Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1718 del 26/01/2021

Cassazione civile sez. III, 26/01/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 26/01/2021), n.1718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30515-2019 proposto da:

I.O., elettivamente domiciliato in Ferrara, via Guglielmo

degli Adelardi, n. 61 presso l’avv. SIMONA MAGGIOLINI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1035/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 26/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente, I.O., è cittadino (OMISSIS), della regione dell'(OMISSIS).

Racconta di essere fuggito dal suo paese per evitare persecuzioni di natura religiosa e familiare, in ragione delle quali ha chiesto il riconoscimento sia della protezione internazionale che di quella umanitaria, entrambe rigettate dalla Commissione Territoriale.

I. ha proposto ricorso al Tribunale che però ha ritenuto non credibile il suo racconto e sulla base di tale inverosimiglianza ha rigettato la domanda, senza procedere ad ulteriore istruttoria, o all’esame della situazione del paese di origine.

La corte di appello ha confermato questo giudizio. Ricorre I.O. con due motivi. Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente senza controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata.

La corte di appello aderisce al giudizio espresso, in primo grado, dal tribunale quanto alla inverosimiglianza del racconto del ricorrente, e su tale presupposto, rigetta la domanda, osservando che la credibilità della narrazione del richiedente è condizione per poter valutare poi gli altri presupposti.

2.- Il ricorrente contesta questa ratio con quattro motivi.

Con il primo motivo lamenta violazione degli artt. 112,132 e 2719 c.c.

Ritiene che la corte sia incorsa in omessa pronuncia o comunque abbia reso una motivazione insufficiente in relazione alla decisione di non credere al racconto fatto alla Commissione territoriale, e di non avere ben espresso le ragioni per le quali lo ha ritenuto inattendibile, oltre ad accettare supinamente, sul punto, la decisione in primo grado, la quale a sua volta era resa in violazione delle regole sull’uso delle presunzioni.

Con il secondo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 oltre che omesso esame di un fatto controverso e rilevante.

In sostanza, secondo il ricorrente la corte non avrebbe adeguatamente valutato la situazione socio politica del paese di provenienza, omettendo una approfondita istruttoria sul punto, da cui sarebbe invece emerso che la zona caratterizzata da conflitto generalizzato e comunque da azioni terroristiche che interessano gravemente anche la popolazione civile.

Il terzo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1988, art. 5 oltre che omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

La corte avrebbe sottovalutato, ai fini della valutazione dei motivi umanitari, gli elementi addotti dal ricorrente a sostegno della sua integrazione in Italia, ed avrebbe trascurato di considerare che in caso di rientro il ricorrente si troverebbe in condizioni di estrema vulnerabilità. Cita alcune decisioni di merito favorevoli al riconoscimento della protezione umanitaria, a dimostrazione del suo diritto ad averla riconosciuta.

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 6 e 13 CEDU, dell’art. 46 della Direttiva n. 32/ 2013 UE, dell’art. 111 Cost., oltre che omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

Il ricorso è inammissibile.

Il ricorso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto – forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.

Il fatto è descritto a pagina 2 e 3 del ricorso, il quale però riporta semplicemente la menzione del primo e del secondo grado di giudizio, senza esporre le ragioni poste a sostegno delle domande introduttive, quelle che ne hanno determinato il rigetto in primo grado, i motivi che hanno sostenuto l’appello.

Le domande introduttive sono descritte semplicemente dicendo che “con ricorso depositato presso il competente Tribunale Civile di Bologna, il sig. I. impugnava il provvedimento di rigetto chiedendo, sulla base delle motivazioni in esso esposte. Nessuna menzione è fatta delle ragioni del rigetto, e così dei motivi di appello. In ogni caso:

a) il primo motivo nel denunciare l’omessa pronuncia viola l’art. 366, n. 6 atteso che omette di individuare il o i motivi di appello su cui essa vi sarebbe stata e nel denunciare l’apparenza della motivazione non rispetta il principio di diritto di cui a Cass., Sez. Un., n. 7074 del 2017;

b) il secondo motivo si duole della decisione quanto alla protezione sussidiaria di cui alla lett. c) (vedi ricorso a pag. 6, prima proposizione), ma anche qui lo fa criticando la scarna motivazione della decisione impugnata senza consentire di comprendere se e perchè essa non fosse adeguata al tenore dell’appello, sul quale si riferisce un solo rigo. La non credibilità non rilevava ai fini di quella lettera: vedi, da ultimo, Cass. (ord.) n. 16122 del 2020;

c) il terzo motivo riguarda la protezione sussidiaria ed anche qui sconta il fatto che non ci fa constare alcunchè sulla motivazione del primo giudice e sul tenore dell’appello: la motivazione è anche in tal caso per relationem e viene ignorata;

d) il quarto motivo concerne sia la protezione sussidiaria che l’umanitaria, ma risulta del tutto generico (Cass. n. 4741 del 205, il cui principio di diritto consolidato è ribadito da Cass., Sez. Un., n. 7074 del 2017, in motivazione non massimata).

I motivi sono dunque tutti inammissibili e la loro lettura conferma l’esizialità della carenza di esposizione del fatto.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

La corte dichiara inammissibile il ricorso il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2021

 

 

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