Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17162 del 14/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 14/08/2020, (ud. 20/02/2020, dep. 14/08/2020), n.17162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18639/2015 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA

7, presso lo studio dell’avvocato SARA D’ONOFRIO, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., già RAI – Radiotelevisione

Italiana – Società per Azioni, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CLAUDIO

ACHILLINI, 45, presso lo studio dell’avvocato MARINA LA RICCA, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7447/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/01/2015 R.G.N. 11177/2011.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 7447/2014, compensava le spese di primo grado e per il resto confermava il rigetto della domanda di B.G., il quale aveva agito per l’accertamento della nullità del termine apposto a dodici contratti di lavoro stipulati con la RAI tra il 4 settembre 2003 e il 31 maggio 2009, il riconoscimento del suo diritto alla qualifica di operatore di ripresa e la condanna della società a riammetterlo in servizio.

2. La Corte di appello accertava che, dei dodici contratti a tempo determinato, sette avevano avuto la durata di un solo giorno per riprese in diretta di partite di calcio o altri singoli eventi, uno aveva avuto la durata di sei giorni per riprese in diretta di eventi sportivi e gli altri quattro avevano avuto durata da fine agosto/inizio settembre fino al maggio, prevalentemente nei fine settimana, per riprese dirette a trasmissioni sportive. Accertava che il primo dei contratti era stato stipulato in applicazione dell’accordo aziendale RAI dell’8 giugno 2000 e gli altri erano stati stipulati ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001.

2.1. Tanto premesso, osservava che la brevissima durata di otto degli undici contratti in questione evidenziava l’effettiva temporaneità dell’occasione di lavoro, collegata ad estemporanee esigenze, perlopiù di singoli eventi sportivi, specificati nel contratto, così come erano specificati i riferimenti di tempo e di luogo della prestazione; che i contratti stipulati per i periodi 11 settembre 2004 – 29 maggio 2005, 26 agosto 2005 – 14 maggio 2006, e 28 agosto 2008 – 31 maggio 2009 ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, riguardavano le produzioni specificate, per lo svolgimento di mansioni di operatore di ripresa e con dettagliata indicazione delle giornate e degli orari di impegno; che dunque la RAI aveva assolto l’onere di specificare le ragioni oggettive del termine finale, individuando l’inquadramento del lavoratore assunto a tempo determinato, le mansioni e le specifiche produzioni cui era addetto, gli orari e le giornate di svolgimento della sua attività lavorativa, il termine finale e la temporaneità delle esigenze produttive, collegate alla conclusione dei programmi televisivi per i quali era richiesta la prestazione lavorativa.

2.2. Osservava che tali esigenze, sussistenti al momento della stipulazione dei contratti, chiaramente descritte e verificabili, non risultavano modificate nel corso del rapporto, nè erano emerse prestazioni difformi all’oggetto del contratto.

3. Per la cassazione di tale sentenza B.G. ha proposto un unico motivo di ricorso. Ha resistito con controricorso RAI s.p.a.. Entrambe le parti ha depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con unico motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, della direttiva 1999/70/CE, degli artt. 1362 e 1366 c.c., art. 12 preleggi, per avere la Corte di merito ritenuto che le indicazioni fornite dal contratto fossero sufficienti a soddisfare il requisito normativo di specificazione della ragione produttiva posta a giustificazione del termine e che l’onere relativo alla sussistenza delle ragioni produttive fosse soddisfatto, avendo il ricorrente effettivamente svolto le mansioni di assunzione in relazione a quelle produzioni.

Afferma il ricorrente che la corretta interpretazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, richiede, per l’efficacia della clausola appositiva del termine, una più puntuale motivazione, tale da consentire un’individuazione precisa delle esigenze aziendali, le quali non possono consistere nel normale andamento delle attività proprie del datore di lavoro, bensì in circostanziate ragioni che rendano manifesta la necessità di un’assunzione solo temporanea del lavoratore.

Si duole inoltre che la Corte d’appello abbia esaminato i contratti nel loro insieme e non singolarmente e senza neppure distinguere le diverse ipotesi normative succedutesi nel tempo destinate a regolarli (l’ultimo contratto si era svolto nelle vigenza delle modifiche apportate al D.Lgs. n. 368 del 2001, dal D.L. 112 del 2008, conv. in L. n. 133 del 2008).

2. Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di tardività della notifica del ricorso per cassazione sollevata dalla RAI ex art. 327 c.p.c., per essere la sentenza di appello stata pubblicata il 13 gennaio 2015, mentre la notifica del ricorso pervenne alla RAI in data 15 luglio 2015.

Rileva il Collegio che risulta dagli atti che il ricorso venne avviato alla notifica, a mezzo posta da parte dell’avv. Sara d’Onofrio, il 13 luglio 2015, ossia l’ultimo giorno utile ex art. 327 c.p.c., non rilevando che il suo perfezionamento sia avvenuto successivamente. Come già più volte osservato da questa Corte, il principio della scissione degli effetti della notificazione per il notificante ed il destinatario, previsto dall’art. 149 c.p.c., è applicabile anche alla notificazione effettuata dall’avvocato, munito della procura alle liti e dell’autorizzazione del consiglio dell’ordine cui è iscritto, a norma della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 1. Ne consegue che, per stabilire la tempestività o la tardività della notifica, rileva unicamente la data di consegna del plico all’agente postale incaricato del recapito secondo le modalità stabilite dalla L. 20 novembre 1982, n. 890 (v. Cass. 15234 del 2014 e, da ultimo, Cass. 32255 del 2019).

3. Tanto premesso, il ricorso è tuttavia infondato.

4. Il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, prevede al comma 2, nel testo operante ratione temporis, che “L’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1”. La modifica introdotta dal D.L. n. 112 del 2008, conv. dalla L. n. 133 del 2008, art. 21, al comma 1, ha stabilito che, del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, comma 1, dopo le parole “tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” sono aggiunte le seguenti: “anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro”.

4.1. Questa Corte di legittimità ha affermato (cfr. Cass. n. 2279 del 2010; Cass. n. 10033 del 2010; n. 15002 del 2012; n. 208 del 2015; n. 20201 del 2017; n. 20113 del 2017; n. 840 del 2019; ex plurimis, da ultimo Cass. n. 457 del 2020) che l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa.

4.2. Si è precisato che spetta al giudice di merito accertare – con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità – la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dare riscontro alle ragioni specificamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto (cfr. Cass. n. 20604 del 2012).

4.3. In sostanza, sulla base di tale principio, la temporaneità va riferita alla necessità che dalla clausola giustificatrice dell’apposizione del termine risulti la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare.

Riguardo alla specificità della ragione giustificatrice dell’apposizione del termine si è precisato che essa sussiste quando gli elementi indicati nel contratto di lavoro consentono di identificare e di rendere verificabile l’esigenza aziendale che legittima la previsione della clausola accessoria, senza imporre al datore di lavoro l’onere di formalizzare la temporaneità dell’esigenza posta a giustificazione dell’assunzione (Cass. n. 208 del 2015) e spettando al giudice di valutare ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dare riscontro alle ragioni specificamente indicate nel contratto ai fini dell’assunzione a termine.

5. Tutto ciò premesso, va rilevato innanzitutto che il ricorso – al di là del richiamo, in rubrica, dell’art. 1362 c.c. – non pone alcuna censura in ordine ai profili interpretativi delle clausole appositive del termine dei contratti oggetto di causa.

6. Va poi osservato la Corte distrettuale ha effettuato una compiuta disamina dei contratti a tempo determinato descrivendo il contenuto degli stessi e riferendo che, di questi, sette avevano la durata di un solo giorno per riprese in diretta di partite di calcio o altri singoli eventi, uno aveva la durata di sei giorni per riprese in diretta di eventi sportivi, e gli altri quattro avevano una durata più ampia, corrispondente a determinati mesi dell’anno, e recavano la specificazione che la prestazione doveva essere resa in giorni predeterminati e per riprese dirette a trasmissioni sportive. La Corte di appello ha pure argomentato – con soluzione logicamente immune da vizi: a) che la brevissima durata di otto degli undici contratti rivelava in sè l’effettiva temporaneità dell’occasione di lavoro, collegata perlopiù a singoli eventi sportivi, specificati nel contratto, così come erano specificati i riferimenti di tempo e di luogo della prestazione; b) che pure per i quattro contratti aventi la durata di alcuni mesi, gli stessi recavano l’indicazione non solo delle produzioni televisive cui la prestazione si riferiva per lo svolgimento di mansioni di operatore di ripresa, ma anche la dettagliata specificazione delle giornate e degli orari di impegno, il termine finale e la temporaneità delle esigenze produttive, collegate alla conclusione dei programmi televisivi per i quali era richiesta la prestazione lavorativa.

7. Può concludersi che, riguardo alla specificità della ragione giustificatrice dell’apposizione del termine, è conforme a diritto la soluzione cui sono pervenuti i giudici di merito di primo e di secondo grado, secondo cui gli elementi indicati nei singoli contratti di lavoro consentivano di identificare e di rendere verificabile l’esigenza aziendale che legittimava la previsione della clausola appositiva del termine. Il ricorso, a fronte di tali complete indicazioni, funzionali alla verifica richiesta per l’accertamento della legittimità dell’apposizione del termine, piuttosto richiede un elemento ulteriore, ossia l’onere del datore di lavoro di formalizzare la temporaneità dell’esigenza posta a giustificazione dell’assunzione, requisito invece non richiesto secondo l’orientamento consolidato di questa Corte.

8. Infine, quanto al fugace riferimento contenuto nel ricorso alla circostanza che l’ultimo contratto sarebbe stato stipulato nella vigenza del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), entrato in vigore il 25 giugno 2008, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, è sufficiente rilevare, come già osservato da questa Corte (cfr., tra le altre, Cass. n. 2331 del 2016), che il riferimento contenuto nel D.Lgs. n. 368 del 2001, comma 1, così come modificato dal D.L. n. 112 2008, art. 2, comma 1, convertito in L. n. 133 del 2008, anche all’ordinaria attività del datore di lavoro nulla ha cambiato rispetto alle regole sopra indicate, per cui l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro è condizionata alle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche riferibili all’ordinaria attività del datore di lavoro, evidenziando così che tali ragioni non debbono essere riferite necessariamente ad una attività straordinaria, ma pur sempre alle causali oggettive indicate dal legislatore (in linea con la disciplina comunitaria), la cui ricorrenza costituisce fatto costitutivo dell’onere probatorio della parte deducente, ossia del datore di lavoro.

8.1. Nel caso concreto, come sopra evidenziato, la Corte di appello ha reso una motivazione coerente ed esaustiva in ordine all’adempimento degli oneri di specificazione delle ragioni di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, anche con riguardo all’ultimo contratto di lavoro stipulato tra le parti.

9. In conclusione, il ricorso va rigettato, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2.

10. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (nella specie, inammissibilità del ricorso) per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto (v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2020

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