Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17172 del 14/08/2020

Cassazione civile sez. I, 14/08/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 14/08/2020), n.17172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15403/2019 proposto da:

V.N., C.M., domiciliati in Roma, Piazza

Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentati e difesi dall’avvocato Rosito Roberto, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

F.M., nella qualità di tutore del minore

V.A., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato Rubino Roberta, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bari;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1032/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 02/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/07/2020 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

DE RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per i ricorrenti, l’avvocato Rosito Roberto che insiste per

l’accoglimento;

udito, per la controricorrente, l’avvocato Mirella Mazzeo, con delega

scritta avv. Rubino, che si riporta a tutti i propri scritti

difensivi.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto in data 2.5.2019, la Corte di appello di Bari, sezione per i minorenni, ha rigettato il reclamo di C.M. e V.N. avverso il decreto che aveva dichiarato lo stato di adottabilità del loro figlio minore A., nato il (OMISSIS).

La Corte ha rigettato l’eccezione di nullità della sentenza impugnata per essere il minore stato rappresentato dalla stessa tutrice, abilitata all’esercizio della professione forense (avv. F.M.); ha escluso la nullità per la mancata audizione del minore, in considerazione della tenera età del bambino (cinque anni) all’epoca di introduzione del giudizio; ha confermato il giudizio di inadeguatezza di entrambi (già dichiarati decaduti dalla relativa responsabilità) a svolgere la funzione genitoriale, essendo privi di risorse personali e affetti da gravi limitazioni psico-fisiche, determinate dal loro vissuto e, il padre, anche affetto da gravi problemi di salute, oltre che sempre marginale nella vita del figlio; ha evidenziato le pessime condizioni igieniche e gli evidenti segni di trascuratezza in cui si trovava il minore, al momento del collocamento in una comunità educativa insieme alla madre, la quale preferiva ritornare a vivere con il consorte e lasciare il figlio da solo; lo sviluppo cognitivo e relazionale del piccolo A. era compromesso, in conseguenza delle condizioni di vita in un ambiente altamente conflittuale, nel quale era costretto ad assistere a ripetute violenze tra i genitori e nei suoi confronti; è significativo che, dopo un periodo di permanenza in un’altra comunità più adeguata dove era stato trasferito, egli aveva recuperato una capacità relazionale adeguata alla sua età; infruttuoso si era rivelato il sostegno offerto ai genitori, i quali avevano dimostrato di non potersi affrancare dalle loro condizioni e di non essere in grado di progettare un futuro per il figlio e per se stessi, nè vi era la possibilità di affidarlo ad altri parenti; in conclusione, A. necessitava di un ambiente familiare sereno e accogliente nel quale crescere, che gli appellanti non erano in grado di assicurargli, sicchè si rendeva necessaria la rescissione del legame con la famiglia di origine.

Avverso questa sentenza C.M. e V.N. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi e a una memoria; il tutore, avv. F.M., ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di numerose disposizioni della L. n. 184 del 1983, art. 3 della Convenzione dell’Onu del 20 novembre 1989 sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dall’Italia con L. 27 maggio 1991, n. 176 e artt. 1, 3, 5 e 9 della Convenzione Europea di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori del 25 gennaio 1966, ratificata con L. 20 marzo 2003, n. 77, imputando ai giudici di merito la “mancata nomina di un rappresentante del minore “distinto” cioè diverso dal soggetto cui compete la rappresentanza legale del minore al fine di vedere cumulate in un unico soggetto la rappresentanza speciale e quella di assistenza tecnica”, stante il conflitto di interessi tra il minore e il tutore o il difensore nominato dallo stesso tutore.

Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata, avendo rilevato che il minore è parte in senso sostanziale e processuale e ha diritto di avere una difesa tecnica che può essere esercitata anche dal tutore quando, come nella specie, è regolarmente abilitato all’esercizio della professione forense, ha fatto corretta applicazione della normativa vigente, come interpretata da questa Corte nel senso che, a norma della L. n. 184 del 1983, art. 8, u.c. e art. 10, comma 2, come novellati dalla L. n. 149 del 2001, il procedimento volto all’accertamento dello stato di adottabilità deve svolgersi, fin dalla sua apertura, con l’assistenza legale del minore, il quale ne è parte e sta in giudizio a mezzo di un rappresentante legale, al quale compete la nomina di un avvocato per la difesa tecnica (Cass. n. 12020 del 2019, n. 11782 del 2016). E qualora venga nominato come rappresentante legale e tutore un avvocato – nella specie, autorizzato dal Tribunale per i minorenni in data 31 maggio 2018 – egli può stare in giudizio personalmente, senza patrocinio di altro difensore (Cass. n. 15363 del 2015, n. 16553 del 2010), salvo l’eventuale conflitto di interessi con il minore, nel qual caso deve essere nominato un curatore speciale, al quale compete la nomina del difensore tecnico. Tuttavia, un conflitto di interessi tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente ed il suo rappresentante legale, diversamente da quanto sostenuto nel motivo, non è ravvisabile in astratto o ex ante, atteso che la relativa indagine va operata in concreto, alla stregua degli atteggiamenti assunti dalle parti nella causa (Cass. n. 1721 del 2016, n. 8438 del 2018). Inoltre, nulla i ricorrenti argomentano in concreto sull’esistenza di un conflitto di interessi tra la tutrice e il minore, risultando il motivo inammissibile sotto questo profilo per difetto di specificità.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 330,333,147,315 bis e 316 c.c., nonchè “mancanza, contraddittorietà e illogicità della sentenza impugnata” e “difetto di motivazione”, per avere operato una ingerenza ingiustificata e sproporzionata del potere pubblico nella vita familiare, ledendo i diritti dei genitori, i quali erano affetti da un modesto ritardo mentale e da diabete, senza valutare l’effettiva ed attuale possibilità di recupero delle loro capacità e competenze genitoriali.

Il motivo non coglie nè censura specificamente la ratio decidendi posta a base della decisione impugnata, la quale ha diffusamente argomentato in ordine alle ragioni che hanno indotto i giudici di merito a ritenere che la rescissione del legame con la famiglia di origine fosse inevitabile, una volta dimostrata la inutilità del sostegno offerto ai genitori e la loro incapacità di elaborare un progetto di vita credibile per il figlio, non essendo possibile prevedere un adeguato recupero delle loro capacità genitoriali in tempi compatibili con l’esigenza impellente di assicurare al minore una equilibrata crescita psico-fisica. Esso è dunque inammissibile, essendo diretto a sollecitare una impropria rivisitazione di apprezzamenti di fatto adeguatamente svolti dai giudici di merito.

Il terzo motivo, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 61,113,115,117 c.p.c., artt. 337 ter e quater e art. 2697 c.c., artt. 6, 8 e 14 Cedu, per la mancata audizione del minore infradodicenne, è infondato, avendo la Corte distrettuale escluso la capacità di discernimento del minore, in considerazione della sua tenera età (cinque anni).

Il ricorso è rigettato. Le spese sono compensate, in considerazione della dimensione sostanziale della controversia.

Trattandosi di processo esente, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, compensa le spese.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2020

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