Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17137 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. III, 16/06/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 16/06/2021), n.17137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37841/2019 proposto da:

O.M., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARIA ELENA VENERONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3798/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/02/2021 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – Con ricorso affidato a tre motivi, O.M., cittadino di origine nigeriana (Benin City), ha impugnato sentenza della Corte d’Appello di Milano, resa pubblica il 18 settembre 2019, la quale ne rigettava il gravame avverso ordinanza del Tribunale della medesima Città che, a sua volta, ne aveva respinto l’opposizione avverso il diniego della competente Commissione territoriale del riconoscimento, in via gradata, dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. – Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte d’Appello rilevava che: a) non erano ravvisabili “elementi che si concretino in comprovati atti di persecuzione o violazione dei diritti umani specificamente al medesimo riferiti” in quanto il richiedente avrebbe lasciato la Nigeria “senza alcuna concreta ed apprezzabile motivazione, se non del tutto personale e di natura privata” (ossia, esser fuggito dal paese d’origine, per timore delle reazioni dei familiari del soggetto vittima del sinistro stradale da lui causato); b) non sussistevano i presupposti di accoglimento della domanda di rifugio, nè di quella di protezione sussidiaria; c) non ricorreva l’ipotesi di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), dovendosi escludere, sulla base di fonti attuali, l’esistenza, nell’Edo State, di una situazione di violenza indiscriminata; d) non poteva riconoscersi tutela umanitaria, “non essendo emersa dalla narrazione del richiedente quella situazione di particolare vulnerabilità apprezzabile” a nulla rilevando il percorso d’integrazione intrapreso in Italia, rappresentato da posizione lavorativa irregolare.

3. – Il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine della partecipazione a eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – Con il primo motivo viene dedotta violazione degli artt. 6 e 13 CEDU, art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 35 bis, per non aver la Corte di merito, in merito alle domande di protezione sussidiaria e umanitaria, correttamente adempiuto al dovere di collaborazione istruttoria nell’accertamento officioso della situazione socio-politica d’origine del ricorrente, nè valutato il rischio di compromissione del nucleo di diritti umani per il caso di suo rimpatrio.

2. – Con il secondo motivo, è censurata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione o falsa applicazione D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, nonchè artt. 2 e 3 CEDU, per aver la Corte di merito fornito motivazione apparente in merito al diniego della domanda di protezione sussidiaria, là dove il ricorrente cita pronuncia di legittimità, la quale individua nella situazione di violenza indiscriminata il fatto costitutivo del riconoscimento dell’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e indica report di Amnesty International del 2017-2018, nonchè le informazioni reperibili dal sito (OMISSIS) aggiornato al 2019, quali fonti espressive delle criticità esistenti in Nigeria a livello di rischio di effettività della tutela dei diritti umani.

3. – Con il terzo motivo, viene dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2, nonchè art. 10 Cost. e art. 8 CEDU, per aver il giudice d’appello reso “motivazione apparente in relazione alla domanda residuale di protezione umanitaria”.

4. – Il ricorso è inammissibile in tutta la sua articolazione.

4.1. – Le censure che investono il diniego di riconoscimento della protezione sussidiaria oltre a palesarsi generiche – in quanto non sì confrontano con la ratio decidendi posta a fondamento della statuizione impugnata, avendo la Corte di merito, in base a motivazione affatto intelligibile e ben oltre il c.d. “minimo costituzionale”, ricondotto la vicenda personale del richiedente ad ambito meramente privato e, inoltre, in base a fonti attendibili e aggiornate (tra cui report AI 2017/2018), escluso, nel paese d’origine del richiedente, la configurabilità di una situazione di violenza indiscriminata in conflitto armato interno o internazionale – sono orientate a criticare l’apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, senza dedurre puntuali omissioni dell’esame di fatti decisivi, alla stregua dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass., S.U., n. 8053/2014).

4.2. – Del pari generiche e non concludenti rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata sono le doglianze in punto di mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

Difatti, la Corte territoriale (cfr. sintesi nel “Rilevato che”), in forza di motivazione affatto intelligibile e ben oltre il c.d. “minimo costituzionale”, ha esaminato gli aspetti dell’indispensabile valutazione comparativa tra la situazione personale attuale del richiedente sul territorio italiano e la condizione cui lo stesso verrebbe lasciato in caso di rimpatrio, là dove le critiche svolte con il ricorso si palesano generiche e, in quanto investenti la quaestio facti, inidonee a scalfire l’accertamento del giudice di merito in punto di insussistenza di una situazione di vulnerabilità.

5. – Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della parte intimata.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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