Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17149 del 16/06/2021
Cassazione civile sez. I, 16/06/2021, (ud. 08/07/2020, dep. 16/06/2021), n.17149
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7035/2019 proposto da:
E.E., elettivamente domiciliato in Ravenna, alla via
Meucci n. 7/D, presso lo studio dell’avv. A. Maestri, che lo
rappresenta e difende per procura unita al ricorso.
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, (OMISSIS);
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il
08/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
08/07/2020 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Bologna ha respinto il ricorso proposto da E.E. cittadino nigeriano, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.
Il richiedente asilo ha riferito di una controversia con lo zio, ricco e potente, che si voleva impossessare di un terreno che aveva ereditato dal padre (di cui aveva smarrito i documenti) fin dal (OMISSIS) in quanto era d’interesse delle compagnie petrolifere; poi, nel (OMISSIS), era dovuto scappare perchè lo zio era riuscito a farlo accusare della morte della mo9lie del ricorrente e perchè lo aveva minacciato in quanto voleva il ricavato della vendita del terreno.
A sostegno della decisione di rigetto, il tribunale ha valutato il racconto del richiedente non credibile (concordando con il giudizio della Commissione territoriale), perchè incoerente e non plausibile. Non sussistono, quindi, ad avviso del tribunale, i motivi di persecuzione che giustificherebbero il riconoscimento dello status di rifugiato, ma neppure i presupposti del riconoscimento della protezione sussidiaria, non essendosi prospettata la ricorrenza di un danno grave derivante da una condanna a morte ovvero dalla sottoposizione a trattamenti inumani. Sulla base delle fonti internazionali, il tribunale ha accertato, altresì, l’assenza di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno o internazionale, in quanto la regione di provenienza del ricorrente (Edo State), è fuori dall’epicentro delle violenze di (OMISSIS). Infine, il tribunale non ha riconosciuto la protezione umanitaria per l’assenza di ragioni di vulnerabilità che precludono il rimpatrio.
Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, nonchè dell’art. 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per il mancato riconoscimento della protezione umanitaria, tenendo conto anche del paese di transito e cioè, la Libia; (ii) sotto un secondo profilo, per omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in riferimento ai presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.
Il primo motivo, è inammissibile, perchè generico, in quanto non censura nessuna ratio decidendi del provvedimento impugnato, ma si consuma in astratte considerazioni di diritto, in generale.
Il secondo motivo è inammissibile, quanto al profilo del dedotto omesso esame di un fatto decisivo, in quanto), il tribunale ha esaminato la materia oggetto di controversia, con motivazione senz’altro al di sopra del “minimo costituzionale”; mentre, è infondato per il resto, in quanto la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine (v. pp. 7 e 8 del ricorso), per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.
La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021