Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17168 del 10/07/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 17168 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

S E’NTENZA
sul ricorso proposto da:
MARCHI Evelina (MRC VLN 65C53 E2560), elettivamente domiciliata in
Roma, Via Rodi n. 32, presso lo studio dell’Avv. Martino U.
Chiocci, che lo rappresenta e difende sia unitamente che
disgiuntamente all’Avv. Mario Monacelli in forza di procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro della Giustizia
pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è
elettivamente domiciliato per legge;
– controricorrente –

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Data pubblicazione: 10/07/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma, reso nel
procedimento n. 198/10 RGVG, depositato in data 7 agosto 2010.
Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

del l febbraio 2012 dal Consigliere relatore Dott.ssa Maria
Rosaria San Giorgio;

dott. Ignazio Patrone, il quale ha chiesto l’accoglimento del
ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. – Con ricorso depositato in data 8 marzo 2009 presso la
Corte

d’appello

di

Evelina

Firenze,

Marchi

chiese

il

riconoscimento dell’equa riparazione per la irragionevole durata
di un giudizio dalla stessa promosso innanzi al Tribunale di
Perugia, sez. dist. di Gubbio, iniziato con citazione notificata
1’11 novembre 1999, e concluso con sentenza depositata il 7 luglio
2009.
2. – La Corte adìta, con decreto depositato il 7 agosto 2010,

condannò il MinisterQ della Giu2tizid dl pagamento in favore della
Marchi dell’importo di euro 4;115,00, ritenendo che il tempo
eccedente la durata ragionevole, pari a tre anni, del processo
presupposto, protrattosi, secondo il calcolo effettuato dal
giudice di merito, per sette anni e cinque mesi circa, dovesse
quantificarsi in tre anni e cinque mesi, tenuto conto della

dGtrazione dei periodi corrispondenti ai

rinvii chieuti dalle

parti. L’importo della equa riparazione fu calcolato in ragione di

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sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale

euro 1000,00 per ogni anno di ritardo, avuto riguardo all’oggetto
della domanda (risarcimento danni da sinistro stradale).
3. – Per la cassazione di tale decreto ricorre la Marchi
Parisi sulla base di sei motivi. Resiste con controricorso il
Ministero della Giustizia.

1.

– Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione

dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e dell’art. 6 della CEDU
nella interpretazione che di esso è fornita dalla Corte europea
dei diritti dell’uomo. La Corte di merito si sarebbe discostata
dalla giurisprudenza della Corte EDU nel calcolo della durata
complessiva del processo presupposto, ammontante non già a sette
anni e cinque mesi, ma a nove anni e otto mesi, con conseguente
erroneità della valutazione del periodo eccedente tale durata.
2.

– Con il secondo motivo si censura la erroneità ed

insufficienza della motivazione in merito alla durata del processo
presupposto, quale individuata alla stregua del criterio riferito
sub 1.

3. – Con il terzo motivo si deduce ancora la violazione dell’art.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 della legge n. 89 del 2001 e dell’art. 6 della CEDU per avere la
Corte di merito, pur affermando di conformarsi ai parametri della
Corte europea dei diritti dell’uomo in ordine al termine
ragionevole di durata del processo, fissato normalmente in tre
anni, avrebbe di fatto calcolato detto termine in quattro anni,
come si desumerebbe dall’avere la stessa fissato la durata
complessiva del procedimento di cui si tratta in sette anni e

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cinque mesi e indicato il tempo eccedente la durata ragionevole
dello stesso in tre anni e cinque mesi.
4. – Con il quarto motivo si deduce errata e/o insufficiente
motivazione in merito allo scostamento, come rilevato

sub 3, dai

parametri della Corte europea dei diritti dell’uomo in ordine alla

5. – Le censure, da esaminare congiuntamente per la stretta
connessione che le avvince, meritano accoglimento.
5.1. – Deve, infatti, rilevarsi che la durata complessiva del
processo presupposto è stata correttamente indicata dalla parte
ricorrente in nove anni e otto mesi sulla base della
considerazione delle due date della notifica dell’atto di
citazione (11 novembre 1999) e del deposito della sentenza (7
luglio 2009).
Da tali date, che non sono state oggetto di contestazione da parte
dell’Avvocatura Generale dello Stato, avrebbe dovuto muovere la
Corte territoriale, detraendo dalla durata complessiva così
calcolata il termine ragionevole di durata, fissato dalla
giurisprudenza EDU e da quella nazionale in tre anni per il primo
grado, dal quale il giudice di merito si sarebbe potuto, per vero,
discostare previa motivazione delle specificità del caso che a ciò
lo autorizzassero.
5.2. – Al contrario, la Corte toscana non solo ha individuato la
durata complessiva del processo presupposto in un arco temporale
calcolato prescindendo dalle date dell’atto di citazione e del
deposito della sentenza conclusiva dello stesso, ma si è inoltre

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durata ragionevole del processo presupposto.

discostata dagli standards di durata fisiologica del giudizio di
primo grado fissati dalla giurisprudenza, che ha allungato da tre
a quattro anni senza motivare sulle ragioni della operata deroga.
6. – Resta assorbito dall’accoglimento dei primi quattro motivi
l’esame della quinta e della sesta censura, attinente alla

7. – Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto. Il decreto
impugnato va cassato e,

non essendo necessari ulteriori

accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai
sensi dell’art. 384, secondo comma, cod.proc.civ., sulla base
della determinazione di una durata irragionevole di anni 5 e mesi
8, e di una liquidazione di euro 750,00 annui per i primi tre anni
e di euro 1000,00 per ogni anno successivo, per un totale di euro
5920,00. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e,
decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al
pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 5920,00,
oltre gli interessi legali dalla data della domanda al saldo;
condanna il predetto Ministero al pagamento delle spese di
giudizio, che liquida, per il giudizio di merito, in Euro 1.140,
di cui Euro 600 per onorari e Euro 490 per diritti, e, per il
giudizio di legittimità, in Euro 506,50 per compensi, oltre Euro
100 per esborsi e accessori di legge.

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liquidazione delle spese disposta dal decreto impugnato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione
Civile della Corte di Cassazione, in data 5 marzo 2013, a seguito

di riconvoca ione.

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