Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17186 del 14/08/2020
Cassazione civile sez. II, 14/08/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 14/08/2020), n.17186
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20086/2019 proposto da:
K.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CORFINIO n. 23,
presso lo studio dell’avvocato DAVIDE LODI, rappresentato e difeso
dagli avvocati MARIANGELA DI BIASE, e FRANCESCO DEL STABILE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL
RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE SALERNO SEZ.
CAMPOBASSO;
– intimati –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il
16/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
30/01/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;
lette le conclusioni del P.G., nella persona del Dott. IGNAZIO
PATRONE, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
K.S., cittadino (OMISSIS), impugnava il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Salerno, sezione di Campobasso, con il quale era stata rigettata la sua richiesta volta ad ottenere, in via principale, lo status di rifugiato, in subordine la protezione sussidiaria ed in ulteriore subordine il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. A sostegno dell’istanza il ricorrente deduceva di essere fuggito dal Mali perchè nel suo villaggio era trattato come uno schiavo ed era stato costretto per questo a smettere di studiare; aggiungeva inoltre che tale condizione servile aveva contraddistinto la vita di suo padre e di suo nonno e che per effetto di essa egli avrebbe potuto sposare soltanto una schiava, e non una donna libera.
Si costituiva il Ministero resistendo al ricorso ed invocandone il rigetto.
Con il decreto impugnato il Tribunale di Campobasso rigettava il ricorso, ritenendo insussistenti i requisiti previsti per il riconoscimento di una delle forme di tutela invocate dal ricorrente.
Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto K.S. affidandosi a quattro motivi.
Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra e del D.Lgs. n. 251 del 2007, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente inquadrato gli eventi riferiti dal richiedente come “… fatti di rilievo locale correlati ad usanze tribali”, in tal modo omettendo di ravvisare la sussistenza non solo di un rischio di persecuzione, ma di una persecuzione già in atto ai danni del richiedente stesso.
Il motivo è fondato.
Come esattamente rilevato anche dal P.G., non è possibile ritenere che la riduzione di una persona umana in schiavitù, ancorchè consentita o ammessa in altro Paese, possa essere ammessa dal vigente ordinamento giuridico. Nè è consentito svalutare detta circostanza come un “fatto di rilievo locale correlato ad usanze tribali”, poichè l’eventuale liceità, o anche la semplice tolleranza, del fenomeno nel contesto di origine del richiedente la protezione non ha alcuna rilevanza ai fini dell’ammissione del soggetto discriminato alla protezione internazionale. Ai fini del riconoscimento di quest’ultima, infatti, quel che rileva è l’oggettiva sottoposizione, o anche il semplice rischio di sottoposizione, di una persona umana a trattamenti persecutori, inumani, degradanti o gravemente discriminanti in ragione della sua razza, religione, credo politico, appartenenza ideologica, provenienza etnica. Laddove invece si ammettesse una rilevanza della liceità o tolleranza del trattamento persecutorio nel Paese di provenienza del richiedente, si finirebbe per vanificare l’essenza stessa della tutela internazionale, che è proprio quella di assicurare al richiedente, in fuga dal proprio Paese, la tutela dei suoi diritti inalienabili di persona, tra i quali certamente rientra quello alla libertà personale.
Da quanto sopra discende l’accoglimento del primo motivo, che implica a sua volta l’assorbimento delle altre censure, la cassazione della decisione impugnata ed il rinvio della causa al Tribunale di Campobasso, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Il giudice del rinvio dovrà quindi procedere ad un nuovo apprezzamento delle circostanze di fatto allegate dal richiedente la protezione ai fini di verificare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento, in suo favore, dello status di rifugiato, ovvero della tutela sussidiaria, ovvero ancora di quella umanitaria.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la decisione impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Campobasso in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 30 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2020