Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17195 del 12/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 12/07/2017, (ud. 24/05/2017, dep.12/07/2017),  n. 17195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13505-2015 proposto da:

GIULY S.R.L. – P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARIO DEL PRINCIPE;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. s.p.a., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede

dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO

SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO ed ESTER

ADA VITA SCIPLINO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 68/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 29/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/05/2017 dal Consigliere Dott. DORONZO ADRIANA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

con sentenza pubblicata il 29/1/2015 la Corte d’appello dell’Aquila ha rigettato l’appello proposto da Giuly s.r.l. contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta dall’appellante contro la cartella di pagamento avente ad oggetto contributi previdenziali da essa società ritenuti non dovuti in quanto oggetto di sgravio ai sensi della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 8;

la Corte territoriale ha infatti ritenuto, condividendo il giudizio già espresso dal tribunale, che non sussistevano i presupposti per le agevolazioni contributive di cui alla norma citata in quanto non vi era stato un reale incremento occupazionale;

contro la sentenza la Giuly s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione; l’INPS ha conferito delega rilasciata in calce alla copia del ricorso notificata;

la proposta del relatore è stata comunicata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

il collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

l’unico motivo di ricorso è incentrato sulla violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 8, in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., e art. 132 c.p.c., n. 4, e con esso la parte censura la decisione della Corte nella parte in cui ha ritenuto sussistente uno stretto collegamento tra essa società e la cooperativa Kappa, sicchè il passaggio dei lavoratori da una società all’altra non ha determinato un effettivo e reale incremento occupazionale, necessario per usufruire delle agevolazioni contributive;

il motivo è inammissibile;

la corte territoriale con un giudizio complesso ed esauriente, e sostenuto da precise evidenze istruttorie, ha ritenuto esistente tra le due società significativi elementi di permanenza dell’originaria struttura aziendale e l’esistenza di una sostanziale continuità nell’esercizio dell’impresa, si dà escludere che con l’assunzione dei dipendenti provenienti dalla cooperativa si sia determinato un effettivo incremento occupazionale;

in particolare la Corte ha evidenziato l’identità della compagine sociale, essendo la cooperativa e la s.r.l. costituite con gli stessi soci, l’assunzione dei lavoratori avvenuta pochi giorni dopo che erano stati messi in mobilità dalla cooperativa Kappa, l’assunzione in qualità di qualità di dipendente del precedente amministratore della cooperativa, dichiarato fallito, lo svolgimento della medesima attività di impresa negli stessi locali e con gli stessi macchinari della cooperativa;

a fronte di tale giudizio la ricorrente oppone una sua personale ricostruzione del fatto, deducendo l’erroneo apprezzamento da parte della Corte territoriale di circostanze di fatto (es. la diversità dei macchinari usati presso la cooperativa e la s.r.l. e delle mansioni dei lavoratori, il diverso titolo in forza del quale erano detenuti i locali dove si svolgeva l’attività di impresa), senza tuttavia specificare se ed in che modo esse siano state accertate nelle fasi di merito; non censura adeguatamente la statuizione che ha indicato quale unico motivo di gravame la ritenuta esclusione del beneficio in base a rapporti di parentela e coniugio, sicchè le questioni che svolge in questa sede, e di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, appaiono affette da inammissibilità in quanto nuove (Cass. 18/10/2013, n. 23675);

neppure indica quale affermazione della corte territoriale sarebbe in contrasto con le norme di legge invocate, dovendosi al riguardo ricordare che una violazione o falsa applicazione di norme di legge, sostanziale o processuale, non può dipendere o essere in qualche modo dimostrata dall’erronea valutazione del materiale probatorio;

al contrario, un’autonoma questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., può porsi solo allorchè il ricorrente alleghi che il giudice di merito: – abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; – abbia fatto ricorso alla propria scienza privata ovvero ritenuto necessitanti di prova fatti dati per pacifici; – abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione; – abbia invertito gli oneri probatori;

nessuna di tali situazioni è rappresentata nei motivi anzi detti, con la conseguenza che la doglianza deve ritenersi inammissibile;

in realtà, ad onta dei richiami normativi in esso contenuti, il motivo si risolve nel sollecitare una generale e generica rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione, neppure prospettata;

il ricorso pertanto non merita di essere accolto;

le spese del giudizio seguono la soccombenza, nei limiti dell’attività difensiva svolta dall’Inps, limitata allo studio della controversia e alla rilascio della procura;

poichè il ricorso è stato notificato in data successiva al 31 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 1.500 per compensi professionali e Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario del 15% spese generali e agli altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2017

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