Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1713 del 27/01/2010

Cassazione civile sez. III, 27/01/2010, (ud. 10/12/2009, dep. 27/01/2010), n.1713

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. CALABRESE Donato – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19737/2005 proposto da:

C.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso da BELTRAME Alessandro con studio in 33044

MANZANO, VIA ROMA 13 giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 33/2005 della corte D’APPELLO di TRIESTE,

Sezione Prima Civile, emessa il 3/12/2004, depositata il 21/01/2005,

R.G.N. 124/C/02;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/12/2009 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento del (1 motivo) del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.R. e l’Associazione Calcio Pro (OMISSIS) convenivano in giudizio F.R. chiedendo la restituzione della somma di L. 30.000.000 dal convenuto indebitamente acquisita.

Esponevano che il C. era presidente dell’Associazione che, in data (OMISSIS), aveva provveduto a tesserare in qualità di allenatore il F.. Questi, al momento del tesseramento, aveva preteso la consegna di quattro assegni posdatati dell’ammontare complessivo di L. quaranta milioni, intestati allo stesso traente e girati in bianco. Il F. aveva poi risolto il rapporto con l’Associazione a far tempo dal (OMISSIS), e da allora non aveva fornito alcuna prestazione.

Assumevano gli attori che, quand’anche la dazione degli assegni fosse stata effettuata in esecuzione di un obbligo contrattualmente assunto dall’Associazione Pro (OMISSIS), si sarebbe comunque trattato di un pagamento indebito: e invero la pattuizione era radicalmente nulla, ex art. 1418 cod. civ., comma 2, per mancanza della forma scritta richiesta dall’art. 44 del Regolamento della Lega Nazionale Dilettanti, nonchè, ex art. 1322 cod. civ., in quanto diretta a realizzare interessi non meritevoli di tutela, secondo l’ordinamento giuridico. Essendo nullo il rapporto sottostante alla dazione degli assegni, il C. aveva diritto alla restituzione dell’importo dei tre titoli effettivamente negoziati dal F..

Resisteva il convenuto, che contestava l’avversa pretesa.

Con sentenza del 17 maggio 2001 il Tribunale di Gorizia rigettava la domanda, compensando integralmente tra le parti le spese di causa.

Proposto gravame in via principale dal C. e dall’Associazione Calcio Pro (OMISSIS) e incidentale dal F., la Corte d’appello di Trieste, con sentenza del 21 gennaio 2005, li respingeva entrambi.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione C. R., articolando tre motivi e notificando l’atto a F. R. il quale non ha svolto alcuna attività difensiva.

Il ricorrente ha altresì depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Col primo motivo l’impugnante denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1322 cod. civ., ex art. 360 cod. proc. civ., n. 3, per avere il giudice di merito rigettato la domanda, benchè l’accordo verbale stipulato tra il Presidente pro tempore dell’Associazione e il F., avente ad oggetto la corresponsione del compenso di L. 40.000.000 dovesse ritenersi nullo. E invero, a norma dell’art. 44 del Regolamento della Lega Nazionale Dilettanti, gli allenatori svolgono la propria attività a titolo gratuito e possono avere diritto solo a un rimborso spese purchè pattuito per iscritto. Erroneamente il giudice di merito aveva escluso che la violazione di norme regolamentari interne dell’ordinamento F.I.G.C. potesse comportare la nullità del patto, così facendo malgoverno di principi reiteratamente affermati dalla Corte Regolatrice.

1.2 La doglianza è infondata.

L’assunto che qualsivoglia violazione delle regole dell’ordinamento sportivo comporti tout court la nullità dei contratti conclusi tra società o associazioni e sportivi non ha alcuna base normativa.

Il collegio non ignora che questa Corte, in un non remoto arresto, ha affermato che le violazioni di norme dell’ordinamento sportivo possono incidere sulla validità di un contratto concluso tra soggetti assoggettati alle regole di tale ordinamento, determinandone la nullità sotto il profilo della inidoneità del contratto stesso a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ma tanto con riguardo a un caso di accertata frode alle regole dell’ordinamento sportivo, realizzata attraverso il simulato trasferimento di un calciatore, con contestuale violazione del disposto della L. 23 marzo 1981, n. 91, art. 4, a tenor del quale devono stipularsi per iscritto, a pena di nullità, i contratti di costituzione di rapporti a titolo oneroso tra sportivo professionista e società destinataria delle relative prestazioni (confr. Cass. civ., 3, 23 febbraio 2004, n. 3545).

Sennonchè, riguardando la fattispecie dedotta in giudizio rapporti di carattere dilettantistico, le norme con le quali è necessario confrontarsi sono gli artt. 4 e 44 del Regolamento della Lega Nazionale Dilettanti.

Ne deriva che correttamente il giudice di merito ha escluso sia la nullità per mancata osservanza della forma vincolata – non potendo la violazione di una disposizione regolamentare trovare sanzione nell’ordinamento statale, governato dal principio generale della libertà delle forme – sia la nullità per la pattuizione di un compenso, non violando l’onerosità della prestazione alcuna norma imperativa.

2.1 Col secondo mezzo l’impugnante lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2033 e 2697 cod. civ., ex art. 360 cod. proc. civ., n. 3, per non avere il giudice di merito considerato che un mese dopo l’ingaggio (e l’incameramento degli assegni).

Il F. aveva abbandonato la squadra e non aveva reso più alcuna prestazione in favore della Associazione, così tenendo un comportamento che o configurava una risoluzione consensuale del contratto, ovvero un inadempimento idoneo a determinare il venir meno del diritto al compenso dell’allenatore.

Deduce segnatamente l’esponente l’erroneità del giudizio espresso dal decidente, secondo cui, vertendosi in tema di ripetizione dell’indebito, incombeva all’attore l’onere di provare l’inesistenza originaria o sopravvenuta del vincolo giuridico idoneo a giustificare il pagamento, laddove l’istruttoria espletata non aveva consentito di appurare se l’interruzione del rapporto fosse imputabile alla società o all’allenatore. Il giudice di merito aveva così fatto malgoverno degli artt. 1218, 1453, 1460 e 2697 cod. civ., nonchè della regola generale, da essi estrapolabile, per cui, a fronte del mancato adempimento della prestazione da parte dell’obbligato, spetta al convenuto provare o che inadempimento non vi è stato, ovvero che esso è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

2.2 Le doglianze proposte sono infondate, ancorchè la motivazione della sentenza impugnata debba, sotto certi profili, essere integrata e corretta, ex art. 384 cod. proc. civ., u.c..

E invero, mentre in ordine all’azione di ripetizione dell’indebito grava certamente su chi la invoca l’onere di dimostrare non solo l’esecuzione del pagamento, ma anche la mancanza di una causa che lo giustifichi, e ciò quand’anche si tratti di dimostrare fatti negativi, (confr. Cass. civ., sez. lav. 9 giugno 2008, n. 15162;

Cass. civ., sez. lav. 17 luglio 2008, n. 19762), rimasta inadempiuta una obbligazione, il creditore il quale agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ovvero dall’impossibilità dello stesso derivante da causa a lui non imputabile (confr. Cass. civ., sez. unite, 30 ottobre 2001, n. 13533).

2.3 In realtà il caso di specie appare irrimediabilmente minato dalla prospettazione, in maniera confusa e contraddittoria, anche in sede di ricorso, di una duplice causa petendi della domanda di restituzione, ora assumendosi che il pagamento di trenta milioni di lire fu indebito, ora invocandosi le norme in tema di adempimento (e inadempimento) delle obbligazioni.

Sotto il primo profilo, e quindi con riguardo all’evocazione della disciplina dell’indebito (art. 2033 cod. civ.), non è meritevole di censura l’assunto della Corte territoriale secondo cui l’attore non aveva dimostrato nè l’inesistenza del vincolo giuridico idoneo a giustificarlo, nè il successivo venir meno della causa debendi. E’ sufficiente all’uopo rilevare che la stessa deduzione del tesseramento del F. in qualità di allenatore, smentisce l’assunto che gli assegni, dallo stesso successivamente negoziati, furono a lui rilasciati sine causa.

n Per altro verso, la correttezza del rilievo che il rischio della mancata prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa grava sul debitore convenuto, non giova all’impugnante per la dirimente considerazione che il richiamo all’istituto dell’inadempimento, e ai relativi oneri probatori, avrebbe dovuto essere accompagnato da una ben più dettagliata esplicitazione dei termini dell’accordo, a partire dalla sua durata e dallo sforzo adempitivo richiesto, tanto più che il pagamento di una prestazione non ancora adempiuta è quanto meno inusuale, oltre che in contrasto con criteri di comune buon senso.

A fronte di tale carenza espositiva e probatoria – la quale, insieme alla prospettazione di due diverse causae petendi – è stata probabilmente all’origine dell’insufficiente approccio del giudice di merito, non può sostenersi che il creditore abbia adeguatamente dimostrato i fatti costitutivi del suo diritto.

3.1 Col terzo motivo il ricorrente denuncia omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la Corte territoriale affermato che il C. aveva consegnato gli assegni per cui è causa quale Presidente dell’Associazione Pro (OMISSIS), respingendo la tesi che, quand’anche si fosse dovuto ritenere valido ed efficace il rapporto tra l’Associazione e il F., il pagamento effettuato dal C. uti singulus era indebito, perchè privo di causa. Il giudice di merito avrebbe così fatto malgoverno del materiale probatorio acquisito, univocamente dimostrativo del fatto che il pagamento (atto diverso dalla stipula dell’accordo), era stato effettuato dal C. in proprio.

3.2 Le critiche sono destituite di fondamento.

Il giudice di merito non ha affatto ignorato che gli assegni furono tratti sul conto personale del C.. Ha tuttavia ritenuto che la circostanza avesse rilevanza solo nell’ambito dei rapporti interni tra il C. e l’Associazione, nei cui confronti il primo bene potrà far valere di avere, in sostanza, anticipato un esborso di sua competenza.

A ben vedere, escludendo la ripetizione, il giudice di merito ha fatto corretta applicazione dei principi in tema di tutela dell’affidamento e di apparenza del diritto, avendo condivisibilmente ritenuto che la dazione degli assegni fosse avvenuta in un contesto tale da ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il pagamento venisse effettuato dal C. quale presidente e rappresentante della Associazione Pro (OMISSIS) e da tanto argomentandone l’irripetibilità (Cass. civ., sez. 3^, 12 gennaio 2006, n. 408).

Il ricorso deve, in definitiva, essere rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010

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