Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17168 del 26/06/2019

Cassazione civile sez. I, 26/06/2019, (ud. 10/04/2019, dep. 26/06/2019), n.17168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14383/2018 proposto da:

H.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Barnaba

Tortolini n. 30, presso lo studio dell’avvocato Placidi Alfredo,

rappresentato e difeso dall’avvocato Zorzella Nazzarena, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2677/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

del 10/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/04/2019 dal cons. Dott. TRIA LUCIA;

lette le conclusioni scritte dal P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO, che chiede che codesta

Corte di Cassazione voglia rigettare il ricorso.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 10 novembre 2017, rigetta l’appello del cittadino (OMISSIS) H.M. avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna di rigetto dell’opposizione dell’interessato avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la sua domanda di protezione internazionale escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. la Corte d’appello, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il richiedente impugna la sentenza di primo grado deducendo specificamente l’errore di valutazione in cui è incorso il Tribunale laddove ha affermato che il ricorrente non avrebbe chiarito le ragioni della ritorsione posta in essere dalle persone con le quali aveva asserito di condividere un rapporto associativo;

b) si contesta, altresì, l’eccezione avversa relativa alla mancata produzione di documentazione di identità, che contraddice l’identificazione effettuata in altra sede dallo stesso Ministero mediante rilascio del permesso di soggiorno, deducendo la tardività dell’eccezione, non essendo mai stata rappresentata nel giudizio di primo grado, nel quale il Ministero è rimasto contumace;

c) il ricorrente ribadisce di aver dimostrato il collegamento tra la propria condizione soggettiva e le pertinenti fonti di informazione, dimostrando l’esistenza di associazioni di categoria che finanziano le attività economiche, l’incapacità della polizia della (OMISSIS) di offrire adeguata protezione ai propri cittadini e la frequente ed impunita violazione dei diritti da parte della polizia stessa;

d) l’appello è infondato;

e) è orientamento ormai radicato anche nella giurisprudenza della presente Corte d’appello quello secondo cui il richiamo alla condizione generale del Paese di origine, seppure problematica ed instabile, non è sufficiente ai fini della concessione della protezione internazionale, in quanto è necessaria comunque la prova della sussistenza di una persecuzione diretta, grave e personale, oltre che della circostanza che il pericolo per l’incolumità del richiedente, ai fini della ricorrenza degli estremi per l’invocata protezione, anche nella forma sussidiaria, sia ancora attuale in ipotesi di forzato rientro nel Paese di origine;

f) il quadro problematico e per alcuni aspetti inquietante descritto dall’interessato non si salda con una situazione costituente il presupposto per l’invocata protezione perchè, da un lato, i fatti narrati sono di tipo privatistico e dall’altro sono relativi ad una vicenda di cui il ricorrente non ha offerto riscontri anche descrittivi e che quindi risulta non credibile, a cominciare dal nome dell’organizzazione denominata “(OMISSIS)”, di cui non vi è traccia nei siti di informazione web consultati dal Tribunale;

g) è contraddittoria la narrazione relativa all’essere il ricorrente andato o meno a (OMISSIS) per riprendere i soldi dal bancomat, alla presenza o meno della zia, al domicilio della stessa dove l’ H. si sarebbe rifugiato;

h) la stessa Corte di cassazione ha avuto modo di specificare come – premesso che il ricorso deve essere pure basato su deduzioni che trovino conforto in prove concrete, anche se attenuate come veicolazione processuale – rimane del tutto irrilevante, ai fine della protezione internazionale anche l’esposizione ad azioni ritorsive da parte dei privati e, dunque, a maggior ragione, la sottoposizione ad azione di giustizia per fatti di reato da parte degli uffici giudiziari o di polizia del Paese di appartenenza (Cass. n. 813/2012);

i) dunque, anche l’esclusione dell’onere di provare la riferibilità soggettiva della minaccia e quindi la sussistenza di un legame causale fra fattore esterno di pericolo e la propria condizione soggettiva, non esclude affatto che tra il primo e la seconda debba comunque esistere una qualsiasi relazione che faccia ragionevolmente presumere che al rimpatrio del richiedente possa seguire, al di là di alcuna spiegazione causale, il suo coinvolgimento effettivo nella situazione di pericolo, tale da esigere uno strumento di protezione internazionale (Cass. n. 18231/2012);

I) dall’inverosimiglianza del racconto in entrambi i gradi di merito del giudizio deriva la revoca del patrocinio a spese dello Stato, da disporre con separato provvedimento ma che comporta, in questa sede, la condanna al pagamento del doppio del contributo unificato;

3. il ricorso di H.M., illustrato da memoria, domanda la cassazione della suddetta sentenza per cinque motivi; il Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, resiste con controricorso;

4. il Procuratore Generale deposita conclusioni scritte, concludendo per il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Sintesi dei motivi.

1. il ricorso è articolato in cinque motivi;

2. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27. Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio. Violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4;

2.1. si rileva che con la sentenza impugnata la Corte d’appello ha sostanzialmente riproposto le medesime argomentazioni del Tribunale di primo grado in ordine alla non credibilità del ricorrente, ritenendo conseguentemente insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, senza farsi carico delle deduzioni ed allegazioni documentali prospettate nell’atto d’appello;

2.2. in particolare, tale documentazione dimostra l’esistenza di associazioni di erogazione del credito quale quella indicata dal ricorrente, coincidente anche nella denominazione e nell’area di (OMISSIS);

2.3. la sentenza nel limitarsi a richiamare, anche sul punto, le argomentazioni del Tribunale, non fa alcun cenno alle contestazioni svolte nell’articolato atto di appello e alla pertinente allegata documentazione;

2.4. si sostiene che, su queste premesse, la Corte afferma – in modo apodittico – l’incoerenza e la contraddittorietà delle dichiarazioni dell’ H. focalizzando la propria attenzione su elementi secondari del racconto – il nome dell’organizzazione denominata “(OMISSIS)”, di cui nella sentenza si sostiene che non vi sia traccia nei siti di informazione web consultati dal Tribunale nonchè l’incontro con l’amico a (OMISSIS) – che non possono essere assunti a fondamento della non credibilità delle dichiarazioni che riguardano una vicenda di ben altro significato (Cass. n. 4095/2018), visto che, da un lato, gli atti di causa allegati all’appello consentono di superare ogni dubbio sulla credibilità della prima delle due suddette circostanze (in quanto da essi risulta che vi sono almeno due organizzazioni dal nome “(OMISSIS)”, riferibili ad una compagnia di (OMISSIS) che sponsorizza il business) e, d’altra parte, non è contestato che il richiedente sia passato per (OMISSIS);

3. con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 6e 14 e al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27;

3.1. l’omessa considerazione degli elementi di fatto dianzi indicati ha comportato che la Corte abbia effettuato una infondata valutazione di non credibilità del racconto del ricorrente soltanto dal punto di vista soggettivo mentre il D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 stabiliscono il dovere di verificare la coerenza del racconto con le pertinenti e aggiornate informazioni sul Paese di origine proprio perchè nessuna domanda di protezione può essere valutata scindendo arbitrariamente i due segmenti (soggettivo e oggettivo) dell’esame ed omettendone uno, quello più importante, ovverosia la coerenza con quanto accade nel Paese di origine;

3.2. nella sentenza impugnata sono riscontrabili una palese omissione del dovere della verifica della credibilità secondo le pertinenti e aggiornate informazioni sulla situazione della (OMISSIS) nonchè l’affermazione dell’esistenza nel Paese di una realtà problematica ed inquietante ma senza collocare in essa la vicenda del ricorrente, il che significa violare i suddetti precetti normativi, arrestandosi alla sola valutazione della credibilità soggettiva;

3.3. infine è anche erroneo il rilievo dato dalla Corte territoriale al carattere privato della vicenda narrata visto che per il D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5 e 6 è indifferente che i fattori di persecuzione abbiano natura privata o pubblica richiedendosi, nel primo caso, un rigoroso accertamento dell’idoneità del sistema di polizia e giudiziario dello Stato di origine a proteggere i cittadini dai rischi connessi, che nella specie non è stato fatto;

4. con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c. e al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Omessa pronuncia, con riguardo alla domanda di protezione sussidiaria chiesta anche in riferimento a tale ultima disposizione sulla base della generale situazione della (OMISSIS) e, in particolare, della zona di provenienza del ricorrente: (OMISSIS) e (OMISSIS), domanda corredata da numerosi rapporti di accreditate fonti internazionali;

4.1. nella sentenza impugnata tale domanda non è stata esaminata;

5. con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c. e all’art. 5, comma 6 TU n. 286 del 1998. Omessa pronuncia con riguardo alla richiesta di riconoscimento della protezione umanitaria sulla quale la Corte d’appello non si è affatto espressa, neppure per respingerla, tant’è che di essa non v’è traccia nella sentenza;

6. con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione TU n. 115 del 2002, art. 136 dell’art. 6 CEDU e degli artt. 24 e 35 Cost., contestandosi la parte finale della sentenza nella quale la Corte d’appello ha annunciato la revoca del patrocinio a spese dello Stato, a cui il ricorrente era stato ammesso in via anticipata e provvisoria dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Bologna, revoca avverso la quale l’interessato ha proposto opposizione al Presidente della Corte d’appello di Bologna;

6.1. tuttavia viene qui formulato un vizio di legittimità al riguardo perchè si sta formando presso la Corte d’appello bolognese un orientamento giurisprudenziale secondo cui l’opposizione TU n. 115 del 2002, ex art. 170 viene considerata inammissibile, sull’assunto secondo cui trattandosi di una pronuncia resa in una sentenza essa avrebbe dovuto essere impugnata con il rimedio ordinario del ricorso per cassazione, senza che si possa configurare la proposizione di un separato ricorso ex art. 99-170 TU spese di giustizia n. 115 del 2002, artt. 97-110 contro il successivo decreto di rigetto della domanda di liquidazione delle spese presentata dall’avvocato difensore, in quanto tale decreto è un provvedimento meramente esecutivo della statuizione contenuta nella sentenza e, dunque, è sostanzialmente privo di autonomo contenuto decisorio;

6.2. un simile automatismo che viene a crearsi tra revoca del patrocinio a spese dello Stato e rigetto dell’impugnazione sarebbe illegittimo (Cass. n. 7726/2016; Cass. n. 1719/2017), tanto più che la revoca non può riguardare il giudizio ex ante svolto dal Consiglio dell’Ordine forense ma può conseguire alla valutazione di merito effettuata in giudizio, basata sulla colpa grave;

6.3. nella specie tale revoca comporta la violazione del diritto di difesa del ricorrente ed anche quello della avvocata, che, pur agendo con serietà professionale, è costretta a rinunciare ex post ai compensi per l’attività svolta, in violazione degli artt. 4 e 35 Cost.

Esame dei motivi.

7. l’esame dei motivi di censura porta al rigetto dei primi due motivi di ricorso, all’accoglimento del terzo e del quarto motivo e all’assorbimento dell’ultimo motivo, per le ragioni di seguito esposte;

8. i primi due motivi, da esaminare insieme data la loro intima connessione, non sono da accogliere perchè con essi si chiede sostanzialmente a questa Corte di operare una valutazione integrativa degli elementi di fatto – asseritamente non esaminati dalla Corte d’appello – posti alla base della ritenuta non credibilità della narrazione del richiedente, senza nemmeno il dovuto rispetto del principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, in base al quale il ricorrente qualora proponga delle censure attinenti all’esame o alla valutazione di documenti o atti processuali è tenuto ad assolvere il duplice onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, e all’art. 369 c.p.c., n. 4;

9. secondo un consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (vedi, per tutte: Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340). Evenienze che qui non si verificano;

10. il terzo e il quarto motivo sono, invece, da accogliere in quanto dalla lettura della sentenza impugnata risulta che H.M. ha proposto domanda sia per la protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) sia per la protezione umanitaria, misure il cui esame richiede una autonoma e specifica valutazione (ovviamente, non coincidente), ma risulta altresì su tali domande attinenti al merito del giudizio – la cui rituale proposizione non è in discussione fra le parti – la Corte non si è pronunciata;

11. questo determina la parziale nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’invocato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, (vedi, per tutte: Cass. 5 luglio 2016, n. 13716 e Cass. 20 ottobre 2017, n. 24830);

12. all’accoglimento dei suddetti motivi, consegue l’assorbimento del quinto motivo di ricorso;

Conclusioni.

13. in sintesi il primo e il secondo motivo di ricorso vanno rigettati, il terzo e il quarto devono essere accolti e il quinto va dichiarato assorbito;

14. la sentenza impugnata va quindi cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso, dichiara assorbito il quinto e rigetta il primo e il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione prima civile, il 10 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019

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