Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1713 del 25/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 25/01/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 25/01/2011), n.1713

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MARTIRI

DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato CONCETTI DOMENICO, che

lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati, RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 705/2006 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 29/11/2006 r.g.n. 1111/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2010 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato CONCETTI DOMENICO;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega ALESSANDRO RICCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’inammissibilita’ o rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello dell’Aquila, con sentenza del 29.6 – 29.11.2006, accogliendo l’impugnazione proposta dall’Inps avverso la sentenza di prime cure, rigetto’ la domanda svolta da M.E. e diretta alla conferma dell’assegno ordinario di invalidita’; a sostegno del decisum la Corte territoriale richiamo’, condividendoli, gli accertamenti e le conclusioni del CTU nominato in grado di appello. Avverso l’anzidetta sentenza M.E. ha proposto ricorso per cassazione fondato un motivo. L’Inps ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione di legge (L. n. 222 del 1984, art. 1, commi 1 e 7, con riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c.; art. 2697 c.c.) e vizio di motivazione, dolendosi che la Corte territoriale, facendo proprie le conclusioni del CTU, non abbia dato conto delle critiche svolte dal proprio CT di parte e inerenti a molteplici aspetti del quadro patologico complessivo, fra cui, in particolare, quelle relative alla mancata considerazione delle alterazioni neuropsichiatriche e della patologia cardiaca, alla maggiore complessita’ dell’ipoacusia, all’erroneo apprezzamento dell’ipertensione arteriosa, all’omesso rilievo del deficit circolatorio periferico, all’insufficiente valutazione della patologia artrosica; i vizi della CTU, riflettendosi sulla sentenza impugnata, l’avevano quindi inficiata sotto il profilo del vizio di motivazione.

2. Osserva preliminarmente la Corte che l’art. 366 bis c.p.c. e’ applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati dopo t’entrata in vigore (2.3.2006) del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (cfr, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2) e quindi anche al presente ricorso, non trovando invece applicazione, ratione temporis, la novella di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 47 che, fra l’altro, ha abrogato il predetto art. 366 bis c.p.c..

In base all’art. 366 bis c.p.c. nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilita’, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Secondo l’orientamento di questa Corte il principio di diritto previsto dall’art. 366 bis c.p.c. deve consistere in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimita’, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20360/2007), mentre la censura concernente l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20603/2007). Nel caso che ne occupa il ricorrente, a conclusione dell’unico motivo, ha formulato il seguente “quesito di diritto”:

“Dica la Suprema Corte di Cassazione che nel giudizio proposto per ottenere la conferma del revocato assegno ordinario di invalidita’ il Giudice del merito incorre nel vizio di omessa e/o illogica motivazione della decisione quando, in condivisione dei risultati della CTU disposta nel grado, non si cura di contrastare congruamente le censure della parte interessata che con una propria Relazione abbia sottoposto a specifiche e documentate critiche la predetta CTU”. Risulta palese che, in tal modo, non e’ stata enunciata alcuna regula iuris inerente al dedotto vizio di violazione di legge in relazione alle norme che si denunciano violate; al contempo, con riferimento al vizio di motivazione, il quesito formulato non rispetta l’esigenza di indicare puntualmente, attraverso il ridetto momento di sintesi, i limiti del preteso vizio motivazionale, non contenendo alcun specifico riferimento alle emergenze fattuali asseritamente non considerate o insufficientemente esaminate dalla Corte territoriale, limitandosi a ricordare, in modo del tutto generico, che le conclusioni di CTU erano state sottoposte a censure e non precisando quindi le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renderebbe inidonea a giustificare la decisione.

Ne discende l’inammissibilita’ del motivo e, con cio’ stesso, del ricorso.

3. Non e’ luogo a pronunciare sulle spese, attesa l’applicabilita’, ratione temporis, dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente anteriormente alla novella di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2011

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