Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17153 del 10/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 17153 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

sentenza con motivazione semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:à di

VENTIMIGLIA Antonio, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Antonio Pizzi,
elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Elisabetta Buldo in Roma, via Trionfale, n. 6551;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro

pro tempo-

re;
– intimato
avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli depositato
in data 23 marzo 2012.

Data pubblicazione: 10/07/2013

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15 maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Pro-

per raccoglimento del ricorso.
Ritenuto che la Corte d’appello di Napoli, con decreto in
data 23 marzo 2012, ha rigettato il ricorso per equa riparazione proposto, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, da
Antonio Ventimiglia per l’eccessiva durata di un procedimento
di esecuzione forzata immobiliare a suo carico, svoltosi dinanzi al Tribunale di Salerno, iniziato con atto di pignoramento immobiliare del 1986 e conclusosi nel luglio 2011;
che la Corte territoriale ha escluso la richiesta riparazione perché il Ventimiglia, debitore esecutato, non si è costituito nella procedura esecutiva immobiliare della quale lamenta la irragionevole durata, sicché, non avendo assunto la
qualità di parte in senso formale, non può pretendere il ristoro del danno non patrimoniale derivante dal ritardo;
che per la cassazione del decreto della Corte d’appello il
Ventimiglia ha proposto ricorso, con atto notificato il 6 novembre 2012, sulla base di un motivo;
che il Ministero non ha resistito con controricorso.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di
una motivazione semplificata;

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curatore Generale dott. Sergio Del Core, il quale ha concluso

che la censura – con la quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione per l’esclusione del danno non patrimoniale in capo al debitore esecutato – è infondata, pur se
deve correggersi la motivazione del decreto impugnato;

per l’irragionevole durata del processo, il danno non patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo, è, anche alla
stregua della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della
violazione del diritto alla ragionevole durata del processo
medesimo, di cui all’art. 6, par. l, della Convenzione europea, a causa dei disagi e dei turbamenti di carattere psicologico che la lesione di tale diritto solitamente provoca alle
parti interessate, onde, pur dovendo escludersi la configurabilità di un danno non patrimoniale

in re ipsa,

ovvero di un

danno automaticamente e necessariamente insito
nell’accertamento della violazione, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo, il giudice deve ritenere l’esistenza
di un simile danno, la quale, però, può essere esclusa, restando così superata la presunzione anzidetta, in presenza di
circostanze particolari che facciano positivamente ritenere
che il danno medesimo non sia stato subito dal ricorrente, come avviene, ad esempio, nell’ipotesi in cui il protrarsi del
giudizio appaia rispondente ad uno specifico interesse della

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che occorre premettere che, in tema di equa riparazione

parte o sia, comunque, destinato a produrre conseguenze che la
stessa parte percepisca come a sé favorevoli;
che è assorbente considerare – come già ritenuto da questa
Corte in fattispecie analoghe (Cass., Sez. VI-2, 15 febbraio

di beni nella comproprietà del debitore esecutato, il quale
non aveva alcun interesse ad un rapido svolgimento della procedura, ed anzi si è avvantaggiato del protrarsi della stessa,
avendo mantenuto,

medio tempore,

il compossesso giuridico di

un bene immobile di cui era contitolare;
che, pertanto, così corretta la motivazione del decreto,
il ricorso deve essere rigettato;
che non vi è luogo a pronuncia sulle spese, perché
l’Amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva in
questa sede.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 15
maggio 2013.

2013, n. 3735) – che nella specie si trattava di pignoramento

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