Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17178 del 12/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 12/07/2017, (ud. 15/02/2017, dep.12/07/2017),  n. 17178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7311-2016 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso unitamente e

disgiuntamente dagli avvocati SALVATORE CATANIA e NICOLA TODARO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, C.F. (OMISSIS), in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 340/2/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI PALERMO – SEZIONE DISTACCATA DI MESSINA, depositata il

28/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/02/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La controversia concerne l’impugnazione di un avviso d’accertamento con il quale l’ufficio recuperava a tassazione tributi Irpef per l’anno 1995, sulla base di un pvc della GdF, notificato alla parte, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38. La CTP accoglieva le ragioni del contribuente, mentre la CTR, aderendo agli assunti dell’ufficio confermava l’avviso d’accertamento impugnato.

Dalla parte contribuente veniva proposto ricorso per revocazione, per errore, ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto i giudici d’appello avevano erroneamente determinato la media di ricarico ponderata pari al 37,88% (per come risultava da un avviso d’accertamento di altro operatore economico della medesima categoria merceologica), in luogo di quella dell’80% risultante dall’avviso impugnato, errore che avrebbe inciso sulla decisione finale della CTR.

La CTR adita in sede di revocazione, reputava inammissibile il giudizio proposto, in quanto in luogo della falsa percezione della realtà, dalla sentenza revocanda sarebbe emerso un incontestabile contrasto e/o divergenza tra motivazione e dispositivo che non era riconducibile nel perimetro normativo dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4.

Avverso quest’ultima sentenza, la parte contribuente ha proposto ricorso davanti a questa Corte di Cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria tardivamente depositata, mentre l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Con il primo motivo, il ricorrente denuncia il vizio di motivazione per aver omesso di valutare se il riferimento errato dei giudici d’appello alla percentuale di ricarico fosse stata determinante al fine di decidere.

Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.pc. e del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, per non avere il giudice della revocazione, nell’affermare esservi stato un contrasto tra motivazione e dispositivo della sentenza di appello, pronunciato sulla richiesta di parte ricorrente di esaminare il documento da cui era stato originato l’errore e di compararlo con la motivazione della sentenza d’appello.

Con il terzo motivo, parte ricorrente si duole dell’erronea applicazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4 e dei principi in tema di errore di fatto revocatorio. Il Collegio ha deliberato di adottare la presente ordinanza in forma semplificata.

Va esaminato, per primo il terzo motivo, in quanto logicamente prioritario ai fini della decisione.

Il motivo è infondato, anche se per ragioni di diritto diverse da quelle poste a base della sentenza qui impugnata, della quale va, pertanto, confermato il dispositivo con correzione della motivazione in diritto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c..

Secondo la giurisprudenza di questa Corte “L’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza, compresa quella della Corte di cassazione, presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali; il detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulta incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si è pronunciato, b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa” (Cass. n. 3190/06, 6511/2005).

Nel caso di specie, la questione della “percentuale di ricarico”, è stata oggetto di discussione, anzi, è stato il vero oggetto della controversia e l’eventuale errata attribuzione in capo al soggetto ricorrente, di quella relativa ad altro operatore economico, non può considerarsi un errore di percezione ma un errore logico, cioè, un errore di apprezzamento delle risultanze processuali, che doveva essere dedotto con ricorso in Cassazione, come vizio di motivazione, ante novella del 2012, ratione temporis.

I primi due motivi restano assorbiti.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE:

Rigetta il ricorso.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2017

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