Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17159 del 29/07/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 17159 Anno 2014
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 5291-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro
NUTI FRANCO CARLO;
– intimato avverso la sentenza n. 2/13/2011 della Commissione Tributaria
Regionale di FIRENZE del 10.11.2010, depositata il 05/01/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/06/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.

Data pubblicazione: 29/07/2014

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati

La CTR di Firenze ha respinto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la
sentenza n.2/13/2011 della CTP di Prato che aveva accolto il ricorso del
contribuente Nuti Franco Carlo- ed ha così annullato l’avviso di accertamento per
IRPEF anno 2004 con cui era stata imputata al Nuti la quota del reddito accertato in
capo a tale “G. & C. srl” (società di cui il Nuti era stato socio al 25% del capitale) in
ragione della presunzione di distribuzione del maggior reddito accertato in capo alla
società, presunzione derivante dall’essere la compagine societaria caratterizzata da
una ristretta base sociale.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che l’insieme degli elementi
addotti dal contribuente per dimostrare di non avere percepito gli utili di cui si tratta
appariva convincente, assumendo particolare rilevanza a questo proposito
l’accertamento eseguito nel processo penale di estraneità del Nuti rispetto ai reati
denunziati dalla GdF così come alla gestione della società, come pure rilevante
doveva considerarsi l’uscita del Nuti dalla società nei primi mesi dell’anno 2005. Ciò
che avrebbe comportato rinuncia ad una fonte di reddito cospicua qualora fosse da
ritenersi fondata la presunzione azionata dall’Agenzia.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’intimato non si è difeso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Con il primo motivo di ricorso (centrato sulla violazione degli art.38 co.3 DPR
n.600/1973; art.44 lett. e del DPR n.917/1986 nonché degli art.2697, 2727 e 2729 cod
civ) la parte ricorrente si duole del fatto che —incontestato che l’accertamento di

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osserva:

maggior reddito nei confronti della società fosse diventato definitivo e che
quest’ultima fosse composta da una ristretta compagine sociale- il giudice del merito
avesse erroneamente omesso di verificare se il contribuente aveva effettivamente
vinto la presunzione sfavorevole, per quanto quest’ultimo non avesse “fornito la
prova contraria idonea a vincere la presunzione di distribuzione in quanto non aveva

limitandosi genericamente a rappresentare la propria indifferenza rispetto alla
gestione sociale”.
Il motivo è inammissibile, per erronea identificazione dell’archetipo del vizio
valorizzato.
Ne è sintomo la circostanza che la parte ricorrente —dopo avere genericamente
identificato la disposizione di legge che il giudicante avrebbe violato- si limita poi,
sostanzialmente, a dolersi del fatto che il giudicante —avvalendosi della sue
prerogative di apprezzamento decisorio- abbia sottovalutato o pretermesso
circostanze di fatto rilevanti ai fini di ritenere violata la disposizione di legge
medesima.
Si tratta —per evidenza- di circostanze di fatto e di valutazioni di puro merito che
concernono il potere di ricostruzione della fattispecie concreta —dalla legge di rito
assegnato in via esclusiva al giudice del merito- il cui apprezzamento non può
costituire oggetto di erronea interpretazione o applicazione della norma, almeno non
nell’ottica prospettata dalla parte ricorrente.
Ed invero è principio tante volte enunciato da questa Corte che:” In tema di ricorso
per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea
ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata
da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo
della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie
concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della
norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è
possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine

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in alcun modo allegato la propria impossibilità di controllare l’operato degli altri soci,

tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea
ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della
legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta
– è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata
dalla contestata valutazione delle risultanze di causa”.

esso la parte ricorrente si duole che il giudice del merito non abbia “individuato quali
siano gli ulteriori elementi portati dal contribuente…sui quali si fonda il
convincimento della stessa Commissione” e si sia espresso poi con termini apodittici,
non riportando il contenuto della “asserita sentenza penale” (della quale nessuna
traccia poteva rinvenirsi agli atti del processo) e limitandosi ad affermare che “il Nuti
era all’oscuro di tutto”, così come aveva dato rilevanza ad una circostanza (l’uscita
del Nuti dalla compagine sociale nel corso del 2005) del tutto indifferente rispetto al
contestato evento, riferito all’anno 2004.
Il motivo appare fondato e da accogliersi.
Il motivo appare manifestamente fondato, alla luce della pregressa giurisprudenza di
questa Corte (per tutte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2067 del 25/02/1998) secondo la
quale:”È denunziabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 5
cod. proc. civ., il vizio di omessa motivazione della sentenza qualora la stessa si fondi
su motivazione omessa o “apparente”, qualora, cioè, il giudice di merito pretermetta
del tutto la indicazione degli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento,
ovvero li indichi senza, peraltro, compierne alcuna approfondita disamina logica e
giuridica”.
Appare infatti che nella specie di causa il giudicante si sia indotto a respingere
l’appello sulla scorta di argomenti stereotipi e privi di specifica concludenza (rispetto
alle doglianze prospettate), senza che emerga quali sono le specifiche ragioni per le
quali le censure sono state ritenute fondate. Da un canto la sentenza penale a cui il
giudicante ha fatto riferimento non è stata identificata, così come non sono stati
specificamente identificati gli altri “elementi” apportati dal contribuente a prova di

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Quanto al secondo motivo di impugnazione (centrato sul vizio di motivazione) , con

omessa partecipazione alla distribuzione del maggior reddito; d’altro canto non è
stato congruamente giustificato il convincimento circa la comprovata estraneità del
Nuti alla gestione societaria o al controllo di quella con riferimento al periodo
d’imposta qui in considerazione.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per

dell’appello, apparendo necessario rinnovare l’esame delle questioni proposte con
l’atto di appello contro la pronuncia di primo grado, con adeguata motivazione del
convincimento giudiziale.
Roma, 15 ottobre 2013

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR
Toscana che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del
presente grado.
Così deciso in Roma il 18 giugno 2014

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

manifesta fondatezza del secondo motivo, con conseguente rinvio al giudice

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