta di merito correttamente motivata, lascia ferma per il passato la debenza dell’importo maggiore stabilito dal Tribunale si che la Pe.

non ha interesse a proporre la censura.

Tutto ciò premesso deve disporsi il rigetto di entrambi i ricorsi, con compensazione integrale delle spese del presente giudizio in ragione della reciproca soccombenza delle parti.

P.Q.M.

La Corte:

Riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2011

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