Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17146 del 14/08/2020

Cassazione civile sez. I, 14/08/2020, (ud. 10/07/2020, dep. 14/08/2020), n.17146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

K.S.M., rappr. e dif. dall’avv. Mario Perlina, e l’avv.

(Ndr: testo originale non comprensibile) del foro di Parma,

mario.perlina.pecstudio.it elett. dom. presso lo studio dello stesso

in Parma, Borgo Giacomo Tommasini n. 8, come da procura in calce

all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

per la cassazione del decreto Trib. Bologna 4.3.2019, in R.G.

3388/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro alla camera di consiglio del 10.7.2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. K.S.M. impugna il decreto Trib. Bologna 4.3.2019, in R.G. 3388/2018 che ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale, la quale aveva escluso i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria e altresì quella umanitaria con concessione del permesso di soggiorno;

2. il tribunale ha così ritenuto: a) tardiva la proposizione del ricorso avverso la decisione di manifesta infondatezza resa dalla Commissione territoriale il 22.1.2018, notificata il 5.2.2018 ma impugnata solo il 6.3.2018, in violazione del dimidiato termine (15 giorni) previsto in tal caso dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis, comma 2 ult.parte, stante la non pertinenza delle ragioni della richiesta con le questioni legittimanti le domande di protezione ai sensi dell’art. 28bis, comma 2 D.Lgs. cit.; b) insussistenti i presupposti per la rimessione in termini, invocata per la dedotta tardività della comunicazione della Commissione al difensore da parte della struttura di accoglienza; c) infondato nel merito il ricorso per non avere la domanda allegato ragioni di persecuzione o rischi di grave danno al rientro, nè sussistendo violenza generalizzata in Bangladesh, Paese di provenienza; d) infondato il diritto alla protezione umanitaria, stante il carattere non decisivo della sola integrazione sociale, peraltro modesta e comunque la mancata prova di uno stato di vulnerabilità, anche alla luce della sussistenza ancora di legami e riferimenti familiari nel Paese di origine;

3. il ricorso descrive due motivi di censura.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1.con il primo motivo si contesta la valutazione di tardività dell’impugnazione, poichè l’applicato D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28bis invero si riferisce solo ai casi di procedura accelerata di cui al comma 1, che la Commissione non aveva seguito e dunque neanche il comma 2 trova luogo; con il secondo motivo si censura il diniego di rimessione in termini, per buona fede del ricorrente, al quale non poteva essere comprensibile la menzione del termine di 15 giorni, indicata nel provvedimento di rigetto ma nella sola lingua italiana, al medesimo soggetto sconosciuta, mentre nelle traduzioni in calce era riportato, in altre lingue, il termine ordinario di 30 giorni;

2.il primo motivo è infondato, alla luce del principio, già recentemente applicato anche da Cass. 7880/2020, per cui – più persuasivamente di quanto ritenuto da Cass. 7520/2020 in maniera meno specificamente argomentata – ai fini dell’applicazione del termine ridotto è sufficiente che il provvedimento della commissione territoriale sia riferito a una delle ipotesi di cui all’art. 28 bis, comma 2, cit. (nella specie si trattava di inammissibilità della domanda reiterata ai sensi dell’art. 29, comma 1, lett. b), all’epoca dei fatti ancora prevista alla lett. b) del comma 2 dell’art. 28 bis, nel testo anteriore alla modifica introdotta dal D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, conv., con modif., in L. 1 dicembre 2018, n. 132); va peraltro aggiunto che, a tenore non contestato del decreto (pag.2), la “questione è stata posta all’attenzione delle parti all’udienza del 12.2.2019”, in piena osservanza al principio del contraddittorio sul rilievo cui stava procedendo doverosamente il tribunale ed essa si fonda sul contenuto di “manifesta infondatezza” assunto dal provvedimento della commissione territoriale;

3.ciò che rileva, ai fini di causa, è che il contenuto decisorio, ove la formula provvedimentale risulti chiaramente coordinata con una delle ragioni che la sorreggano per espressa previsione normativa, sia chiaramente identificabile quale manifesta infondatezza, da ciò direttamente discendendo il regime accelerato della impugnazione successiva avanti al giudice; non è invero dirimente che sia stata adottata anche una “procedura accelerata”, istituto affatto autonomo, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28bis, comma 1, cioè una istruttoria ed una trattazione più brevi nel procedimento amministrativo (previste sulla base altresì di differenti circostanze e comunque da esaurire in termini che, oltre ad essere – nelle stesse vicende – raddoppiabili, sono comunque ordinatori), poichè il dimezzamento dei termini, quale fissato dal cit. art. 35bis, comma 2 ult. periodo, opera un diretto rinvio alle selezionate ipotesi dell’art. 28bis, comma 2, concernendo piuttosto il solo regime impugnatorio dell’atto conclusivo adottato dalla commissione territoriale;

4. il secondo motivo è inammissibile, apparendo dal decreto – secondo una ratio decidendi non contestata – che la restituzione in termini era stata prospettata avanti al tribunale per la dedotta tardività nella comunicazione della decisione della commissione al difensore, a fronte di una censura odierna fondata su altra circostanza, e cioè l’avvertimento della impugnabilità entro 15 giorni scritto solo in lingua italiana; nè il ricorrente ha riportato, almeno in modo essenziale, un diverso contenuto delle proprie difese di merito, mettendo la Corte in condizione di controllarne pertinenza, tempestività e completezza, così risolvendosi la questione ora introdotta in un profilo inammissibilmente contrassegnato da novità;

il ricorso va dunque rigettato; sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

PQM

la Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2020

 

 

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