Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17137 del 17/08/2016


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Cassazione civile sez. I, 17/08/2016, (ud. 25/01/2016, dep. 17/08/2016), n.17137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6067/2011 proposto da:

T.F., (C.F. (OMISSIS)), NUOVA ERA S.A., in persona dei

legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 54, presso l’avvocato FRANCESCO TROTTA,

che li rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

INTESA SANPAOLO S.P.A., (P.I. (OMISSIS)), già BANCA INTESA S.P.A.

(denominazione assunta a seguito di fusione per incorporazione del

SANPAOLO IMI S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 5, presso

l’avvocato ELENA VACCARI, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANDREA MAGLIANI, VALERIA MAZZOLETTI, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

C.I., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 50/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2016 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato F. TROTTA che si riporta;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato A. MAGLIONI che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p.1. – T.F. e due società di cui egli era socio di riferimento, Nuova Era S.a. e Holding 99 S.r.l., hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano Banca Intesa S.p.A., poi Intesa Sanpaolo S.p.A., addebitando a quest’ultima per un verso di avere ceduto a Banca Popolare di Lodi S.c.a.r.l. il proprio credito vantato nei confronti degli attori, con le relative garanzie accessorie e, per altro verso, di essersi resa inadempiente de contratto di mandato stipulato con la stessa convenuta al fine di ricercare un partner finanziario strategico da coinvolgere in un’operazione economica che il T. e le due società avevano intrapreso.

In breve, la vicenda posta dagli originari attori a fondamento della domanda può essere così riassunta. Nel 1999 il T. aveva acquistato un pacchetto azionario di Area S.p.A. attraverso un finanziamento di 183 miliardi di Lire, garantito dal pegno della quasi totalità del pacchetto, finanziamento ottenuto dalla allora Banca Commerciale S.p.A. (poi Banca Intesa S.p.A., poi Intesa Sanpaolo S.p.A.), con l’intento di collocare la società in borsa e rimborsare in tal modo il finanziamento ottenuto, mantenendo nondimeno il controllo della società medesima. Il collocamento in borsa, tuttavia, non aveva potuto aver luogo, e per questo neppure aveva potuto essere effettuato il rimborso del finanziamento, sicchè, l’8 febbraio 2002 ed il 26 marzo 2002, Area S.p.A. prima ed il T. poi, per sè e per le due citate società, avevano conferito a Banca Intesa S.p.A. l’incarico di ricercare uno o più partner ai quali aprire il capitale di Area S.p.A., il cui gruppo, secondo i ricorrenti odierni, avrebbe avuto all’epoca un valore compreso tra i 260 ed i 400 milioni di Euro. Al contrario, solo pochi mesi dopo, nell’ottobre 2002, Banca Intesa S.p.A. aveva ridimensionato il valore di stima del menzionato gruppo, determinato in 140 milioni di Euro ed aveva prospettato al T. un’operazione, che non comportava per lui alcun vantaggio, così congegnata: Banca Popolare di Lodi S.c.a.r.l. sarebbe entrata nel capitale sociale della sola Area Banca, cioè dell’asset più rilevante tra quelli detenuti da Area S.p.A., valutato 80 milioni di Euro, e ciò attraverso un aumento di capitale di 20 milioni di Euro da sottoscriversi in misura paritaria da Banca Popolare di Lodi S.c.a.r.l. e Banca Intesa S.p.A.. A fronte del diniego del T., che ambiva ad offerte di valore ben superiore, Banca Intesa S.p.A. si era avvalsa della clausola risolutiva espressa contenuta nei contratti di finanziamento, chiedendo l’immediato rientro e recedendo altresì dal contratto di mandato finalizzato alla ricerca di un partner da coinvolgere nell’operazione.

Dopodichè Banca Intesa S.p.A. – sulla base di un accordo che secondo i ricorrenti sarebbe stato già concluso in epoca precedente, quando il contratto di mandato stipulato con Banca Intesa S.p.A. era ancora in corso – aveva ceduto a Banca Popolare di Lodi S.c.a.r.l. il proprio credito nei confronti di T.F., Nuova Era S.a. Holding 99 S.r.l., con le garanzie di cui si è detto. Nell’agosto 2004 era infine stato stipulato un accordo transattivo che aveva comportato il trasferimento del già ricordato pacchetto azionario alla Banca Popolare di Lodi S.c.a.r.l. con contestuale rinuncia da parte della Banca al credito vantato verso gli attori. Secondo gli attori, in definitiva, Banca Intesa S.p.A. avrebbe ordito una manovra volta a far transitare la titolarità del pacchetto azionario, dietro l’esborso di un importo di gran lunga inferiore al suo valore effettivo, da essi a Banca Popolare di Lodi S.c.a.r.l..

Gli attori hanno dunque chiesto la condanna della convenuta al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, nonchè la dichiarazione di risoluzione ovvero l’annullamento dei contratti di opzione di vendita relativi alle azioni offerte ai dipendenti e promotori del gruppo Area sottoscritti dal T. personalmente o quale legale rappresentante di Holding 99 S.r.l..

p.2. – La convenuta si è costituita in giudizio resistendo alla domanda e formulando eccezione di incompetenza del Tribunale in ordine alla domanda di risoluzione ovvero di annullamento dei contratti di opzione di vendita.

p.3. – Alla causa introdotta da T., Nuova Era S.a. e Holding 99 S.r.l. è stata riunita altra causa promossa da C.I., + ALTRI OMESSI

p.4. – Il Tribunale di Milano, con sentenza del 14 febbraio 2007, ha rigettato la domanda spiegata dagli attori in dipendenza della cessione del credito e dei relativi accessori; ha dichiarato la loro carenza di legittimazione attiva in relazione alla domanda concernente l’inadempimento del contratto di mandato; ha rigettato la domanda di risarcimento del danno dai medesimi spiegata; ha dichiarato la propria incompetenza per territorio sulla domanda di risoluzione per inadempimento ovvero annullamento dei contratti di opzione di vendita; ha disatteso la domanda proposta nel secondo giudizio riunito al primo.

p.5. – T.F., Nuova Era S.a. Holding 99 S.r.l. hanno proposto appello.

Tanto Intesa Sanpaolo S.p.A., già Banca Intesa S.p.A., quanto C.I. e gli altri attori del secondo giudizio precedentemente indicati hanno resistito e proposto appello incidentale.

6. – La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 18 gennaio 2010, numero 50, ha disatteso tutte le impugnazioni proposte confermando la sentenza impugnata e regolando le spese di lite.

In particolare, per quanto ancora rileva:

i) quanto all’assunto degli appellanti, secondo cui la transazione intercorsa con Banca Popolare di Lodi S.c.a.r.l. non avrebbe avuto luogo ove Banca Intesa S.p.A. avesse onorato gli impegni assunti ovvero avesse manifestato per tempo al T. le proprie intenzioni, con la conseguenza che egli si era trovato stretto della morsa delle richieste di rimborso, la Corte di merito ha osservato che tale morsa si sarebbe verificata anche in assenza della cessione dei crediti con le relative garanzie, sicchè nessun nesso di causalità poteva stabilirsi tra la condotta addebitata alla originaria convenuta e la transazione infine conclusa, a condizioni ipoteticamente svantaggiose, con Banca Popolare di Lodi S.c.a.r.l.;

ii) in ogni caso, secondo la Corte d’appello, la scelta della transazione era stata effettuata volontariamente, giacchè, ove effettivamente il T. avesse ritenuto che il pacchetto azionario avesse un valore superiore rispetto a quello ricavato per effetto dell’accordo transattivo intercorso con Banca Popolare di Lodi S.c.a.r.l., avrebbe avuto la possibilità di non transigere per far vendere le azioni all’asta, così da ottenere il loro effettivo valore, sicchè, in definitiva, doveva escludersi che gli attori avessero subito una qualsiasi conseguenza dannosa dall’asserito inadempimento della banca in ordine alla cessione dei crediti pignoratizi;

iii) la sentenza impugnata, dopo aver riconosciuto che gli attori erano legittimati a dolersi dell’inadempimento del contratto di mandato stipulato con Banca Intesa S.p.A., ha però ritenuto che nessuna prova vi fosse di un complotto ordito da quest’ultima società, non risultando anzitutto dimostrato che il valore del Gruppo Area fosse ricompreso tra i 260 e 400 milioni di Euro, mentre la tesi difensiva di Banca Intesa S.p.A., secondo cui essa era stata indotta dalla mancanza di offerte a spingere il T. ad abbassare il tiro delle sue pretese, trovava riscontro nel fatto obiettivo della mancanza di offerte corrispondenti ai valori indicati dagli attori, i quali, d’altro canto, non avevano trovato nessuno disposto ad investire nell’operazione in questione, neppure nell’arco temporale di circa sei mesi intercorso tra la cessazione del mandato e la cessione del credito, avvenuta il 2 luglio 2003;

iv) sebbene Banca Intesa S.p.A. – ha ancora osservato la Corte d’appello – non avesse ammesso di aver condotto trattative relative alla cessione del credito nei confronti del T. nella vigenza del mandato, come invece quest’ultimo e le sue società avevano sostenuto, la circostanza che le trattative per la cessione dei crediti fossero iniziate durante lo svolgimento del contratto di mandato risultava provata dal verbale della riunione del consiglio di amministrazione di Banca Intesa S.p.A. del 17 dicembre 2002, ma, pur costituendo l’intavolamento delle trattative un inadempimento del contratto di mandato, per avere essa agito in conflitto di interessi senza dare ai mandatari la comunicazione prevista dall’articolo 6 del contratto, mancava il nesso di causalità tra l’accertato conflitto di interessi e il danno lamentato e, anzi, gli attori non avevano neppure allegato in qual modo la conoscenza del conflitto di interessi, di cui essi avrebbero dovuto essere informati in dipendenza del citato art. 6, avrebbe loro consentito di evitare la morsa costituita dalle richieste di rimborso dei finanziamenti e dall’escussione dei pegni, per effetto delle quali si erano determinati ad accettare la transazione.

p.7. – T.F. e Nuova Era S.a. hanno proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo illustrato da memoria.

Intesa Sanpaolo S.p.A. ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

C.I., + ALTRI OMESSI # non hanno spiegato difese in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.8. – Il ricorso contiene un solo motivo svolto da pagina 25 a pagina 33 sotto la rubrica: “omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5”.

Secondo i ricorrenti la Corte d’appello, oltre ad essersi contraddetta, in un primo tempo sostenendo che essi non avessero provato l’inizio delle trattative per la cessione dei crediti in pendenza dell’esecuzione del contratto di mandato e, successivamente, affermando l’esatto contrario, non aveva tenuto conto del fatto che il mandato alla ricerca del partner che acquisisse parte del pacchetto di controllo di Area Banca era stato conferito in esclusiva, di guisa che, quand’anche il T. avesse individuato una controparte interessata, quest’ultima avrebbe dovuto necessariamente negoziare con Banca Intesa S.p.A.. D’altro canto, la sentenza impugnata era incorsa in errore anche nell’affermare che lo stesso T. non era riuscito a trovare alcun interessato nel semestre intercorso tra la cessazione del mandato e la cessione del credito, giacchè il mancato reperimento del partner strategico sarebbe stato da addebitare proprio all’accordo già intercorso tra Banca Intesa S.p.A. e Banca Popolare di Lodi S.c.a.r.l., accordo ignoto al T., ma pressocchè di dominio pubblico negli ambienti finanziari.

Sicchè, in definitiva, la Corte d’appello aveva errato nell’escludere la sussistenza del nesso di causalità tra l’inadempimento del mandato da parte di Banca Intesa S.p.A. ed il danno patrimoniale subito dagli attori.

p.9. – Il motivo è inammissibile.

Anche a non voler considerare che non è logicamente concepibile che una stessa motivazione possa essere, come vorrebbero i ricorrenti, quanto allo stesso fatto decisivo, contemporaneamente illogica, nonchè contraddittoria, e, ancora, insufficiente, mentre è onere del ricorrente precisare quale sia, in concreto, il vizio della sentenza, non potendo tale scelta (a norma dell’art. 3 Cost., e del principio inderogabile della terzietà del giudice) essere rimessa al giudice (tra le tante, a partire da Cass. 26 gennaio 2004, n. 1317, v. le motivazioni di Cass. 14 giugno 2007, n. 13954; Cass. 19 gennaio 2010 n. 713; Cass. 1 aprile 2011, n. 7575; Cass. 18 giugno 2014, n. 13889; Cass. 24 giugno 2014, n. 14322; Cass. 16 ottobre 2014, n. 21953; Cass. 3 novembre 2014, n. 23361; Cass. 24 novembre 2014, n. 24938; Cass. 24 novembre 2014, n. 24939), l’inammissibilità della doglianza discende dalle ulteriori considerazioni che seguono:

i) il rigetto della domanda risarcitoria avanzata dagli odierni ricorrenti per cassazione, T.F. e Nuova Era S.a. si fonda, tra le altre, su una ratio decidendi la quale si riassume in ciò, che l’inadempimento del contratto di mandato intercorso tra le parti, posto in essere da Banca Intesa S.p.A., oggi intesa Sanpaolo S.p.A., per aver intrattenuto trattative con Banca Popolare di Lodi S.c.a.r.l. quando l’esecuzione di tale mandato era ancora in corso, omettendo di comunicare ai mandanti, come l’art. 6 dello stesso contratto avrebbe richiesto, il conflitto di interessi perciò insorto (mentre nulla più si dice della condotta consistita nella cessione dei crediti assistiti da garanzia reale a Banca Popolare di Lodi S.c.a.r.l.), non risultava aver cagionato alcun danno agli attori, non essendo stato dagli stessi comprovato che il pacchetto azionario da essi trasferito a Banca Popolare di Lodi S.c.a.r.l. avesse un valore superiore al vantaggio patrimoniale conseguito da T. e Nuova Era S.a. (oltre che da Holding 99 S.r.l., società che in ricorso, a pagina 18, si dice essere stata medio tempore liquidata) per mezzo del trasferimento, a corrispettivo del quale il T. aveva ottenuto l’estinzione del suo debito; a fronte di tale motivazione di per sè sufficiente a sorreggere la decisione adottata, l’ulteriore segmento motivazionale concernente il difetto di più favorevoli offerte ed altresì il mancato reperimento di diversi partner strategici da parte degli attori altra funzione non possiede se non quella di corroborare in positivo l’assunto già svolto in ordine alla mancanza di prova che il pàcchetto azionario avesse un valore maggiore di quello realizzato; e va da sè che non essendo stata censurata la ratio decidendi incentrata sulla mancanza di prova del maggior valore del pacchetto azionario, la doglianza spiegata è inammissibile in quanto inidonea a far cadere la motivazione su cui la decisione d’appello poggia (Cass. Sez. Un., 29 marzo 2013, n. 7931);

ii) il motivo pone l’accento sul rilievo che la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto dell’esclusività del mandato conferito a Banca Intesa S.p.A. per il reperimento di un partner da coinvolgere nell’acquisto del pacchetto azionario di cui si è detto; ma, nello svolgimento del processo narrato dalla Corte d’appello, così come della successiva parte motiva, manca qualunque riferimento al carattere esclusivo del mandato conferito alla banca, sicchè l’argomento risulta essere spiegato per la prima volta in questa sede, in violazione del principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui nel giudizio di cassazione, a parte le questioni rilevabili di ufficio (sulle quali non si sia formato il giudicato), non è consentita la proposizione di doglianze che, modificando la precedente impostazione difensiva, pongano a fondamento delle domande e delle eccezioni titoli diversi da quelli fatti valere nel pregresso giudizio di merito e prospettino comunque questioni fondate su elementi di fatto nuovi e difformi da quelli ivi proposti, con l’ulteriore conseguenza che, ove il ricorrente in sede di legittimità proponga una questione non trattata nella sentenza impugnata, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere (nella specie non rispettato) non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. 26 gennaio 2010, n. 1562);

iii) considerazioni analoghe vanno svolte con riguardo all’assunto secondo cui il mancato reperimento di un partner sarebbe dipeso dalla precedente conclusione dell’accordo Banca Intesa S.p.A.-Banca Popolare di Lodi S.c.a.r.l., giacchè non risulta che l’argomento fosse stato speso in grado d’appello, senza contare che la doglianza manca del requisito di autosufficienza, giacchè non è spiegato cosa comproverebbe non già lo svolgimento di trattative in pendenza del mandato, ma la stipulazione di un vero e proprio accordo tale da impedire ad eventuali terzi l’acquisto, in tutto o in parte, del pacchetto azionario di Area S.p.A..

p.10. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese sostenute per questo grado del giudizio, liquidate in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2016

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