Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17191 del 11/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 17191 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: BERNABAI RENATO

ORDINANZA
sul ricorso 22635-2011 proposto da:
SAMBATARO RITA(SMBRTI52A49G942I)elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA GRAMSCI 16, presso lo STUDIO PANDOLFO,
rappresentata e difesa dall’avvocato PASANISI MARCELLO, che lo
rappresenta e difende, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente contro
ROMA CAPITALE (già COMUNE di ROMA) in persona del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL
TEMPIO DI GIOVE 21, presso l’AVVOCATURA COMUNALE,
rappresentato e difeso dall’avvocato PATRIARCA PIER LUDOVICO
(dell’Avvocatura Comunale), giusta procura a margine del
controricorso;

– controricorrente 460t1

Data pubblicazione: 11/07/2013

avverso la sentenza n. 4315/2010 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 6.10.2010, depositata il 25/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott. RENATO BERNABAI;

l’accoglimento del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato Pier Ludovico Patriarca che si
riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO
GIOVANNI RUSSO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

RITENUTO IN FATTO
– che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, in
applicazione dell’art. 380-bis cod. proc. civile:

Con la sentenza n. 6146 del 15 marzo 2005, il Tribunale di
Roma ha dichiarato dovute le somme richieste dal Comune di
Roma a Sambataro Rita e Battista Francesco per
l’occupazione sine titulo dal 1 marzo 1987 al 1 marzo 2001 di
un immobile di sua proprietà adibito ad uso commerciale.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 25 ottobre 2010,
respingeva il gravame presentato dai soccombenti in primo
grado ed accoglieva l’appello incidentale del Comune di Roma,
condannando gli appellanti principali al pagamento delle ulteriori
somme dovute a causa della permanenza di questi ultimi
nell’immobile abusivamente occupato.
Per la cassazione della sentenza della Corte territoriale, la
Sig.ra Sambataro Rita proponeva ricorso, con atto notificato in
Ric. 2011 n. 22635 sez. M1 – ud. 14-05-2013
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udito per la ricorrente l’Avvocato Marcello Pasanisi che insiste per

data 21 settembre 2011, sulla base di tre motivi.
Con il primo motivo, il ricorrente denunciava un vizio
motivazionale della sentenza impugnata, in relazione all’art.
360, primo comma, n. 5, c.p.c., per un asserito errore contenuto

Corte territoriale.
Con la seconda doglianza, il ricorrente denunciava un
ulteriore vizio di motivazione, ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.,
poiché la Corte d’appello avrebbe fondato la sua decisione sulle
risultanze di una c.t.u. affetta da gravi invalidità e, comunque,
superficiale.
Infine, con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente
censurava la sentenza impugnata per violazione e falsa
applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360, primo
comma, n. 3, c.p.c. La Corte territoriale avrebbe condannato i Sig.ri
Sambataro e Battista per un importo superiore a quello richiesto
dal Comune nel gravame incidentale, violando il principio di
corrispondenza fra “il chiesto e il pronunciato” di cui all’art. 112
c.p.c.
Resisteva con controricorso Roma Capitale (già Comune di Roma).

***
Così riassunti i fatti di causa, il ricorso sembra, prima facie,
inammissibile per violazione del principio di autosufficienza.
Invero, secondo un consolidato orientamento di questa Corte,
il ricorso per cassazione deve contenere in sé tutti gli elementi
necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione
della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la
valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la
Ric. 2011 n. 22635 sez. M1 – ud. 14-05-2013
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nella consulenza tecnica d’ufficio, recepito acriticamente dalla

necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso
ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio
di merito.
Ne consegue che nell’ipotesi in cui, con il ricorso per

contraddittorietà della sentenza impugnata per l’asserita mancata
valutazione di risultanze processuali, è necessario, al fine di
consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della
risultanza non valutata (o insufficientemente valutata), che il
ricorrente precisi, mediante integrale trascrizione della medesima
nel ricorso, la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o
insufficientemente valutata, dato che solo tale specificazione
consente alla Corte di Cassazione, alla quale è precluso l’esame
diretto degli atti, di delibare la decisività della medesima,
dovendosi escludere che la precisazione possa consistere in meri
commenti, deduzioni o interpretazioni delle parti (cfr., ex plurimis,
sent. Cass. 12362/2006).
Nel caso di specie, l’odierna ricorrente ha omesso, sia nel
primo che nel secondo motivo, di riportare e trascrivere, nella loro
integralità, le parti della c.t.u. che si assumevano errate.
Né sono stati indicati gli atti difensivi in cui le asserite
contestazioni alla suddetta c.t.u. sarebbero state sollevate (si
parla, nel primo motivo di ricorso, di una contestazione presente
“fin dalle deduzioni ritenute tempestive” e, nella seconda
doglianza, delle diverse contestazioni all’elaborato peritale “in sede
di appello [.. ] tanto negli allegati tecnici quanto nelle proprie
difese’).
Occorre evidenziare, inoltre, che la Corte di appello di Roma
Ric. 2011 n. 22635 sez. M1 – ud. 14-05-2013
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Cassazione, venga dedotta l’incongruità, l’illogicità, l’insufficienza o

ha espressamente ed esaustivamente motivato circa le
osservazioni della difesa degli appellanti principali,
ritenendole in parte non in grado di inficiare la correttezza
della valutazione compiuta dal consulente d’ufficio ed in parte

impugnata, p. 4).
Infine, anche il terzo motivo di ricorso sembra difettare del
requisito dell’autosufficienza, non essendo trascritti né indicati gli
atti o le parti di atti da cui poter desumere la sussistenza del vizio di
ultrapetizione lamentato.
Sussistono, dunque, le condizioni per la trattazione del ricorso
in camera di consiglio.
– che la relazione è stata comunicata al Pubblico ministero e
notificata ai difensori delle parti;
– che la parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa;
– che all’udienza in camera di consiglio il P.G. ha chiesto la
conferma della relazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il collegio, discussi gli atti delle parti, ha condiviso la
soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che
l’accompagnano;
– che la memoria illustrativa non adduce argomenti che
inducano ad una diversa decisione;
– che il ricorso dev’essere dunque dichiarato inammissibile, con
la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate
come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e
complessità delle questioni svolte.
Ric. 2011 n. 22635 sez. M1 – ud. 14-05-2013
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tardive poiché depositate con la comparsa conclusionale (v. sent.

P.Q.M.
– Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla
rifusione delle spese giudiziali, liquidate in complessivi € 11.100,00, di

Roma, 14 maggio 2013

cui € 100,00 per esborsi, oltre gli accessori di legge.

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