Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17177 del 11/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 17177 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA

sul ricorso 29899-2008 proposto da:
BELLE EPOQUE S.R.L. IN LIQUIDAZIONE 08751010011, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
domiciliata in ROMA, VIA PAOLO DI DONO 3/A, presso lo
studio dell’avvocato

MOZZI

VINCENZO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati
2013
3.086

PECORARO LUCA, TRAVOSTINO MASSIMO, MAllI FRANCESCO,
giusta delega in atti;

#
4

– ricorrente contro

PORCINO VALERIA PRCVLR8OH57L219H, BONAFE’ SONIA;

Data pubblicazione: 11/07/2013

- intimati –

Nonché da:
BONAFE’

SONIA,

PORCINO VALERIA PRCVLR8OH57L219H,

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA
CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

MARIA, giusta delega in atti;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali contro

BELLE EPOQUE S.R.L. IN LIQUIDAZIONE 08751010011;
– intimata –

avverso la sentenza n. 852/2008 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 22/09/2008 R.G.N. 635/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/03/2013 dal Consigliere Dott. DANIELA
BLASUTTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. COSTANTINO FUCCI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso. .,-..

rappresentati e difesi dall’avvocato GLIOZZI ETTORE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Porcino Valeria e Bonafé Sonia impugnavano dinanzi al
Tribunale di Torino il licenziamento loro intimato il
società facente parte del Gruppo spagnolo Corporaciòn
Dermoestetica, in esito ad una procedura di licenziamento
collettivo avviata in data 21.9.2006 e motivata dalla
chiusura del centro estetico di Torino, via Gioanetti n. 7/A,
dove le ricorrenti prestavano la loro attività, in qualità di
estetista la Porcino e in qualità di receptionist la Bonafé.
La domanda, respinta in primo grado, veniva accolta dalla
Corte di appello di Torino, che ravvisava la violazione
dell’art. 5 legge n. 223/1991 per avere la società limitato
la scelta delle dipendenti da licenziare alle sole unità
produttive soppresse di Torino e di Catania senza procedere
ad alcuna comparazione con i dipendenti delle restanti sedi
di Bergamo, Brescia, Mestre e Bari, pur in presenza di
professionalità del tutto fungibili.
La decisione si fondava sulle seguenti considerazioni.
Era mancato un accordo con le 00.SS. sui criteri di scelta
dei lavoratori e dunque trovava applicazione l’art. 5, primo
coma, della legge n. 223 del 1991 (carichi di famiglia,
anzianità, esigenze tecnico-produttive ed organizzative,
criteri operanti “in concorso tra loro”).
Nel caso in cui il progetto di ristrutturazione aziendale
si riferisca in via esclusiva ad uno o più reparti, la
comparazione dei lavoratori può essere più ristretta rispetto
all’intero complesso aziendale, ma ciò può avvenire solo se
gli addetti al reparto soppresso siano portatori di

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Belle Epoque c/ Porcino+ Bonafé

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18.1.2007 dalla datrice di lavoro Belle Epoque s.r.1.,

specifiche professionalità non omogenee a quelle dei restanti
reparti, che ne rendano impraticabile in radice qualsiasi
comparazione.

mobilità, la società Belle Epoque aveva rappresentato
l’intenzione di procedere a licenziamenti per riduzione di
personale nelle proprie unità produttive site in Bari,
Bergamo, Brescia, Catania, Mestre e Torino per motivi
attinenti a un “grave sbilanciamento tra costi e ricavi” e
alla necessità della “chiusura dei centri in perdita e senza
reali prospettive di recupero di redditività nel breve
periodo, ed una riduzione di costi fissi”; non era stato in
alcun modo precisato che l’esigenza di riduzione dei costi
riguardasse esclusivamente, o prioritariamente, le sedi di
Torino e di Catania.
Dunque,

la

comunicazione

iniziale

estendeva

l’individuazione del personale da collocare in mobilità a
tutte le unità produttive, nessuna esclusa.
La decisione assunta di limitare la selezione ai soli
dipendenti appartenenti alle due sedi soppresse costituiva
una scelta arbitraria dell’imprenditore, non giustificata
dalle esigenze tecnico-produttive come rappresentate nella
comunicazione di avvio della procedura, né dalla
infungibilità delle lavoratrici interessate, posto che la
Porcino e la Bonafé, rispettivamente estetista e
receptionist,

svolgevano mansioni e possedevano un

inquadramento contrattuale del tutto identici a quelli delle
numerose altre dipendenti della società appellata, addette
alle unità produttive di Bergamo, Brescia, Mestre e Bari.

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Nella comunicazione di apertura della procedura di

La tesi di parte appellata – secondo cui la comparazione
estesa ai dipendenti presenti sull’intero territorio
nazionale avrebbe comportato conseguenze non sostenibili sia
per i lavoratori, costretti a trasferirsi in città lontane
onerosa revisione della propria organizzazione – non era
condivisibile, muovendosi su un piano interpretativo di
sostanziale abrogazione dell’art. 5 legge n. 223/1991.
Né potrebbe il giudice escludere a priori che un
lavoratore accetti il trasferimento per evitare il
licenziamento.
Neppure sussiste il paventato rischio di sostanziali
modifiche dell’organizzazione aziendale nell’ipotesi che, a
seguito di comparazione di profili omogenei, la scelta cada
su lavoratori di pari livello e professionalità addetti ad
una sede diversa da quella soppressa.
La Corte torinese

annullava, dunque,

condannava la società al risarcimento ex

i licenziamenti e
art. 18 legge n.
mensilità della

300/70 nella misura minima

di cinque

retribuzione globale di fatto,

in ragione della limitazione

del danno ex art. 1227 c.c.,

essendo stata offerta alla

Porcino la riassunzione a Brescia e

alla Bonafé la

riassunzione presso la sede di Torino della I.C.A. s.r.1.,
società controllata dalla Corporaciòn Dermoestetica s.r.1..
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la
soc. Belle Epoque a r.l. in liquidazione sulla base di un
solo articolato motivo.
Resistono con controricorso Porcino Valeria e Bonafé
Sonia, che hanno altresì proposto ricorso incidentale
condizionato svolgendo un unico motivo.
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Belle Epoque c/ Porcino+ Bonafé

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dal luogo di residenza, sia per l’azienda, costretta ad una

MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente principale denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 5 legge n. 223/91 (art. 360 cod. proc.
civ., n.3) per avere la Corte di appello dato una
particolarità di una fattispecie in cui la soppressione non
ha riguardato un reparto, inteso come mera articolazione di
un’azienda unitariamente considerata, ma unità locali situate
in altrettante sedi oggettivamente distinte e geograficamente
distanziate, non potendo in tale caso farsi applicazione dei
principi sull’obbligo di

repechage.

La comparazione tra

lavoratori addetti a reparti contigui non è praticabile in
caso di soppressione di sedi che comporti una nuova
dislocazione su base nazionale dei lavoratori con radicale
modifica dell’organizzazione dell’azienda e inammissibile
interferenza sulle valutazioni economiche che competono
all’imprenditore, con introduzione di un ulteriore elemento
di incertezza costituito dalla impossibilità di conoscere
preventivamente l’effettiva disponibilità del lavoratore in
posizione poziore a trasferirsi in altra sede, a centinaia di
chilometri di distanza, in una regione diversa dalla propria,
con riflessi anche sulla stessa possibilità di realizzare
quella riorganizzazione necessaria per la sopravvivenza della
società. Nella fattispecie, le lavoratrici, rifiutando le
proposte di impiego successivamente formulate in loro favore
(per la Porcino a Brescia, con conservazione dell’anzianità e
del livello di inquadramento professionale, e per la Bonafé a
Torino, presso altra società controllata da Corporacion
Dermoestetica s.r.1., con mantenimento dell’anzianità
maturata nel precedente rapporto), avevano dimostrato di non

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interpretazione delle regole legali non aderente alla

avere interesse ad un qualsiasi trasferimento in altra sede
di lavoro.
Nel quesito di diritto si chiede a questa Corte se sia vero
che, ai fini della determinazione dell’ambito di attuazione
fini dell’individuazione dei licenziandi ai sensi dell’art. 5
legge n. 223/91, è legittimo non tener conto di tutti i
lavoratori dell’azienda qualora questa sia ripartita (come
nel caso di specie) in singole unità produttive dislocate,
tra l’altro, su tutto il territorio nazionale e non in meri
reparti contigui caratterizzati dalla piena fungibilità delle
attività svolte dai dipendenti agli stessi addetti.
Con ricorso incidentale condizionato le lavoratrici
ripropongono l’ulteriore motivo di

illegittimità del

licenziamento collettivo costituito dalla violazione
dell’art. 4 legge n. 223/91, commi nono e dodicesimo, che la
Corte di appello aveva omesso di esaminare per avere accolto
l’impugnativa in relazione alla dedotta violazione dell’art.
5 legge 223/91 sui criteri di scelta.
Il ricorso principale è infondato, restando assorbito
l’esame dell’incidentale condizionato.
Innanzitutto, deve rilevarsi che la decisione assunta dalla
Corte territoriale è in linea con la costante giurisprudenza
di questa Corte.
Secondo tale giurisprudenza, il doppio richiamo operato
dalla L. n. 223 del 1991, art. 5, comma 1, alle esigenze
tecnico-produttive ed organizzative (“L’individuazione dei
lavoratori da collocare in mobilità deve avvenire, in
relazione alle esigenze tecnico- produttive ed organizzative
del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti
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del licenziamento collettivo per riduzione del personale e ai

dai contratti collettivi stipulati con i sindacati di cui
all’art. 4, comma 2 ovvero, in mancanza di questi contratti,
nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro: a)
carichi di famiglia; b) anzianità; c) esigenze tecnicosignificato: al primo di essi è attribuibile la funzione di
individuare l’ambito aziendale entro il quale dovranno
operare i criteri di scelta veri e propri, tra i quali, ove
siano applicabili quelli legali, va considerato anche il
criterio delle esigenze tecnico produttive e organizzative.
Sotto il primo profilo, “la riduzione di personale deve,
in linea generale, investire l’intero complesso aziendale,
potendo essere limitato a specifici rami aziendali soltanto
se caratterizzati da autonomia e specificità delle
professionalità utilizzate, infungibili rispetto alle altre”
(cfr. al riguardo, Cass. 14 giugno 2007 n. 13876 e, in
precedenza, Cass. sentt. nn. 7752/06, 9888/06, 11034/06 e
11886/06). Con il che si può spiegare, nell’art. 5 citato, la
duplicità – altrimenti scarsamente comprensibile – del
richiamo alle “esigenze tecnico-produttive ed organizzative”,
perché, nella prima parte, esse si riferiscono all’ambito di
selezione, mentre, nella seconda parte, le medesime esigenze
concorrono poi nel momento successivo, con gli altri criteri
dell’età e del carico di famiglia, all’individuazione del
singolo lavoratore (salvo che non operino altri criteri
concordati con i sindacati).
Ne consegue, che la plaLea dei lavoratori interessati alla
riduzione di personale può essere limitata agli addetti ad un
determinato reparto o settore solo sulla base di oggettive
esigenze aziendali, in relazione al progetto di
ristrutturazione aziendale, ed è onere del datore provare il
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Udienza 26/3/2013
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produttive ed organizzative”), assume il seguente

fatto che determina l’oggettiva limitazione di queste
esigenze, e giustificare il più ristretto spazio nel quale la
scelta è stata effettuata (Cass. 23 giugno 2006, n. 14612).

rappresentato dalla presenza di specifiche professionalità o
comunque situazioni oggettive che rendano impraticabile
qualunque comparazione (Cass. sentt. nn. 7169/03 e 2188/01;
v. pure Cass. sent. 22825/09).
Pertanto, non può essere ritenuta legittima la scelta di
lavoratori solo perché impiegati nel reparto lavorativo
soppresso o ridotto, trascurando il possesso di
professionalità equivalente a quella di addetti ad altre
realtà organizzative (Cass. n. 14612/06, n. 25353/09, n.
9711/11; v. pure Cass. n. 26376/08, n. 11034/06, n.
13783/06).
E’ un dato acquisito al giudizio che la società Belle
Epoque non abbia in alcun modo esperito il confronto tra
tutti i lavoratori aventi professionalità omogenea a quella
posseduta dalle lavoratrici Porcino e Bonafé addette al
centro estetico di Torino, soppresso in esito alla procedura
di licenziamento. La soluzione seguita nella sentenza
impugnata è dunque coerente con i consolidati principi di
legittimità.
La tesi della società muove dal diverso rilievo che
siffatto confronto non possa operare in presenza di una
articolazione delle unità produttive diffusa sul territorio
nazionale, poiché il mantenimento in servizio di un
lavoratore appartenente all’unità soppressa esigerebbe il suo
trasferimento in altra sede, con aggravio di costi per
l’azienda e interferenza sull’assetto organizzativo, le cui
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Da ciò deriva il principio enunciato, il cui limite è

modifiche competono esclusivamente all’imprenditore e sono
sottratte al sindacato giurisdizionale; vi è poi un elemento
di incertezza, fonte di ulteriore squilibrio negli assetti
aziendali, costituito dalla impossibilità di conoscere a
di lavoro sarà disposto ad accettare il trasferimento in
altra sede.
La tesi di parte ricorrente non può essere condivisa.
Le ragioni addotte dall’attuale ricorrente a sostegno
della impraticabilità della comparazione con i dipendenti di
pari professionalità addetti alle sedi operative non
soppresse costituiscono argomenti non opponibili in caso di
applicazione dei criteri legali di cui all’art. 5 cit., i
quali operano in via sussidiaria in mancanza dei criteri
concordati con i sindacati.
Argomenti quali la sopravvenienza di costi aggiuntivi
connessi al trasferimento del personale già assegnato alle
sedi soppresse, come pure la questione della dislocazione
territoriale delle sedi e degli ostacoli che i lavoratori
potrebbero frapporre al provvedimento di trasferimento
adottato dall’azienda costituiscono argomenti estranei alla
voluntas

legis,

quale chiaramente desumibile dal tenore

testuale dell’art. 5 nei termini sopra chiariti, applicabile
nel caso in cui debbano operare i criteri legali sussidiari,
ossia nel caso in cui sia mancato l’accordo con i sindacati
sui criteri di scelta. In tal caso infattiit legislatore ha
ritenuto che, non essendovi un presidio alle posizioni dei
singoli lavoratori attraverso le 00.SS., le esigenze tecnicoproduttive debbano concorrere con gli altri criteri
(anzianità e carichi di famiglia) onde assicurare che nei

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priori se il lavoratore avente diritto a mantenere il posto

procedimenti di ristrutturazione delle imprese si abbia il
minore impatto sociale possibile.
Giova richiamare le considerazioni svolte dalla Corte
del 1991, art. 5, comma l: “La disposizione impugnata non
prevede alcun potere sindacale di deroga a norme imperative
di legge, bensì sostituisce alla determinazione unilaterale
dei criteri di scelta, originariamente spettante
all’imprenditore nell’esercizio del suo potere organizzativo,
una determinazione concordata con i sindacati maggiormente
rappresentativi; essa tende a “procedimentalizzare”
l’esercizio di un potere imprenditoriale. Solo in mancanza di
accordo vengono in applicazione i criteri indicati nella
seconda parte della disposizione, la quale, sotto questo
aspetto, ha natura di norma suppletiva. La sussidiarietà
della regola legale, intesa a favorire una gestione
concordata della messa in mobilità dei lavoratori, risponde
all’esigenza di adattamento dei criteri di individuazione del
personale in soprannumero alle condizioni concrete dei
processi di ristrutturazione aziendale, tenuto conto dei
notevoli oneri finanziari imposti dalla nuova disciplina
dell’intervento straordinario della Cassa integrazione
guadagni alle imprese che si avvalgono delle procedure di
mobilità dei lavoratori”.
L’eventuale aggravio dei costi aziendali conseguenti al
trasferimento del personale già addetto all’unità soppressa a prescindere dalla genericità delle allegazioni in concreto
svolte dalla società, come rilevato dal giudice di appello rientra nell’alea connessa agli effetti dell’operatività dei
criteri legali sussidiari, in mancanza di quelli concordati
con le 00.SS.. Come osservato dal Giudice delle leggi nella
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costituzionale nella sentenza n. 268 del 1994 sulla n. 223

sopra citata sentenza,

“la sussidiarietà della regola legale

è intesa a favorire una gestione concordata’ della messa in
mobilità dei lavoratori.

dal punto di vista logico la considerazione svolta dalla
Corte di appello secondo cui non può aprioristicamente
escludersi che un lavoratore destinatario del provvedimento
di trasferimento a seguito del riassetto delle posizioni
lavorative in esito alla valutazione comparativa
intersoggettiva tra dipendenti di pari professionalità (e per
effetto della graduatoria di anzianità e carichi di famiglia)
preferisca una diversa dislocazione lavorativa (individuata
comunque nel rispetto dei principi, anche di elaborazione
giurisprudenziale, di cui all’art. 2103 cod. civ.) alla
perdita del posto di lavoro per effetto della definitiva
chiusura dell’unità produttiva cui è addetto.
In conclusione, il ricorso va respinto, con onere delle
spese del presente giudizio di legittimità a carico della
parte ricorrente, in applicazione del principio generale
della soccombenza.
P.Q.M.
La

Corte

rigetta

il

ricorso

principale,

assorbito

l’incidentale; condanna la società ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio, che liquida in euro
4.200,00 per compensi e in euro 50,00 per esborsi, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2013
Il Consigliere est.

Il Presidente

E’ coerente con i principi esposti e del tutto sostenibile

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