Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17135 del 14/08/2020

Cassazione civile sez. I, 14/08/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 14/08/2020), n.17135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35948/2018 proposto da:

E.J., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Dei Consoli,

62 presso lo studio dell’avvocato Inghilleri Enrica che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Paolinelli Lucia;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei

Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 519/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 24/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/01/2020 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza depositata il 24.4.2018, ha confermato il provvedimento di primo grado di rigetto della domanda di E.J., cittadino della Nigeria, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato, non essendo le sue dichiarazioni state ritenute credibili (costui aveva riferito di essere fuggito dalla Nigeria per sottrarsi alla setta religiosa cui era stato affidato dopo la morte del padre).

Al richiedente è stata inoltre negata la protezione sussidiaria, essendo stata ritenuta l’insussistenza di una situazione di violenza generalizzata nella sua zona di provenienza.

Il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari per carenza di una condizione di vulnerabilità.

Ha proposto ricorso per cassazione E.J. affidandolo a due motivi.

Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e art. 11.

Lamenta il ricorrente la violazione da parte della Corte di merito dei parametri normativi di credibilità delle dichiarazioni previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, nonchè l’erronea esclusione da parte dello stesso giudice della situazione di pericolo e violenza generalizzata, valutazione effettuata senza neppure l’indicazione delle fonti di informazioni asseritamente utilizzate.

In particolare, si duole che la Corte di merito ha escluso la gravità delle conseguenze per la popolazione della situazione di violenza dalla medesima descritta non acquisendo, a norma del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, le informazioni elaborate dalla Commissione Nazionale per il diritto d’asilo sulla base dei dati forniti dall’ACNUR.

Lamenta, inoltre, che il giudice non può affermare la possibilità per il richiedente di fare rientro nel paese d’origine e stabilirsi nella zona asseritamente pericolosa, non avendo l’Italia dato attuazione all’art. 8 direttiva 2011/95/UE.

2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32.

Il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della protezione umanitaria, evidenziando che in caso di rientro forzoso nel paese d’origine sarebbe esposto alla privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani fondamentali (diritto al vita e alla incolumità, diritto alla salute, istruzione etc.).

3. Il primo motivo è fondato.

Secondo una costante giurisprudenza di questa Corte – che questo Collegio condivide e fa propria – ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass. n. 28990 del 12/11/2018; Cass. n. 17075 del 28/06/2018; n. 17069 del 28/06/2018; n. 9427 del 17/04/2018).

Il predetto accertamento va compiuto in base a quanto prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e quindi “… alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa”.

In proposito, questa Corte ha già più volte statuito sul punto che il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle “fonti informative privilegiate” deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. n. 13449/2019, vedi anche Cass. n. 13897/2019).

Nel caso di specie, la Corte d’Appello, nell’escludere nella regione di provenienza del ricorrente l’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da un conflitto armato in corso, si è limitato a dare atto genericamente di aver consultato siti governativi italiani o di organizzazioni internazionali che operano sul territorio, ma senza specificare quali precise fonti abbia utilizzato, non consentendo così la verifica dell’attendibilità e della pertinenza dell’informazione utilizzata. Peraltro, se è pur vero che l’indicazione delle fonti di cui all’art. 8, non ha carattere esclusivo, ben potendo le informazioni sulle condizioni del Paese estero essere tratte da concorrenti canali di informazione (quali ad esempio i siti internet delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale, come ad esempio Amnesty International), tuttavia, il giudice di merito deve quantomeno indicare la fonte delle informazioni acquisite, al fine di valutarne l’autorevolezza e l’aggiornamento.

L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo.

Deve quindi cassarsi la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Ancona, in diversa composizione, per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Ancona, in diversa composizione, per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2020

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