Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1719 del 23/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/01/2017, (ud. 15/12/2016, dep.23/01/2017),  n. 1719

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23824-2015 proposto da:

D.A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

GRAFICI 90, presso lo studio dell’avvocato LIDIA MARIA PALATIELLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE VILLANI LUBELLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

nonchè nei confronti di:

MONTE DEI PASCHI DI SIENA – GESTIONE CREDITI SPA SEDE (OMISSIS);

– intimato –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di LECCE, depositata il 30/07/2015.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. GIUSTI ALBERTO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 26 settembre 2016, la seguente relazione ex art. 380 – bis c.p.c.:

“Il Tribunale di Lecce dichiarò inammissibile il reclamo proposto da D.A.F. avverso il diniego dell’istanza di sospensione di una procedura esecutiva nei suoi confronti; contestualmente revocò al predetto il beneficio del patrocinio a spese dello Stato, ravvisando nella proposizione di una domanda inammissibile gli estremi di un’azione con colpa grave.

Avverso tale ultimo provvedimento il D.A. ha proposto opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, sostenendo che la declaratoria di inammissibilità era errata in quanto fondata su una falsa percezione del contenuto del reclamo.

Il giudice designato dal Presidente del Tribunale di Lecce ha rigettato l’opposizione, osservando che il suo sindacato doveva limitarsi all’accertamento della dedotta fattispecie di colpa grave – che ritenne sussistente ed adeguatamente motivata – e non al contenuto della pronunzia di inammissibilità.

Per la cassazione di tale ordinanza ricorre D.A.F. sulla base di tre motivi.

Il Ministero, ritualmente intimato, non ha svolto attività difensiva.

Il primo motivo di ricorso – con il quale si deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte di appello “omesso di valutare la decisione che dichiarava l’inammissibilità del reclamo e prendere atto che era una decisione assolutamente errata e frutto di un deprecabile e grossolano errore”, così non pronunciandosi sulla relativa domanda – appare manifestamente infondato, poichè il provvedimento impugnato prende compiutamente in esame tale domanda e ne evidenzia correttamente l’estraneità al contenuto del giudizio di opposizione alla revoca del beneficio, unicamente finalizzato, nella specie, a verificare se dall’inammissibilità dell’azione potesse desumersi la colpa grave dell’interessato.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce la “violazione del principio costituzionale/dell’ordinamento giuridico di ragionevolezza, che deve caratterizzare la attività e la decisione del giudice”. Esso appare inammissibile in quanto privo di specificità, sia in relazione alle norme asseritamente violate, sia in relazione alla necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento della decisione impugnata.

Il terzo motivo di ricorso – con il quale si deduce la violazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, per avere la Corte di appello omesso di chiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione onde “elidere l’errore manifesto individuabile facilmente dalla lettura delle carte” – appare manifestamente infondato, poichè appare anch’esso volto a contestare il contenuto del provvedimento di reclamo e non offre alcun elemento di rilievo nell’ottica del sindacato sulla sussistenza della colpa grave.

Il ricorso possa essere avviato alla trattazione camerale, per esservi rigettato”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, preliminarmente, non può tenersi conto della memoria illustrativa del ricorrente, in quanto pervenuta in cancelleria soltanto il 12 dicembre 2016, e quindi fuori termine;

che il Collegio non condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380 – bis c.p.c., per le seguenti ragioni;

che occorre premettere che la revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio – disciplinata dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 136, – può essere disposta solo allorchè non sussistano in origine o vengano successivamente meno le condizioni per l’ammissione, dovendo con ciò farsi riferimento ai presupposti reddituali, o quando la proposizione della domanda – come pure la resistenza rispetto a quella avversaria – possano essere considerate frutto di abuso del diritto, avendo l’interessato agito o resistito con malafede o colpa grave (Cass., Sez. 6-2, 31 luglio 2014, n. 17461);

che, tanto premesso, nella specie l’ordinanza impugnata – resa in sede di opposizione – ritiene che la colpa grave del soggetto ammesso al patrocinio derivi dalla statuizione di inammissibilità del reclamo e dalle argomentazioni svolte a sostegno della stessa;

che, tuttavia, occorre considerare che la stessa ordinanza del 20 giungo 2012 del Tribunale di Lecce che – nel dichiarare l’inammissibilità del reclamo in ragione del fatto che il rimedio impugnatorio di cui all’art. 624 c.p.c., comma 2, è concesso solo avverso il provvedimento che provvede sull’istanza di sospensione, laddove l’istanza in questione aveva ad oggetto la richiesta di ridurre il pignoramento per l’esuberanza del valore dei due beni pignorati, rispetto al debito residuo, sicchè il rimedio esperibile avrebbe dovuto essere l’opposizione agli atti esecutivi – revoca l’ammissione al patrocinio, non evidenzia quali siano in concreto gli elementi di colpa grave nella condotta del reclamante, ed anzi dispone la compensazione delle spese a motivo della “particolarità della fattispecie”;

che, pertanto, è da ritenere che la revoca del beneficio sia stata fatta dipendere, automaticamente, dall’esperimento di un rimedio impugnatorio (il reclamo) diverso da quello (l’opposizione agli atti esecutivi) consentito, senza tuttavia esplicitare, specificamente, gli elementi di colpa grave, in termini di abuso del processo, rinvenibili nella condotta processuale del soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato;

che, in questi termini, il ricorso deve essere accolto;

che, cassata l’ordinanza impugnata, la causa deve essere rinviata al Tribunale di Lecce, che la deciderà in persona di diverso magistrato;

che il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione al Tribunale di Lecce, in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6-2 Sezione civile, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2017

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