Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17148 del 21/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 21/07/2010, (ud. 08/06/2010, dep. 21/07/2010), n.17148

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – est. Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

S.N.C. IDEALCORNICI DI CINGOLANI L. & C., in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Cicerone n. 49, presso lo studio dell’avv. Sveva Bernardini,

rappresentata e difesa dall’avv. SARTORI Torquato;

– controricorrente –

e sul ricorso proposto da:

S.N.C. IDEALCORNICI DI CINGOLANI L. & C., in persona del

legale

rappresentante pro tempore, come sopra elettivamente domiciliata e

rappresentata;

– ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, come

sopra elettivamente domiciliata e rappresentata;

– resistente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale delle Marche, sez. 7^, n. 98, depositata il 21 novembre

2007.

Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere relatore Dott.

Luigi Alessandro Scarano;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3;

udito, per la società controricorrente, l’avv. Ermanno Prastaro;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale FINOCCHI

GHERSI Renato, che ha concluso in adesione alla relazione.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che la società contribuente propose ricorso avverso avviso di accertamento Iva per l’anno 1997, fondato sulla deduzione di costi attestati da fatture, emesse da S.A. Cornici di Somma Anna, ritenute relative ad operazioni inesistenti, e sulla mancata contabilizzazione di costi sostenuti per acquisti effettuati da F.D.;

che l’adita commissione tributaria accolse il ricorso limitatamente alla contestazione relativa alla deduzione di costi attestati da fatture emesse da S.A. Cornici di Somma Anna e la decisione fu confermata dalla commissione regionale, che respinse sia l’appello principale dell’Agenzia sia quello incidentale della società contribuente;

che in merito all’appello dell’Agenzia, il giudice a quo – premesso che “nell’ambito della giurisdizione tributaria, qualunque sia il tipo di accertamento posto in essere, per dimostrare la fondatezza della pretesa in esso contenuta, l’Ufficio deve assolvere l’onere della prova” – ha affermato che, in concreto, l’Agenzia non ha assolto detto onere, avendo offerto plurimi indizi costituenti mera presunzione a fronte di documentazione (bolle di consegna, fatture, cambiali) asseveranti l’obiettività delle contestate transazioni commerciali;

che in merito all’appello della società contribuente, il giudice a quo ha rilevato che la società contribuente non ha provato che l’operazione cambiaria con il F. concerneva, come sostenuto, un prestito e non un acquisto di merce;

rilevato:

– che, avverso la decisione di appello, l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione in due motivi, deducendo “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 28 e 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” nonchè “motivazione insufficiente ed omessa su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”;

– che il primo motivo di ricorso risulta corredato del seguente “quesito di diritto”: “se, in presenza di costi documentati in fattura e contestati dall’Amministrazione in quanto ritenuti relativi ad operazioni inesistenti (rilievo desunto da precisi e gravi elementi di fatto, incentrati tra l’altro sulla dichiarazione della titolare della ditta apparente tornitrice del servizio, “S.A. CORNICI” di SOMMA Anna, che La società non aveva di fatto mai avviato alcuna attività; sulla assenza della società nella sede dichiarata e sulla assenza di qualsiasi riscontro contabile attestante lo svolgimento di una attività imprenditoriale da parte di tale ultima società) violi l’art. 2697 c.c., nonchè il D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 28 e 54, la sentenza della C.T.R. attestante che “l’ufficio non ha fornito la prova della contestata inesistenza dell’operazione”, mentre le norme anzidette (correttamente intese nel senso di precludere all’Amministrazione solo una contestazione generica delle veridicità delle fatture, riportando però in capo al contribuente l’onere della prova della effettiva esecuzione delle operazioni, quando l’Amministrazione abbia corredato la propria pretesa con idoneo supporto probatorio) avrebbe imposto di considerare che nel caso in esame la contestazione dell’Amministrazione non era generica ma corredata di idoneo supporto probatorio (considerata in particolare la dichiarazione della legale rappresentante della società fornitrice che tale ultima società non aveva mai di fatto avviato l’attività), sicchè ciò comportava che l’onere della prova della effettiva esecuzione delle operazioni esposte in fattura tornasse a carico della contribuente”;

che il secondo motivo di ricorso risulta corredato del seguente “momento di sintesi”: “in ordine al punto decisivo della controversia costituito dall’accertamento della veridicità delle operazioni contabili ritenute dall’Ufficio inesistenti, la motivazione della C.T.R. appare del tutto insufficiente, se non addirittura omessa, in quanto da un lato si limita a liquidare genericamente come non significativi gli elementi presuntivi addotti dall’Ufficio (incentrati tra l’altro sulla dichiarazione della titolare della ditta apparente tornitrice del servizio, “S.A. CORNICI” di SOMMA Anna, che la società non aveva di fatto mai avviato alcuna attività; nonchè sulla assenza della società nella sede dichiarata e sulla assenza di qualsiasi riscontro contabile attestante lo svolgimento di una attività imprenditoriale da parte di tale ultima società), d’altra parte afferma – sempre immotivatamente – che invece gli elementi addotti dalla contribuente (bolle di accompagnamento, fatture assegni ecc.) sarebbero invece veritieri, omettendo peraltro anche di effettuare una doverosa prudente valutazione comparativa degli stessi rispetto agli indizi proposti dall’Ufficio, onde verificare la loro idoneità al fine di neutralizzare la catena indiziaria convergente in senso contrario verso la inesistenza delle operazioni economiche in esame”; rilevato inoltre:

che la società contribuente ha resistito con controricorso ed articolato tre motivi di ricorso incidentale, deducendo: a) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, in relazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; b) violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 c.c., D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; c) violazione e falsa applicazione del D.L. n. 357 del 1994, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

che il primo motivo del ricorso incidentale risulta corredato del seguente “quesito di diritto”: “… se, in riferimento al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5, se a seguito di una verifica generale che fonda i propri rilievi sulla base di presunzioni, sia legittimo l’utilizzo dell’ accertamento parziale, che fonda i propri presupposti sulla base di elementi di fatto certi, elementari e difficilmente confutabili e non su un iter accertativo complesso ed articolato”;

che il secondo motivo del ricorso incidentale risulta corredato del seguente “quesito di diritto”:

“… se in riferimento al principio generale dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., e da quello delle presunzioni semplici ai sensi dell’art. 2729 c.c., in riferimento al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, sia consentito effettuare la rettifica degli importi IVA indicati dal contribuente sulla base di presunzione posta in forma dubitativa e sìa consentita l’inversione dell’onere della prova”;

che il terzo motivo del ricorso incidentale risulta corredato del seguente “quesito di diritto”: “… se, in corretta applicazione del D.L. 10 giugno 1994, n. 357, art. 7, è ammissibile il recupero dell’importo Iva per fatture non trascritte sull’apposito registro alla data dell’accertamento, ma contemplate nell’apparato meccanografico del libro giornale aziendale alla data della verifica;

e se il principio enunciato dalla norma sopra richiamata applicato ai fini Ilor sia per analogia applicabile anche ai fini Iva”;

osservato:

che il ricorso dell’Agenzia (cui, peraltro, risulta contestualmente allegato il fascicolo di parte delle fasi di merito, in ossequio alla previsione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) non è censurabile sul piano dell’autofficienza;

che infatti – in disparte le soprariportate sintesi sviluppate in ottemperanza alle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c., già di per sè diffuse e pressochè esaustive – il ricorso reca, nel suo contesto, puntuale descrizione delle circostanze, risultanti dal p.v.c., asseritamente trascurate nella motivazione del giudice del gravame (in particolare: il riconoscimento reso ai verbalizzanti della titolare di “S.A. CORNICI”, emittente delle fatture ritenute relative ad operazioni inesistenti, che l’impresa non avrebbe mai concretamente operato; l’assenza di qualsiasi registrazione nelle scritture contabili di detta impresa) monche l’indicazione del luogo di relativa deduzione (“pag. 5 dell’atto di appello dell’Agenzia”);

considerato:

– che i motivi del ricorso dell’Agenzia, che per la stressa connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono manifestamente fondati;

che, infatti, questa Corte ha reiteratamente puntualizzato che la fatturazione fittizia ingenera una presunzione di corrispondente indebito vantaggio economico che è onere del contribuente superare e che – qualora l’Amministrazione fornisca validi elementi, anche di mera presunzione purchè specifici, atti ad asseverare che alcune fatture sono state emesse per operazioni inesistenti – è onere del contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni medesime (cfr. Cass. 21953/07, 1727/07);

– che la decisione impugnata non risulta ispirata al richiamato criterio, giacchè, invece, pone l’onere della prova dell’inesistenza della operazioni tout court a carico dell’Agenzia e comunque, così come dedotto dall’Agenzia, non prende minimamente in considerazione, al fine della comparazione con le circostanze ritenute favorevoli alla società contribuente, significativi elementi di fatto di opposto tenore (l’affermazione della titolare dell’impresa emittente delle fatture ritenute relative ad operazioni inesistenti, secondo cui detta impresa non sarebbe mai stata operativa; l’assenza di qualsiasi registrazione nelle scritture contabili dell’impresa medesima), ritualmente portate dall’Agenzia, allora appellante, all’attenzione della commissione regionale;

osservato:

che i motivi del ricorso incidentale della società contribuente sono inammissibili per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c.;

che infatti, ai sensi della disposizione indicata, il quesito inerente ad una censura in diritto – dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente generico e teorico ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v. Cass. S.U. 3519/08);

ritenuto:

– che pertanto, previa relativa riunione ex art. 335 c.p.c. (e nonostante il diverso tenore della relazione: cfr. Cass. 7433/09, 5464/09) il ricorso principale dell’Agenzia va accolto e quello incidentale dell’Agenzia va dichiarato inammissibile, nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che la sentenza impugnata va, dunque, cassata, in relazione al ricorso accolto, con rinvio della causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale delle Marche.

P.Q.M.

la Corte: riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale dell’Agenzia e dichiara inammissibile quello della società contribuente; cassa, in relazione, la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale delle Marche.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2010

 

 

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