Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17138 del 21/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 21/07/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 21/07/2010), n.17138

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1878-2009 proposto da:

D.M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO

97, presso lo studio dell’avvocato LEONE GENNARO, che lo rappresenta

e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro-tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 399/2007 della Commissione Tributaria

Regionale di ROMA del 20.11.07, depositata il 13/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MERONE.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. VINCENZO MARINELLI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio:

Letti gli atti del ricorso specificato in epigrafe;

Vista e condivisa la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. nella quale si legge:

“- che il sig. D.M.F. ha impugnato un avviso di accertamento con il quale i competente ufficio finanziario ha determinato induttivamente, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38. il reddito del contribuente in considerazione della spesa effettuata nel 1998 per acquistare un locale commerciale da adibire a pizzeria, spalmando tale reddito sui cinque anni precedenti oltre l’anno dell’acquisto;

– che la commissione tributaria regionale ha accolto in parte il ricorso del contribuente riducendo la somma recuperata a tassazione dell’ammontare del mutuo contratto dal D.M.:

– che lo stesso D.M. ricorre per la cassazione della sentenza dei giudici di appello per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, prospettando alla Corte il seguente quesito di diritto: “se sussiste violazione del disposto di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 ove sia ritenuta applicabile la presunzione di reddito in capo a contribuente clic risulti non avere svolto alcuna attività produttiva di reddito negli anni precedenti lo accertamento e se tale circostanza non serva a superare la relativa presunzione sullo accertamento induttivo”:

– che il quesito da per scontato che, in punto di l’atto, sia stato accertato che negli anni in questione il contribuente non aveva prodotto alcun reddito, mentre invece la CTR si limita ad affermare che il D.M. non ha Tornito la prova per superare la presunzione stabilita dall’art. 38, comma 5, secondo la quale “Qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei cinque precedenti”;

– che secondo la giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’acquisto di beni immobili a titolo oneroso costituisce un indizio sufficiente ai fini della determinazione sintetica del reddito ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 4″ (Cass. 19647/2009);

– che la censura relativa al preteso vizio di motivazione e inammissibile perchè privo del relativo quesito-sintesi (Cass. 2652/2008) e perchè comunque non è autosufficiente, non avendo il ricorrente chiarito come e quando avrebbe dimostralo che lino all’acquisto del locale in questione non aveva svolto attività lavorativa;

– che, quindi, in parie è inammissibile ed in parte è manifestamente infondato e quindi va deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1”;

Considerato che la discussione in camera di consiglio non ha apportato nuovi elementi di valutazione e che, pertanto, il ricorso va rigettato, con aggravio di spese a carico del ricorrente, liquidate come da dispositivo, per il principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2100,00, di cui Euro 2000,00, per onorario, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2010

 

 

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