Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17156 del 10/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 17156 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

motivazione
semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

GIARLETTA GIANMARIO (C.F.:GRL GMR 58E01 G994W), rappresentato e difeso,
in forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti Ferdinando Emilio Abbate
e Giovambattista Ferriolo ed elettivamente domiciliato presso il loro studio, in Roma,
alla v. Lungotevere Michelangelo, n. 9; – ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;
– resistente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia n. 231 del 2012, depositato in data
13 marzo 2012 (e non notificato).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 maggio 2013

dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito l’Avv. Ranieri Roda (per delega) nell’interesse del ricorrente;

Data pubblicazione: 10/07/2013

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Ignazio Patrone, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il sig. Giarletta Ginamario chiedeva alla Corte d’appello di Perugia, con ricorso

marzo 2001, n. 89, dell’equa riparazione del danno non patrimoniale sofferto a causa
della non ragionevole durata di un giudizio di equa riparazione introdotto dinanzi alla
Corte di appello di Roma con ricorso depositato nel mese di aprile 2006, concluso
con decreto di parziale accoglimento depositato nel mese di novembre 2007 e
definito, a seguito di ricorso per cassazione notificato nel mese di dicembre 2008,
con sentenza di cassazione e contestuale decisione nel merito di questa Corte
depositata nel mese di aprile 2010, con la conseguenza che il procedimento era
durato complessivamente, per lo svolgimento di due gradi di giudizio, dal mese di
aprile 2006 al mese di aprile 2010.
L’adita Corte di appello perugina, con decreto depositato il 13 marzo 2012,
dichiarava la domanda inammissibile, ritenendo che non fosse esperibile il rimedio di
cui alla legge n. 89 del 2001 in relazione a procedimenti riguardanti la denunciata
violazione della durata ragionevole dei giudizi di equa riparazione, non discendendo
tale proponibilità dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed essendo
l’eventuale ritardo nella definizione dei procedimenti ai sensi della suddetta legge
compensabile dal giudice del procedimento.
Avverso il suddetto decreto ha proposto ricorso per cassazione la Merola Giovanna
Caterina, con atto notificato il 27 ottobre 2012, sulla base di un unico motivo.
L’intimato Ministero della Giustizia non ha resistito con controricorso, ma si è
costituito ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
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ritualmente depositato il 7 ottobre 2010, il riconoscimento, ai sensi della legge 24

Il collegio ha deliberato di adottare il modello di sentenza in forma semplificata.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il dedotto motivo il ricorrente ha denunciato (ai sensi dell’art. 360, n. 3,
c.p.c.) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e degli

(richiamando anche altri decreti della stessa Corte perugina), sul presupposto della
ritenuta illegittimità del decreto impugnato avuto riguardo alla decisiva
argomentazione — già recepita in altre decisioni di questa Corte — in base alla quale
la legge n. 89 del 2001 non consente in alcun modo di distinguere i procedimenti di
equa riparazione da quelli ai quali la medesima legge si applica e di sottrarli, dunque,
al regime di ragionevole durata, che discende direttamente dalla Convenzione
europea dei diritti dell’uomo e dalla Costituzione italiana.
2. Il motivo è fondato e deve essere accolto nei termini che seguono.
Questa Corte ha già avuto modo (v. Cass. n. 5924 del 2012; Cass. n. 5925 del 2012;
Cass. n. 5455 del 2013 e Cass. n. 6981 del 2013) di pronunciarsi più volte in ordine
all’applicabilità del procedimento disciplinato dalla legge n. 89 del 2001 ai
procedimenti introdotti sulla base della legge stessa, per i quali deve ritenersi
predicabile l’operatività del termine ragionevole di durata e del conseguente regime
indennitario in caso di sua violazione.
A tal proposito è stato evidenziato che il giudizio di equa riparazione, che si
svolge presso le Corti di appello ed eventualmente, in sede di impugnazione,
dinanzi a questa Corte, si configura come un ordinario processo di cognizione,
soggetto, in quanto tale, all’esigenza di una definizione in tempi ragionevoli, la
quale deve ritenersi tanto più presente per tale tipologia di giudizi, in quanto
finalizzati proprio all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale
3

artt. 6, paragrafo primo, 13 e 41 della C.E.D.U., nonché dell’art. 111 Cost.

nel giudizio presupposto, la cui lesione genera di per sé una condizione di
sofferenza ed un paterna d’animo che sarebbe eccentrico non riconoscere
anche per i procedimenti regolati dalla legge n. 89 del 2001.

Né appare

condivisibile l’assunto che il giudizio dinanzi alla Corte di appello e l’eventuale

destinato a concludersi dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui nell’ordinamento
interno la parte interessata non ottenga un’efficace tutela dell’indicato diritto
fondamentale, atteso che il procedimento interno rappresenta una forma di tutela
adeguata ed incisiva, sempre che, naturalmente, si svolga esso stesso nell’ambito di
una ragionevole durata.
Del resto in tal senso si è espressa la stessa C.E.D.U., da ultimo con la sentenza 6
marzo 2012, pronunciata nel ric. N. 23563/07 — Gagliano Giorgi c. Italia, che —
richiamando altri precedenti — ha affermato il principio secondo il quale “per
soddisfare le esigenze del <

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