Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17159 del 14/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 14/08/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 14/08/2020), n.17159

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27153/2016 proposto da:

ALITALIA LINEE AEREE ITALIANE S.P.A., IN AMMINISTRAZIONE

STRAORDINARIA, in persona dei Commissari Straordinari pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. G. FARAVELLI 22, presso lo

studio dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

contro

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

CHINOTTO 1, presso lo studio dell’avvocato STEFANO MINUCCI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso il decreto n. 663/2016 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

28/10/2016 R.G.N. 51899/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/01/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale assorbito ricorso incidentale;

udito l’Avvocato SABRINA D’ALLEVA per delega verbale Avvocato ARTURO

MARESCA;

udito l’Avvocato STEFANO MINUCCI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Roma – sezione fallimentare, con decreto n. 663/2016, in accoglimento delle opposizioni R.D. n. 267 del 1942, ex art. 98, di cui ai ricorsi riuniti proposti da M.G., ex dipendente di Alitalia Linee Aeree Italiane s.p.a. con qualifica di dirigente, ha accertato il diritto di questi all’ammissione in prededuzione e privilegio, nello stato passivo di Alitalia Linee Aeree Italiane s.p.a. in amministrazione straordinaria, del credito di Euro 90.682,00 a titolo di indennità supplementare prevista dall’Accordo collettivo del 27 aprile 1995.

1.1. La statuizione di accoglimento, per quel che ancora rileva è stata fondata sulla considerazione che: a) la disciplina negoziale in oggetto era chiaramente riferibile alla procedura di amministrazione straordinaria di Alitalia Linee Aeree Italiane s.p.a.; b) l’indennità supplementare, per come configurata dalle parti collettive, era dovuta solo in presenza di una definitiva risoluzione del rapporto di lavoro, e, quindi, al di fuori della ipotesi regolate dal D.L. n. 347 del 2003, art. 5, comma 2 ter, che contemplava, in sintesi, in deroga ai generali principi civilistici, una speciale ipotesi di “trasferimento dei lavoratori” nell’ambito della medesima procedura di amministrazione straordinaria realizzata attraverso il licenziamento del dipendente e la sua successiva riassunzione; c) al fine del riconoscimento del diritto all’indennità supplementare ciò che rilevava non era lo stato di disoccupazione del dipendente ma la sua mancata ricollocazione – anche attraverso una cessazione del rapporto di lavoro con successiva riassunzione – nell’ambito della medesima procedura di amministrazione straordinaria, ossia che si fosse verificata una effettiva cesura nel rapporto di lavoro; d) tali circostanze, nello specifico, erano desumibili ex art. 2729 c.c., da una pluralità di elementi quali l’assenza, nella lettera di recesso della prospettazione di un eventuale reimpiego nell’ambito dei programmi di ristrutturazione portati avanti dalla procedura e l’assenza di allegazione e/o dimostrazione della prosecuzione del rapporto da parte della procedura di amministrazione straordinaria, sulla quale, in concreto, ricadeva il relativo onere alla luce del principio della riferibilità, vicinanza e disponibilità della prova; d) il credito maturato a titolo di indennità supplementare in quanto sorto in funzione della continuità aziendale e dopo la apertura della procedura concorsuale era da collocarsi in prededuzione.

2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Alitalia Linee Aeree Italiane s.p.a., in amministrazione straordinaria, sulla base di nove motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso e ricorso incidentale affidato a un unico motivo; Alitalia – Linee Aeree Italiane s.p.a. in amministrazione straordinaria ha depositato controricorso avverso il ricorso incidentale.

3. Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso principale Alitalia Linee Aeree Italiane s.p.a. in amministrazione straordinaria, deducendo violazione dell’art. 2697 c.c, in relazione all’onere della prova circa la mancata riassunzione di un dirigente nella Compagnia Aerea Italiana s.p.a., censura la decisione impugnata per avere, in sintesi, sostanzialmente gravato la procedura di amministrazione straordinaria dell’onere della prova relativo alla eventuale ricollocazione del dirigente; sostiene che configurandosi la mancata ricollocazione nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria quale elemento costituivo del diritto all’indennità supplementare il relativo onere di allegazione e prova ricadeva sul dipendente.

2. Con il secondo motivo, deducendo violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., censura la decisione per erroneità e/o illogicità della motivazione in ordine alla ripartizione dell’onere della prova ispirata al principio della riferibilità, vicinanza o disponibilità della prova. Deduce nullità della decisione per mancata motivazione sul punto. Evidenzia che il passaggio o meno del dirigente a società cessionaria nell’ambito del programma di cessione di beni e servizi della società in amministrazione straordinaria costituiva circostanza pienamente riferibile a quest’ultimo il quale ne avrebbe potuto agevolmente offrire dimostrazione.

3. Con il terzo motivo, deducendo violazione degli artt. 2727 e 2739 c.c., nonchè dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., censura la decisione per erroneità e/o illogicità della motivazione in ordine alla presunzione della mancata riassunzione in CAI. Deduce nullità per mancata motivazione sul punto. Assume essere contrario a logica richiedere che ove controparte fosse stato ricollocato di ciò si sarebbe dovuto dare atto nella lettera di licenziamento ed in questa prospettiva contesta il ragionamento presuntivo posto a fondamento dell’accertamento di fatto alla base del decisum.

4. Con il quarto motivo, deduce omessa pronunzia sulla eccezione di essa Alitalia relativa alla non riferibilità del motivo di licenziamento alla procedura di amministrazione straordinaria.

5. Con il quinto motivo, deducendo violazione e/o falsa applicazione dell’Accordo sulla risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale del 27.4.1995 allegato I CCNL Dirigenti industriali, censura la decisione per avere riconosciuto il diritto all’indennità supplementare in assenza del prescritto presupposto. Secondo la disciplina collettiva, infatti, il diritto all’emolumento in oggetto era subordinato al fatto che l’azienda motivasse il proprio recesso come dovuto alle situazioni di crisi aziendale o amministrazione straordinaria; nel caso di specie, invece, la società aveva motivato il recesso non come dovuto all’ammissione alla procedura amministrativa bensì alla successiva e del tutto autonoma determinazione della Gestione commissariale di porre fine all’attività aziendale secondo quanto evincibile dalla lettera di recesso.

6. Con il sesto motivo, deducendo omesso esame di fatto controverso e decisivo, censura la decisione per avere omesso di considerare la prosecuzione dell’attività aziendale successivamente all’ammissione della società alla procedura di amministrazione straordinaria e il fatto che il recesso era riconducibile alla determinazione del Commissario avente ad oggetto la chiusura dell’attività produttiva aziendale, fatti emergenti dalla decisione medesima. Tali circostanze, ove considerate, avrebbero indotto il Tribunale ad escludere il nesso tra recesso datoriale e ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria.

7. Con il settimo motivo, deducendo violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., censura la decisione per omissione e/o illogicità della motivazione in ordine al diritto all’indennità supplementare; sostiene, infatti, che il recesso era stato motivato con la cessazione dell’attività produttiva e, pertanto, non poteva essere posto in diretta ed immediata connessione con l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria. Deduce nullità della sentenza per mancanza della motivazione sul punto.

8. Con l’ottavo motivo, deducendo violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., art. 111,D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 20, nonchè del verbale di accordo 27.4.1995 allegato al c.c.n.l. dirigenti aziende industriali, censura la decisione per avere affermato la prededucibilità del credito in oggetto. Premesso che nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria i crediti prededucibili sono individuati dal D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 20 e si identificano pertanto nei crediti sorti per la continuazione dell’esercizio dell’impresa e la gestione del patrimonio del debitore dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza, sostiene che la peculiare natura dell’indennità in questione, di penale forfettaria prevista per specifiche ipotesi di licenziamento, a prescindere dalla illegittimità del recesso, ne escludevano la configurabilità come credito maturato in pendenza di procedura da correlare alla “continuazione dell’esercizio dell’impresa”; da tanto scaturiva che lo stesso non poteva essere riconosciuto in prededuzione.

9. Con il nono motivo, deducendo violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., censura la decisione per illogicità della motivazione in ordine alla prededucibilità del credito per l’indennità supplementare. Deduce nullità della sentenza per mancanza della motivazione sul punto. In particolare contrasta l’affermazione del giudice delegato secondo il quale la esclusione della prededucibilità del credito in questione avrebbe potuto comportare la disapplicazione del contratto collettivo ed osserva che tale esclusione era destinata ad incidere solo ed esclusivamente sulla gradazione del credito stesso ai fini del concorso.

10. Con l’unico motivo di ricorso incidentale M.G., deducendo violazione e/o errata interpretazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 347 del 2003, art. 5, comma 2 ter, introdotto dal D.L. n. 134 del 2008, nonchè dell’art. 2118 c.c., comma 2 e comunque degli artt. 1362 c.c. e segg., art. 12 preleggi, dell’art. 2697 c.c. e dell’Accordo collettivo 27.4.1995 sottoscritto da Confindustria, Intersind e Federazione nazionale Dirigenti Aziende industriali, sull’indennità supplementare in caso di risoluzione del rapporto per ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione, crisi aziendale, censura la decisione nella parte in cui pur riconoscendo il diritto all’indennità supplementare configura quale fatto costitutivo dello stesso la mancata ricollocazione del dirigente in Compagnia Aerea Italiana s.p.a..

11. Il primo e il secondo motivo di ricorso, esaminati congiuntamente per connessione, sono infondati.

11.1. Il Tribunale fallimentare capitolino ha chiaramente affermato essere “onere del lavoratore che richiede la corresponsione dell’indennità supplementare, nell’ipotesi di amministrazione straordinaria, fornire la prova della mancata riassunzione” (così al primo capoverso di pag. 9 della sentenza); ha, quindi, ritenuto sussistente il requisito della “mancata riassunzione” sulla base della valorizzazione, ai sensi dell’art. 2729 c.c., di plurimi elementi quali la circostanza che la lettera di licenziamento nulla prospettava circa l’eventuale reimpiego del lavoratore nell’ambito dei programmi di ristrutturazione portati avanti dalla procedura di amministrazione straordinaria, l’assenza di allegazione e/o dimostrazione circa tale prosecuzione da parte della convenuta procedura, valutata alla luce del principio della riferibilità, vicinanza o disponibilità della prova.

11.2. Le censure articolate sono frutto della errata configurazione della mancata riassunzione del dirigente licenziato quale elemento costitutivo del diritto alla indennità supplementare, con conseguente onere di allegazione e prova della circostanza a carico del dipendente.

Tale errata impostazione è alla base anche della decisione impugnata la quale, tuttavia, pervenendo ad una decisione conforme a diritto in ragione dell’esito dell’apprezzamento delle risultanze di fatto, favorevole al dirigente, deve essere confermata nella parte dispositiva e corretta nella motivazione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c..

11.3. La questione della natura costitutiva o meno della mancata riassunzione ai fini del diritto all’indennità supplementare alla stregua dell’Accordo 27.4.1995, è stata ripetutamente scrutinata da questa Corte la quale con indirizzo consolidato, al quale si ritiene di dare continuità, ha affermato che il tenore testuale dell’accordo deponeva nel senso che condizione necessaria e sufficiente ai fini del riconoscimento dell’indennità supplementare era rappresentata dal fatto che il recesso datoriale avesse avuto causa concreta nella riorganizzazione, ristrutturazione o crisi aziendale (v., tra le altre, Cass. n. 142 del 2019, Cass. 29735 del 2018, Cass. n. 23039 del 2018, Cass. n. 16498 del 2009).

Tanto esclude che il dirigente licenziato sia tenuto alla prova della mancata riassunzione ovvero, quanto meno, alla prova del proprio stato di disoccupazione, da cui poter dedurre presuntivamente la mancata riassunzione; come, e di conseguenza, deve escludersi che il difetto di dimostrazione di tali fatti possa negativamente condizionare il riconoscimento in suo favore dell’indennità supplementare. costituendo la circostanza della mancata ricollocazione del primo invece materia di eccezione della procedura stessa (Cass. n. 29735 del 2018Cass. n. 21479 del 2018). Tale eccezione non risulta neppure formulata dalla odierna ricorrente secondo quanto evincibile dalla decisione impugnata la quale, con affermazione rimasta incontestata, ha dato atto che alcuna allegazione o dimostrazione relativa alla “riassunzione” del dipendente nell’ambito della procedura era stata formulata dalla società in amministrazione straordinaria (v. decreto, pag. 12).

11.4. Nè a diversa conclusione sembra potersi pervenire sulla base di quanto rappresentato nella memoria ex art. 378 c.p.c., dalla società ricorrente la quale sembra alludere ad un passaggio in CAI del dipendente (v. memoria, pag. 13), deduzione questa inammissibile oltre che per la intrinseca genericità per il fatto che la memoria ex art. 378 c.p.c., non può integrare i motivi del ricorso per cassazione, poichè assolve all’esclusiva funzione di chiarire ed illustrare i motivi di impugnazione che siano già stati ritualmente cioè in maniera completa, compiuta e definitiva – enunciati nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, con il quale si esaurisce il relativo diritto di impugnazione (Cass. n. 26670 del 2014, Cass. Sez. Un. 11097 del 2006).

12. L’esame delle censure articolate con il terzo motivo risulta assorbito dalle considerazione che precedono in punto di esclusione della natura costitutiva del diritto all’indennità supplementare riferita alla circostanza della ” mancata riassunzione” nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria.

13. Il quarto motivo di ricorso è infondato in quanto la eccezione relativa alla non riferibilità del motivo di licenziamento alla procedura di amministrazione straordinaria è stata implicitamente presa in considerazione dal giudice di merito laddove questi ha escluso ogni dubbio sul fatto che il rapporto di lavoro fosse stato “unilateralmente risolto dal commissario straordinario a seguito della chiusura dell’attività produttiva dell’azienda collocata in amministrazione straordinaria” (v. decreto, pag. 6 in fine, con prosecuzione alla pagina 7). In tal modo, con accertamento di fatto sindacabile in sede di legittimità solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ha mostrato di porre in connessione il recesso con le vicende della procedura di amministrazione straordinaria.

14. Il quinto motivo è inammissibile per essere articolato con modalità inidonee alla valida censura della decisione. L’assunto secondo il quale l’Accordo sulla Risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale, del 27.4.1995 imporrebbe la motivazione del recesso come dovuto a situazione di crisi aziendale o di amministrazione straordinaria non è veicolato, come prescritto, dalla deduzione della violazione di specifici criteri legali di interpretazione ma risulta inteso a sollecitare direttamente una diversa interpretazione del testo collettivo. Come chiarito da questa Corte la denuncia di un accordo integrativo (di contratto collettivo), alla stregua di violazione di norma di diritto, non può essere formulata in via diretta: ciò essendo possibile, in base alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006), soltanto in riferimento ai contratti collettivi nazionali (Cass. n. 12095 del 2018, Cass. n. 18946 del 2014, Cass. n. 6335 del 2014) sicchè, non è consentito a questa Corte procedere ad un’interpretazione diretta della clausola di un contratto collettivo integrativo, in quanto la violazione così dedotta riguarda appunto i contratti collettivi nazionali di lavoro in via esclusiva (Cass. n. 3681 del 2014, Cass. n. 27062 del 2013).

15. Il sesto motivo di ricorso è infondato in quanto la prosecuzione dell’attività aziendale successivamente all’ammissione della società all’amministrazione straordinaria e la riconducibilità del recesso alla determinazione del Commissario straordinario sono stati tenuti ben presenti dal Tribunale fallimentare laddove ha escluso ogni dubbio sul fatto che il rapporto di lavoro fosse stato “unilateralmente risolto dal commissario straordinario “a seguito della chiusura dell’attività produttiva dell’azienda collocata in amministrazione straordinaria” e laddove ha argomentato in tema di prededucibilità del credito in oggetto.

In ogni caso, i fatti richiamati risultano privi di decisività alla luce della condivisibile giurisprudenza di questa Corte la quale ha affermato che l’indennità supplementare al trattamento di fine rapporto prevista per i dirigenti di azienda dall’Accordo Interconfederale del 27 aprile 1995 deve essere riconosciuta al dipendente nel caso in cui il licenziamento sia obiettivamente causato da ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione o crisi aziendale, al di là della motivazione formalmente adottata dal datore di lavoro (Cass. n. 86 del 2019) e che ciò che rileva, sul piano del diritto, è l’effettiva ragione del recesso e il nesso di derivazione causale dello stesso rispetto alle fattispecie giuridiche, di ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione o crisi aziendale, individuate dall’Accordo interconfederale, al di là della motivazione formalmente adottata da parte datoriale (Cass. n. 142 del 2019).

In particolare, questa Corte ha espressamente disatteso sul tema del diritto all’indennità supplementare riconosciuta dalla contrattazione collettiva ai dirigenti licenziati a causa di ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione o crisi settoriale o aziendale, nonchè di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, letture orientate a ravvisare “una cesura di carattere non solo temporale, ma logica” fra la fase propriamente di risanamento e quella eventualmente conseguente all’esaurimento dell’esperimento conservativo, tale da escludere la suddetta indennità in caso di licenziamento intervenuto a significativa distanza dall’apertura della procedura e “non conseguente della ristrutturazione dell’azienda bensì all’accertata impossibilità di proseguire nell’attività produttiva”, in proposito ribadendo come la contrattazione collettiva attribuisca l’indennità in questione “prescindendo dall’epoca del recesso” e “la ricolleghi ad una situazione in itinere insorta con intenzione conservativa, il rischio del cui esito negativo non può trasferirsi sul dirigente esclusivamente in base al dato temporale offerto dall’epoca del recesso” (Cass. n. 29735 del 2018, Cass. n. 14769 del 2005).

16. Il settimo motivo è infondato poichè dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (ad opera del D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012), il sindacato di legittimità sulla motivazione deve intendersi ridotto – alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi – al “minimo costituzionale”, nel senso che “l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”” (Cass. Sez. Un. 8053 del 2014).

Alla luce di tale criterio, la esposizione delle ragioni che sorreggono la decisione appare adeguato e certamente non al di sotto del cd. minimo costituzionale, non potendo dirsi nè meramente apparente – tale essendo solo la motivazione che, “benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass., S.U., n. 22232 del 2016) – nè contraddittoria o incomprensibile.

17. L’ottavo motivo è infondato.

17.1. La questione è stata affrontata e risolta dalla recente sentenza n. 29735 del 19.11.2018, dai cui approdi non vi è ragione di discostarsi, che ha affermato il seguente principio di diritto: “L’indennità supplementare prevista dall’Accordo sulla risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale” allegato al CCNL dei dirigenti aziendali, costituisce – a prescindere dalla sua natura retributiva o indennitaria – un credito da ammettere al passivo in prededuzione L. Fall., ex art. 111, per i dirigenti di imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria che siano cessati dal rapporto di lavoro solo successivamente al provvedimento di ammissione alla procedura, essendo la sua prosecuzione indubitabilmente funzionale alle esigenze di continuazione dell’attività di impresa. E’ stato osservato che la prededuzione del credito in questione si fonda sulla indubitabile funzionalità della prosecuzione del rapporto di lavoro alle esigenze della continuazione dell’esercizio di impresa, con l’inevitabile conseguenza che ogni credito che trova origine e causa in detto rapporto – a prescindere dalla sua natura, strettamente retributiva o anche indennitaria, secondo l’unitario regime economico e normativo ad esso applicabile – ne ripete quello stesso vincolo di funzionalità alla continuazione dell’esercizio dell’impresa che giustifica la sua prededucibilità, ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 347 del 2003, art. 8, conv. con mod. dalla L. n. 39 del 2004 e D.Lgs. n. 270 del 1999, artt. 20 e 52 (in tal senso., Cass. n. 29735 del 2018, in motivazione). Si è osservato che pure “Le indennità di anzianità spettanti ai dipendenti delle imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria, cessati dal rapporto di lavoro successivamente al provvedimento di continuazione dell’esercizio dell’impresa, sono considerate, per l’intero importo, in applicazione del D.L. 31 luglio 1981, n. 414, art. 4, convertito in L. 2 ottobre 1981, n. 544, debiti contratti per la continuazione dell’esercizio, secondo la previsione della L. Fall., art. 111, n. 1 (cfr. sent. cit. che richiama Cass. n. 582 del 1994). Pertanto, siffatti crediti costituiscono debiti di massa e spettano in prededuzione dalla data di cessazione del rapporto” (sent. cit. che richiama Cass. n. 2716 del 1992e n. 4378 del 1985).

18. Il nono motivo è infondato. Premesse le considerazioni in diritto già esplicitate nell’esame del settimo motivo di ricorso in tema di limiti alla sindacabilità della motivazione alla luce del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, secondo la lettura offerta dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, Cass. n. 8053 del 2014), si rileva che la decisione impugnata non risulta affetta dalla dedotta carenza/illogicità della motivazione in quanto le ragioni alla base della affermazione della prededucibilità del credito per indennità supplementare, le quali non si esauriscono nel mero rilievo che la esclusione della prededucibilità avrebbe comportato la disapplicazione del contratto collettivo, risultano percepibili con chiarezza nella loro lineare concatenazione logico-giuridica; tali ragioni fanno, infatti, riferimento al nesso con la continuazione dell’attività aziendale dopo la ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria ed alla considerazione che la esclusione della prededuciblità finirebbe per influire sulla stessa possibilità di partecipazione del credito alla procedura concorsuale, “non esistendo la categoria dei creditori meri privilegiati aventi titolo successivo all’apertura della procedura concorsuale”.

19. Il motivo di ricorso incidentale è inammissibile in quanto la parte totalmente vittoriosa in ordine alla domanda oggetto del giudizio, come appunto l’odierno ricorrente incidentale, è carente di interesse alla proposizione del ricorso per cassazione (Cass. n. 4981 del 2016), posto che la soccombenza, qui assente, costituisce il presupposto dell’impugnazione (Cass. n. 13571 del 2006); in particolare, in ipotesi di ricorso per cassazione proposto, come nella specie, al solo scopo di modificare la motivazione – fermo restando il dispositivo – della sentenza impugnata, è stata esclusa l’attualità dell’interesse ad ottenere la rimozione di una pronuncia sfavorevole, tanto più che la motivazione in diritto può essere autonomamente corretta dalla Corte di Cassazione, ex art. 384 c.p.c., comma 2 (Cass. n. 13010 del 2003).

20. La reciproca soccombenza delle parti giustifica la compensazione delle spese di lite.

21. Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2020

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