Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17131 del 10/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 17131 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA

sul ricorso 30558-2007 proposto da:
MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia
in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, 12;
– ricorrente contro

2013
1696

SANNA ANTONIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
FRANCESCO

DE

SANCTIS

4,

presso

lo

studio

dell’avvocato TENCHINI GIUSEPPE, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato PRUNEDDU GIOVANNI,

Data pubblicazione: 10/07/2013

I

giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 279/2007 della CORTE D’APPELLO
di

CAGLIARI,

depositata

il

04/09/2007

R.G.N.

349/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/05/2013 dal Consigliere Dott.
GIANFRANCO BANDINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO 2 che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 16.5 – 4.9.2007 la Corte d’Appello di Cagliari ha
confermato la sentenza del Tribunale di Cagliari, che aveva

cui alla legge n. 210/92 a Sanna Antonia, per avere quest’ultima
contratto epatite post-trasfusionale.
La Corte territoriale, per quanto rileva in questa sede, ha ritenuto che
la domanda amministrava non era stata tardiva, non essendo
applicabile il termine di decadenza triennale introdotto dai
provvedimenti legislativi anteriori a quello fissato dalla legge n.
238/97 e non essendo quest’ultimo decorso al momento della
presentazione della domanda.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale il Ministero della
Salute ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo.
L’intimata Sanna Atonia ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo il ricorrente, denunciando violazione di plurime
disposizioni di legge, deduce che il termine di decadenza triennale
era stato introdotto dai dd.II. nn. 344/96 e 450/96, entrambi non
convertiti e, successivamente, dal di n. 548/96, convertito in legge n.
541/96 (contenente esplicita clausola di salvezza degli effetti
prodottisi nella vigenza dei ridetti decreti legge non convertiti); infine
tale termine di decadenza triennale era stato confermato dalla legge
n. 238/97; conseguentemente, il termine di decadenza aveva avuto
inizio dal 2.7.1996 (giorno dell’entrata in vigore del dl n. 344/96), fino

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condannato il Ministero della Salute a corrispondere l’indennizzo di

alla relativa decadenza, ma era ripreso a decorrere dal 1°.9.1996
(giorno di entrata in vigore del di n. 450/96), e poi ancora dal
23.10.1996 (giorno dell’entrata in vigore del di n. 548/96), per

legge n. 238/97; al momento della presentazione della domanda
amministrativa (2.12.1999) il termine di decadenza triennale era
quindi da ritenersi ormai decorso.

2. Questa Corte ha già avuto modo di esaminare la questione
all’esame, affermando che, in tema di indennizzo in favore dei
soggetti danneggiati da epatite post-trasfusionale, il termine di
decadenza triennale di cui all’art. 3, comma 1, legge n. 210/92,
introdotto dall’art. 1 legge n. 238/97, decorre, per i diritti insorti
anteriormente, dall’entrata in vigore della nuova disciplina, senza che
assuma rilievo, a tal fine, la pregressa omologa indicazione
contenuta nell’art. 6, comma 4, di n. 334/96 non convertito (cfr,
Cass., n. 1635/2012).
Con tale arresto è stato osservato che, in presenza di una modifica
normativa che introduce un termine di decadenza che prima non
sussisteva, la nuova disciplina entra in vigore con efficacia generale
e, quindi, anche per chi già si trovava nella situazione richiesta dalla
legge per far valere il diritto ora sottoposto a decadenza; per costoro
non si determina infatti una situazione giuridica diversa, se non su di
un punto specifico, ossia che il termine naturalmente decorre dal
momento della entrata in vigore della legge che lo ha introdotto.

continuare, senza soluzione di continuità, con l’entrata in vigore della

Ciò in forza di un principio generale dell’ordinamento, che trova
riscontro nell’art. 252 disp. att. cc , con cui è stato sancito che,
quando per l’esercizio di un diritto (ovvero per la prescrizione o per

stabilito dalle leggi anteriori, il nuovo termine si applica anche
all’esercizio dei diritti sorti anteriormente (e alle prescrizioni e
usucapioni in corso), ma con decorrenza dalla entrata in vigore della
nuova disciplina; tale principio vale anche con riferimento alla
decadenza, che consiste in una forma di sottoposizione dell’esercizio
di un diritto ad un termine.
Al contempo non vi sono ragioni per distinguere il caso in cui la
nuova legge riduca il termine per l’esercizio di un diritto, rispetto al
caso in cui lo introduca laddove prima non vi fosse; in conclusione,
quindi, se una legge introduce o riduce la durata di un termine per far
valere un diritto, la nuova normativa si applica anche a chi era già
titolare del diritto, con la sola particolarità che, in quel caso, la
decorrenza opera dal momento della entrata in vigore della modifica
legislativa.
Quanto alla previsione del termine di decadenza introdotto da
precedenti decreti legge non convertiti, andava affermato che tra gli
effetti di un decreto legge non convertito, “fatti salvi” da una legge di
conversione di distinto e successivo decreto legge, non poteva
rientrare il decorso di un termine di decadenza non ancora maturato,
posto che la mancata conversione del decreto cancella l’onere di
impedire la decadenza, gravante sul titolare del diritto, con la

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l’usucapione), il codice stabilisce un termine più breve di quello

conseguenza che la stessa decadenza, nuovamente comminata
dalla legge, decorre appunto dall’entrata in vigore di questa.
Tali considerazioni appaiono pienamente condivisibili e il Collegio

ovvio riferimento ad entrambi i già ricordati decreti legge non
convertiti.
Ad analoghe conclusioni deve peraltro giungersi anche con
riferimento al termine triennale di decadenza introdotto dall’art. 7,
comma 4, di n. 548/96, convertito in legge n. 541/96, attraverso la
sostituzione del comma 1 dell’art. 3 legge n. 210/92.
Infatti l’art. 1, comma 9, legge n. 238/97 ha ancora una volta
sostituito il comma 1 dell’art. 3 legge n. 210/92 (nel testo in allora
vigente, a seguito del ricordato art. 7, comma 4, dl n. 548/96,
convertito in legge n. 541/96), producendone l’abrogazione a norma
dell’art. 15 disposizioni sulla legge in generale, avendo nuovamente
regolato la materia già regolata dalla legge anteriore.
Per l’effetto il nuovo termine di decadenza (quale appunto quello
dettato dal ridetto art. 1, comma 9, legge n. 238/97) inizia a
decorrere dall’entrata in vigore della novella legislativa che lo ha
introdotto, mentre nessun effetto può essere ulteriormente
riconosciuto al termine di decadenza stabilito – e non ancora decorso
– dalla normativa abrogata.
Nel caso all’esame, con riferimento alla data di entrata in vigore della
legge n. 238/97 (28.7.1997), il termine di decadenza, come
irretrattabilmente accertato in fatto dalla sentenza di merito, non era

-7-

ritiene pertanto di dover dare continuità al suindicato principio, con

ancora decorso al momento della presentazione della domanda
amministrativa (2.12.1999).
3. Il motivo, e con esso il ricorso che sul medesimo si fonda, va

Le spese, liquidate come in dispositivo e da distrarsi a favore del
difensore antistatario avv. Giovanni Pruneddu, seguono la
soccombenza.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle
spese, da distrarsi a favore dell’avv. Giovanni Pruneddu e che liquida
in euro 3.050,00 (tremilacinquanta), di cui euro 3.000,00 (tremila) per
compenso, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 14 maggio 2013.

dunque rigettato.

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