Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1716 del 23/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 23/01/2019, (ud. 18/02/2018, dep. 23/01/2019), n.1716

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope legis e indica

per le comunicazioni relative al processo il fax 06/96514000 e la

p.e.c. ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it;

– ricorrente –

nei confronti di

M.A., domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentato e difeso, per procura in calce al

controricorso, dall’avv. Maria Cristina Romano che indica per le

comunicazioni relative al processo la p.e.c.

cristina.romano.milano.pecavvocati.it e il fax 1782733803;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1205/17 della Corte di appello di Milano

emessa il 27 febbraio 2017 e depositata il 22 marzo 2017 R.G. n.

4688/16;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.

Bisogni Giacinto.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con ordinanza del 14 settembre 2016, il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di M.A., cittadino del Senegal, che aveva chiesto alla competente Commissione territoriale la concessione della protezione internazionale, gradatamente in una delle tre forme previste dal nostro ordinamento. In particolare il sig. M. aveva esposto che nel 1981, quando aveva l’età di dodici anni, il padre era stato ucciso dai ribelli perchè si era opposto al saccheggiamento del suo negozio a (OMISSIS) nella regione della (OMISSIS). Si era trasferito in seguito nell’isola di Diouge dove aveva intrapreso una attività di commercio di pesce destinato al mercato di Dakar. Nel 2004 poco prima della sua morte la madre gli aveva rivelato che i ribelli operanti nella regione di (OMISSIS) lo avevano cercato e non avendolo trovato avevano distrutto la sua abitazione. Questa situazione lo aveva indotto a lasciare il Senegal e a trasferirsi in Spagna dove aveva vissuto dal 2006 fino al suo trasferimento in Italia del 2013 dove aveva richiesto la protezione internazionale prospettando anche un suo grave stato di salute (insufficienza renale cronica attualmente degenerata al terzo stadio) che non potrebbe essere adeguatamente curata in Senegal.

2. La Corte d’appello di Milano ha respinto il gravame per quanto riguarda il riconoscimento dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria, non ritenendo credibile la narrazione del richiedente, specificamente in relazione a quanto sarebbe avvenuto nel 2004, ma lo ha accolto in relazione alla richiesta del riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria. La Corte distrettuale ha valorizzato ai fini di questa decisione il grado di integrazione, lavorativa e culturale, nella realtà italiana acquisito dal richiedente.

3. Contro la decisione della Corte di appello il Ministero dell’Interno ha proposto ricorso per cassazione illustrato anche da memoria affidandosi ad un solo motivo con il quale ha dedotto la violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, e del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1, lett. c-ter e la violazione dell’art. 3 Cost. L’Amministrazione ricorrente contesta la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria ritenendo l’irrilevanza del grado di integrazione dello straniero in Italia.

Diritto

RITENUTO

CHE:

4. Il ricorso è fondato alla stregua della recente pronuncia di questa Corte (Cass. civ. sez. 1, n. 4455 del 23 febbraio 2018) secondo cui il riconoscimento della protezione umanitaria, secondo i parametri normativi stabiliti dal T.U. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e del D.Lgs.n. 251 del 2007, art. 32, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato d’integrazione sociale nel nostro paese, non può escludere l’esame specifico ed attuale della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, dovendosi fondare su una valutazione comparativa effettiva tra i due piani al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in comparazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza.

5. Nella specie questa valutazione comparativa non è stata compiuta neanche con riferimento alla prospettata situazione di salute che non troverebbe un’adeguata cura nel caso di rientro in patria.

6. Il ricorso per cassazione va pertanto accolto con conseguente cassazione della sentenza e rinvio alla Corte di appello di Milano che valuterà la condizione del richiedente secondo il principio di diritto sopra richiamato anche sotto il profilo delle affezioni denunciate nel giudizio di merito e della dedotta impossibilità di curarsi adeguatamente nel proprio paese.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Milano che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2019

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