Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17149 del 10/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 17149 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 14631-2012 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende;
– ricorrente contro

D’ANDREA

TERESA

DNDTRS66P42D086C,

elettivamente

domiciliato./ in ROMA, VIA SISTINA,121, presso lo
studio dell’avvocato PANUCCIO ALBERTO,
rappresenta

e

difende

unitamente

che lo

all’avvocato

Data pubblicazione: 10/07/2013

PANUCCIO ROBERTA;

controricorrente

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di
CATANZARO, depositatOil 31/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MANNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 18/04/2013 dal Consigliere Dott. FELICE

IN FATTO
Con ricorso del 15.11.2011 Teresa D’Andrea adiva la Corte d’appello di
Catanzaro per ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento
di un equo indennizzo, ai sensi dell’arf della legge 24 marzo 2001, n.89, in

dell’uomo (CEDU), del 4.11.1950, ratificata con legge n.848/55, per
l’eccessiva durata di un giudizio civile introdotto innanzi al Tribunale di
Reggio Calabria con citazione notificata il 4.9.1991 e definito in secondo
grado dalla Corte d’appello reggina con sentenza del 23.11.2010.
Resisteva il Ministero della Giustizia che eccepiva in via preliminare la
prescrizione decennale della pretesa azionata.
Senza pronunciarsi sull’eccezione, la Corte d’appello di Catanzaro
accoglieva la domanda condannando il Ministero della Giustizia al
pagamento, per il titolo anzi detto, della somma di E 12.250,00.
Per la cassazione di tale decreto ricorre il Ministero della Giustizia,
formulando due mezzi d’annullamento.
Teresa D’Andrea resiste con controricorso.
Il Ministero ha depositato memoria.
Il Collegio ha disposto la redazione della sentenza in forma semplificata.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Col primo motivo d’impugnazione l’Avvocatura generale dello Stato
deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’omessa pronuncia
sull’eccezione di prescrizione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., mentre col secondo
mezzo denuncia- la violazione degli artt. 2934, 2935, 2946 e 1173 c.c., in
relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.
3

relazione all’art.6, paragrafo 1 della Convenzione europea dei diritti

Si richiama, sotto quest’ultimo aspetto, a Cass. n. 4524/10, la quale ha
ritenuto che il diritto di chi ha subito un danno patrimoniale o non
patrimoniale per effetto di violazione della. Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della L. 4

ragionevole di cui all’art. 6, p.1, della Convenzione, ad una equa riparazione,
secondo quanto previsto dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, ha natura
indennitaria e non risarcitoria, e ad esso non è applicabile il termine di
prescrizione breve previsto dall’art. 2947 c.c.
2. – I due motivi, da esaminare congiuntamente, non possono trovare
accoglimento.
La questione della soggezione del diritto all’equo indennizzo per la durata
irragionevole di un processo, ai sensi della legge n. 89/01, alla prescrizione
ordinaria ex art. 2946 c.c., è stata di recente risolta dalle S.U. di questa Corte
con sentenza n. 16783/12, nel senso che la previsione della sola decadenza
dall’azione giudiziale per ottenere l’equo indennizzo a ristoro dei danni subiti
a causa dell’irragionevole durata del processo, contenuta nell’art. 4 della legge
24 marzo 2001, n. 89, con riferimento al mancato esercizio di essa nel termine
di sei mesi dal passaggio in giudicato della decisione che ha definito il
procedimento presupposto, esclude la decorrenza dell’ordinario termine di
prescrizione, in tal senso deponendo non solo la lettera dell’art. 4 richiamato,
norma che ha evidente natura di legge speciale, ma anche una lettura dell’art.
2967 c.c. coerente con la rubrica dell’art. 2964 c.c., che postula la decorrenza
del termine di prescrizione solo allorché il compimento dell’atto o il
riconoscimento del diritto disponibile abbia impedito il maturarsi della
4

agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine

decadenza; inoltre, in tal senso depone, oltre all’incompatibilità tra la
prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la
difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo
alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri

indennitaria e la proliferazione di ini,:i.dve processuali che l’operatività della
prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo
ultradecermale nella definizione del processo.
A tale enunciazione di diritto occorre uniformarsi, ai sensi dell’art. 374,
comma 3 c.p.c., non ravvisandosi, né essendo state dedotte dalla parte
ricorrente nella propria memoria ex art. 378 c.p.c., ragioni per provocare una
nuova e diversa presa di posizione delle S.U. sulla medesima questione.
3. – Il ricorso va pertanto respinto.
4.

L’esistenza del contrasto che ha provocato la rimessione della

questione anzi detta alle S.U., costituisce ragione eccezionale, ai sensi dell’art.
92, comma 2 c.p.. come modificato dall’art. 45, comma 11, legge n. 69/09,
per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente le spese fra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 18.4.2013.

previsti per la sua determinazione, nonché il frazionamento della pretesa

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