Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17193 del 21/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 21/07/2010, (ud. 23/04/2010, dep. 21/07/2010), n.17193

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1974/2009 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA

2, presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che lo

rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, in persona del Dirigente con incarico di livello

generale, Direttore della Direzione Centrale Prestazioni,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo

studio dell’avvocato LA PECCERELLA LUIGI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ROMEO LUCIANA, giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 360/2008 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del

27/03/08, depositata il 07/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LAMORGESE Antonio;

è presente il P.G. in persona del Dott. DESTRO Carlo.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 7 maggio 2008, la Corte di appello di L’Aquila ha rigettato la domanda proposta da P.A. nei confronti dell’INAIL per il riconoscimento del diritto alla rendita per malattia professionale (ipertensione e nevrosi d’ansia), così riformando la decisione di primo grado.

Nell’accogliere l’impugnazione dell’istituto, il giudice del gravame ha ritenuto, prestando adesione alle conclusioni della consulenza tecnica rinnovata nel grado, che le patologie denunciate, di origine multifattoriale, non potevano essere ricollegate, con ragionevole probabilità, all’attività lavorativa svolta dall’appellato quale infermiere professionale presso il pronto soccorso ospedaliere, secondo il mansionario previsto e con turni regolari. Privo di incidenza era il sovraccarico del lavoro allegato dal P. con riferimento all’anno 2000, in occasione del trasferimento dell’ospedale, proprio per la sua breve durata. Il medesimo giudice ha poi sottolineato che l’ipertensione era ben controllata con la terapia medica in atto e la nevrosi d’ansia era in trattamento farmacologico.

La cassazione della sentenza è ora domandata dal soccombente con ricorso basato su un motivo.

L’Istituto intimato ha resistito con controricorso.

Ravvisati i presupposti per la decisione del ricorso in camera di consiglio, è stata redatta la relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., poi notificata alle parti e comunicata al Procuratore Generale.

Alla relazione il ricorrente ha replicato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’unico motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3, artt. 112 e 437 c.p.c. e art. 41 c.p., oltre a vizio di motivazione. Critica la sentenza impugnata perchè ha escluso la derivazione professionale delle malattie denunciate, prestando acritica adesione alla consulenza tecnica di ufficio espletata in appello, e senza considerare le diverse conclusioni cui era pervenuto l’ausiliare nominato in primo grado. Deduce la sottovalutazione, ai fini dell’insorgenza dello stress psicofisico, delle condizioni di lavoro in una struttura di emergenza, quale il pronto soccorso dell’ospedale. Addebita al giudice del merito di non avere considerato le note critiche alla consulenza depositate l’11 ottobre 2007.

Al termine della illustrazione del motivo è formulato il seguente quesito: “Vero che l’eziologia lavorativa dell’ipertensione arteriosa, episodi pregressi di fibrillazione atriale, nevrosi d’ansia denunciata da un infermiere di pronto soccorso vanno accertate attraverso una valutazione in concreto circa le modalità del lavoro svolto dall’assicurato per la possibile incidenza, della sindrome di burnout essendo tale patologia documentata a livello scientifico ed essendovi note critiche alla c.t.u. di secondo grado specifiche sul punto”.

Il ricorso è inammissibile.

Nella relazione ex art. 380 bis c.p.c. si è rilevato che l’unico mezzo di annullamento proposto, con riferimento alle dedotte violazioni di norme di diritto, si limita all’indicazione degli articoli di legge senza esplicitare quali gli errori di diritto in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, ma soprattutto che non contiene la formulazione di alcun quesito che consenta a questa Corte di legittimità di enunciare il principio risolutivo del caso concreto.

Tale conclusione non può ritenersi adeguatamente confutata dalle deduzioni svolte in memoria dalla parte, laddove sostiene di avere censurato la sentenza impugnata per non avere tenuto conto dell’opposto parere del consulente tecnico di ufficio di primo grado, e per avere prestato adesione ai risultati dell’indagine svolta dall’ausiliare nominato in appello, così incorrendo nei medesimi errori scientifici commessi da quest’ultimo, dovendosi escludere l’ammissibilità di censure in ordine alla valutazione del fatto controverso che siano prospettate come violazione di norme di diritto (v. fra le altre Cass. 18 maggio 2005 n. 10385).

Se infatti un’errata valutazione del fatto controverso può incidere in ordine all’applicazione della norma in cui la fattispecie va inquadrata, per cui in tal caso possono a volte comprendersi le ragioni del vizio di diritto ancorchè non esplicitate in modo puntuale con le deduzioni svolte a sostegno della censura, come appunto qui in ordine alla violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 3, non altrettanto può ritenersi per le violazioni che il ricorrente ha pure denunciato, quale quella di cui all’art. 112 c.p.c., in ordine al principio della corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, e l’altra di cui all’art. 437 c.p.c., le quali invece impongono al ricorrente di specificare le statuizioni investite dal gravame e i vizi di attività in cui sia incorso il giudice del merito.

Relativamente al vizio riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, nella suddetta relazione si è osservato come l’indicazione, riportata al termine dell’illustrazione del motivo, del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume carente, sotto il profilo della mancata verifica da parte della Corte territoriale dell’eziologia lavorativa delle patologie denunciate attraverso una valutazione in concreto circa le modalità del lavoro, si limita a contrapporre una diversa incidenza ai fini del nesso causale dell’attività lavorativa rispetto a quella ritenuta dal giudice di merito, il quale ne ha evidenziato lo svolgimento “secondo mansionario previsto e secondo turni regolari”, senza situazioni di particolare stress.

Anche qui le osservazioni contenute nella relazione non possono ritenersi inficiate dalle deduzioni svolte nella memoria, che con riferimento a quest’ultima deduzione restano nell’ambito di una contrapposizione di una diversa situazione di fatto rispetto a quella accertata e congruamente motivata dalla sentenza impugnata.

Va dunque dichiarata l’inammissibilità del ricorso, ma il ricorrente, sebbene soccombente, resta esonerato dal pagamento delle spese del giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, modifica qui non applicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile; nulla per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 23 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2010

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