Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17139 del 14/08/2020

Cassazione civile sez. I, 14/08/2020, (ud. 07/02/2020, dep. 14/08/2020), n.17139

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4882/2019 proposto da:

O.M., elettivamente domiciliato in Campobasso Via Mazzini

112 presso lo studio dell’Avv.to Ennio Cerio giusta procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– resistente –

avverso, l’ordinanza del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il

27/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/02/2020 da MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Campobasso, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 27/12/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Salerno in ordine alle istanze avanzate da O.M. nato in Nigeria il 28/12/1992, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo, proveniente dalla Nigeria, aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese in quanto sebbene laureato in farmacia non riusciva a lavorare e non aveva mezzi economici di sostentamento.

Il Tribunale ha rigettato il ricorso, con il quale era stata impugnata la decisione della Commissione per difetto di traduzione in lingua nota al ricorrente ed era stato chiesto il riconoscimento della protezione umanitaria, ritenendo irrilevante l’omessa traduzione ed abrogato l’istituto della protezione umanitaria a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, conv. In L. 1 dicembre 2018, n. 132.

Avverso il decreto del Tribunale di Campobasso il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme processuali e violazione degli artt. 50, bis, 50 ter e 50 quater c.p.c., perchè il Tribunale ritenendosi erroneamente competente anche in materia di protezione umanitaria, in quanto cumulata nello stesso ricorso ai temi tipici della protezione internazionale e sussidiaria tutelabili con il procedimento D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, ha deciso in composizione collegiale e con rito camerale anche la domanda di protezione umanitaria, soggetta al rito ordinario di cognizione, sebbene il ricorso fosse stato proposto ex art. 702 bis c.p.c., così provocando in modo abnorme la perdita di un grado di giudizio di merito in danno del ricorrente. Sarebbe stato così arrecato un vulnus irrimediabile al diritto di difesa del ricorrente e si sarebbe omesso di procedere all’adempimento del dovere di cooperazione officiosa.

Il motivo è infondato.

Questa Corte a effettivamente avuto occasione di chiarire che, allorquando il ricorso proposto davanti alla sezione specializzata del tribunale in materia di protezione internazionale abbia ad oggetto la sola richiesta di protezione umanitaria, ai sensi dell’art. 5, comma 6, t.u.imm., non trova applicazione il rito camerale collegiale disciplinato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, bensì trova applicazione la regola generale, in base alla quale il ricorrente può avvalersi del rito ordinario monocratico, ai sensi dell’art. 281 bis c.p.c., oppure, ricorrendone i presupposti, del rito sommario, parimenti monocratico, di cui all’art. 702 bis c.p.c. e ss. (Cass. 9658/2019, 16458/2019).

Ha tuttavia chiarito, altresì, che tale regola non trova applicazione allorchè la domanda di protezione umanitaria sia proposta contestualmente a quella di protezione internazionale mediante gli istituti tipici dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, prevalendo in tal caso il rito camerale collegiale di cui all’art. 35 bis, cit., in ragione della profonda connessione tra le distinte domande e della prevalenza della composizione collegiale del tribunale in forza del disposto di cui all’art. 281 nonies c.p.c., (Cass. 9658/2019, cit.).

La tesi del ricorrente è che egli ha però espressamente limitato la propria domanda, davanti al tribunale, alla sola protezione umanitaria. Non potrebbe utilizzarsi, pertanto, l’argomento basato sulla connessione con le domande di protezione internazionale nelle forme tipiche dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria.

Sennonchè tale considerazione è tutt’altro che decisiva. Come risulta dal decreto impugnato e non è smentito nel ricorso per cassazione, il ricorso al tribunale era stato proposto quale impugnazione del provvedimento della commissione territoriale di diniego di protezione internazionale nonchè del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Ciò è sufficiente a giustificare l’applicazione del rito collegiale di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, introdotto dal D.L. n. 13 del 2017, ed applicabile ratione temporis nel caso di specie. Infatti tale rito si applica alle “controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti previsti dall’art. 35” del medesimo D.Lgs. n. 25 del 2008, e dunque a quelle, tra le altre, introdotte con ricorso “avverso la decisione della Commissione territoriale” (art. 35, comma 1, cit.), come è avvenuto nel caso in esame. Poichè il ricorso al tribunale era rivolto, appunto, avverso il provvedimento di diniego di protezione emesso dalla Commissione, il rito da seguire non poteva essere che quello disciplinato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, cit., a nulla rilevando la circostanza che il ricorrente invocasse la sola protezione umanitaria. Anche il diniego di quest’ultima, infatti, rientrava nel provvedimento della commissione, da impugnare necessariamente davanti al giudice nel termine di decadenza previsto dalla legge.

E infatti Cass. 16458/2019, cit., che ha cassato il decreto del tribunale monocratico avente ad oggetto la sola protezione umanitaria, riguarda una fattispecie in cui il ricorso giurisdizionale aveva ad oggetto una richiesta di protezione umanitaria rivolta direttamente al tribunale, e non già l’impugnazione di un provvedimento di diniego della commissione territoriale.

Si consideri inoltre che il D.L. n. 113 del 2018, modificando il D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 1, sulla competenza delle sezioni specializzate, ha riformulato la lett. d) (da “per le controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria nei casi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3”, a “per le controversie in materia di rifiuto di rilascio, diniego di rinnovo e di revoca del permesso di soggiorno per protezione speciale nei casi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3”) e ha introdotto nel medesimo comma la lett. d-bis), che prevede la competenza delle sezioni specializzate “per le controversie in materia di rifiuto di rilascio, diniego di rinnovo e di revoca del permesso di soggiorno per protezione speciale nei casi di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, artt. 18 e 18 b0is, art. 19, comma 2, lett. d) e d-bis), art. 20 bis, art. 22, comma 12 quater”. Con ciò il legislatore mostra chiaramente che ha Inteso tenere distinti i ricorsi impugnatori dei provvedimenti delle commissioni territoriali, contemplati all’art. 1, comma 3, lett. c), cit., dagli altri ricorsi non consistenti in impugnazioni dei detti provvedimenti, bensì intesi a richiedere direttamente al tribunale, senza passare per la commissione territoriale, le forme di tutela umanitaria previste alla lett. d), come riformulata, e alla lett. d-bis) introdotta ex novo, prevedendo per queste ultime l’adozione del rito sommario di cognizione come disciplinato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19 ter, introdotto dallo stesso D.L. n. 11 del 2018, peraltro davanti al tribunale in composizione collegiale.

Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto perchè il Tribunale ha ritenuto applicabile il D.L. n. 113 del 2018, convertito in L. 1 dicembre 2018, n. 132, in quanto vigente al momento della decisione e non il regime antecedente vigente all’atto di proposizione della domanda.

Giova ricordare che l’art. 32, comma 3, D.Lgs. n.25/2008 prima delle modifiche apportate dal D.L. n. 113/2018, convertito nella L. n. 132/2018, che ha tipizzato i casi di rilascio di permesso di soggiorno per “protezione speciale” – prevedeva che la Commissione territoriale, nei casi in cui non avesse accolto la domanda di protezione internazionale e ricorressero i necessari presupposti, trasmettesse gli atti al questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Quanto alla disciplina transitoria, questa Corte a Sezioni Unite, con la sentenza n. 29460 del 13/11/2019, ha precisato che la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari dettata dall’art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 286 del 1998 e dalle altre disposizioni consequenziali, sostituendola con la previsione di casi speciali di permessi di soggiorno, non trova applicazione in relazione alle domande di riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della nuova legge, le quali devono essere scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione, ma in tale ipotesi l’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, valutata in base alle norme esistenti prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2008, convertito nella L. n. 132 del 2018, comporterà il rilascio del permesso di soggiorno “per casi speciali” previsto dall’art. 1, comma 9, del suddetto decreto legge.

Poichè nella fattispecie trova applicazione la predetta disciplina transitoria, il motivo va accolto ed il decreto impugnato va cassato con rinvio al Tribunale di Campobasso in diversa composizione, il quale si atterrà al principio di diritto sopra indicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Campobasso in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 7 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2020

 

 

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