Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17195 del 21/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 21/07/2010, (ud. 23/04/2010, dep. 21/07/2010), n.17195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 6298/2009 proposto da:

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, in persona del Dirigente con incarico di livello

generale. Direttore della Direzione Centrale Prestazioni,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo

studio dell’avvocato LA PECCERELLA LUIGI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato RASPANTI RITA, giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

L.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1368/2008 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA

del 25/09/08, depositata il 16/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LAMORGESE Antonio;

è presente il P.G. in persona del Dott. DESTRO Carlo.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Su impugnazione dell’INAIL che aveva lamentato il riconoscimento, affermato dalla decisione del Tribunale di Chieti, del diritto di L.F. alla rendita per ipoacusia nella misura del sei per cento dalla data della domanda amministrativa e del tredici per cento dal gennaio 2003, la Corte di appello di L’Aquila, all’esito della consulenza tecnica di ufficio rinnovata nel grado, aumentava la rendita al sedici per cento dal 1 agosto 2007, escludendo la prestazione per la parte inferiore alla soglia minima indennizzabile.

Dell’elevazione della rendita pur in mancanza di appello incidentale dell’assicurato si duole in questa sede l’Istituto, chiedendo la cassazione della sentenza con ricorso affidato a due motivi.

L’intimato non ha svolto alcuna attività difensiva. Ravvisati i presupposti per la decisione del ricorso in camera di consiglio, è stata quindi redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., poi ritualmente notificata alla parte costituita e comunicata al Procuratore Generale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo mezzo di annullamento denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e deduce l’errore in cui è incorsa la Corte di merito per avere riconosciuto il diritto ad una rendita corrispondente ad un maggiore grado d’inabilità (sedici per cento), malgrado l’assicurato si fosse limitato a resistere all’appello, senza proporre alcuna impugnazione in ordine alla percentuale d’inabilità determinata dal Tribunale.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 149 disp. att. c.p.c. e D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 137, e critica la sentenza impugnata, perchè, nel riconoscere, con decorrenza 1 agosto 2007, una maggiore rendita per effetto del peggioramento della malattia accertato dal proprio ausiliare, ha statuito su una revisione per aggravamento non domandata dal L., così esercitando un potere revisionale che la legge attribuisce all’assicurato ed all’Istituto assicuratore.

Il ricorso è fondato. Si deve infatti osservare che sull’entità della rendita come determinata dal giudice di primo grado a far tempo dal gennaio 2003, l’assicurato aveva prestato acquiescenza e non aveva affatto contestato l’accertamento del Tribunale in ordine alla riduzione della sua attitudine al lavoro come stabilita dalla data indicata; e l’impugnazione, che era stata proposta soltanto dall’INAIL, concerneva unicamente il riconoscimento del diritto alla rendita in misura inferiore al minimo indennizzabile per il periodo tra la domanda amministrativa e il gennaio 2003, allorchè l’inabilità permanente aveva superato il minimo indennizzabile.

Perciò il giudice del gravame non poteva prendere in considerazione aggravamenti della patologia professionale indennizzata, non denunciati dall’assicurato.

Nè la soluzione prospettata nella relazione ex art. 380 bis c.p.c. circa la sussistenza del vizio di ultrapetizione si pone in contrasto con il principio ribadito da questa Corte con la sentenza n. 11297 del 30 luglio 2002, secondo cui nascendo dalla legge il diritto alla prestazione previdenziale spettante per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e dovendo la prestazione essere adeguata, per quanto possibile, all’effettiva misura della riduzione dell’attitudine al lavoro, in sede giudiziale, sia che si tratti di prima liquidazione, sia che si tratti di revisione, non è consentito, dato l’oggetto del giudizio vertente sull’accertamento della suddetta riduzione dell’attitudine al lavoro, ancorare l’adeguamento della rendita ad una presunta volontà vincolativa espressa dall’assicurato. Infatti nella fattispecie esaminata in detta pronuncia, concernente revisione di una rendita ad iniziativa dell’INAIL, si è affermato che l’assicurato può inserirsi nel relativo procedimento al fine di ottenere, non solo il mantenimento della rendita nella misura originaria, ma anche il conseguimento dell’aumento della rendita stessa per aggravamento, senza che sia necessaria un’autonoma domanda amministrativa, mentre qui l’assicurato non ha denunciato alcun aggravamento della tecnopatia.

Pertanto, il ricorso deve essere accolto e cassata la sentenza impugnata, la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, va decisa nel merito, con il riconoscimento del diritto di L.F. alla rendita in misura corrispondente ad una inabilità permanente del tredici per cento a decorrere dal 1 gennaio 2003 e con la condanna dell’Istituto a versare all’assicurato la prestazione da tale data, oltre interessi sui ratei scaduti.

Riguardo alle spese processuali, confermata la relativa statuizione contenuta nella pronuncia di primo grado, non si deve provvedere al regolamento di quelle di appello e del giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore alla modifica qui non applicabile ratione temporis, apportata dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e decidendo nel merito, dichiara il diritto di L.F. alla rendita in misura corrispondente ad una inabilità permanente del tredici per cento a decorrere dal 1 gennaio 2003 e condanna l’INAIL a pagare al L. la rendita da tale data, oltre interessi sui ratei scaduti; conferma la statuizione sulle spese della sentenza di primo grado, nulla per le spese del giudizio di appello e di cassazione.

Così deciso in Roma, il 23 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2010

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