Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17129 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/06/2021, (ud. 14/04/2021, dep. 16/06/2021), n.17129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16455/2016 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

M.M., rappresentato e difeso dall’avv. Maurizio de Nardis,

elettivamente domiciliato in Roma, via Cassiodoro, n. 9, presso lo

studio dell’avv. Mario Nuzzo;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, sezione n. 06, n.

52/06/15, pronunciata il 22/09/2015, depositata il 21/01/2016;

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 14 aprile

2021 dal Consigliere Guida Riccardo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con due motivi, contro M.M., che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo (sezione staccata di Pescara), indicata in epigrafe, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione d’una cartella di pagamento che, in seguito a controllo formale D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ex art. 36-ter, del Modello 730/2008, per i redditi del 2007, recuperava a tassazione alcune detrazioni, e, in particolare, per quanto adesso rileva, la detrazione per coniuge a carico (in quanto la moglie del contribuente, nel periodo d’imposta in esame, risultava titolare di un reddito complessivo maggiore di Euro 2.840,51) e parte delle detrazioni per spese per l’attività sportiva dei figli, dichiarate per Euro 390,00, ma documentate per il minore importo di Euro 165,00 – disattendendo l’appello dell’ufficio, ha confermato la decisione della Commissione tributaria provinciale di Pescara (n. 73/01/2013), la quale, a sua volta, aveva accolto il ricorso del contribuente, sul rilievo che la pensione d’inabilità (di cui fruiva il coniuge del ricorrente) va qualificata come reddito non imponibile per la sua natura risarcitoria;

2. la C.T.R. ha (invece) reputato fondato il motivo di ricorso proposto dall’appellato, rimasto assorbito in primo grado, secondo cui l’ufficio, al fine di escludere la detrazione per il coniuge a carico, essendo quest’ultimo titolare di una pensione d’inabilità, non avrebbe potuto adottare la procedura del controllo formale ex art. 36-ter, la quale (e lo stesso vale anche per l’art. 36-bis) consiste nel mero controllo cartolare della dichiarazione e si sostanzia nella correzione di errori materiali o di calcolo, ma avrebbe dovuto emettere un “rituale avviso di accertamento” all’esito di un “contraddittorio pieno” con il contribuente. Nota la Commissione regionale che l’assunto dell’ufficio di avere accertato la natura della pensione sulla base di informazioni tratte dalla banca dati dell’Inps era una chiara dimostrazione che l’accertamento dell’indetraibilità della posta era avvenuto sulla scorta di elementi diversi da quelli indicati dal contribuente, ragione per cui non poteva essere utilizzata la procedura ex art. 36-ter, dovendosi fare ricorso a quella ordinaria che si conclude con l’avviso di accertamento, poichè l’Amministrazione e il contribuente avrebbero dovuto confrontarsi sia su dati di fatto che su valutazioni di diritto.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso (“Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 ter: in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”), l’Agenzia ascrive alla sentenza impugnata di non avere considerato che il controllo formale ex art. 36-ter è previsto non soltanto per la rilevazione di errori materiali o di calcolo della dichiarazione dei redditi, ma (ai sensi del comma 2, lettera b) anche quando l’Amministrazione rileva che la detrazione per coniuge a carico non spetta perchè quest’ultimo ha un reddito imponibile superiore a Euro 2.840,51; rimarca, inoltre, che nella specie il mancato riconoscimento della detrazione non è derivato, come asserisce il giudice d’appello, dalla preventiva valutazione della natura della pensione percepita dal coniuge, ma è dipeso dalla circostanza che in base ai dati in possesso dell’ufficio (modello 770 dell’Inps) risultava che il coniuge del contribuente, come detto, era titolare d’un reddito imponibile (dichiarato dal sostituto d’imposta) superiore a Euro 2.840,51, soglia oltre la quale non è consentito essere a carico di altri soggetti. Infine, l’Amministrazione finanziaria sottolinea che la questione dell’imponibilità o meno del detto reddito era stata introdotta dal contribuente nel proprio ricorso, al fine di contestare alcune (non tutte) le rettifiche apportate dall’ufficio a conclusione del controllo formale della dichiarazione;

1.1. il motivo è fondato;

secondo l’indirizzo sezionale, enunciato da Cass. 04/07/2014, n. 15311, l’art. 36-ter (rubricato “Controllo formale delle dichiarazioni”) attribuisce all’ufficio diverse possibilità, non di mera liquidazione delle imposte (secondo la previsione dell’art. 36-bis), ma di controllo e di più incisivi “interventi” sulle dichiarazioni del contribuente, non solo sulla base di queste, ma anche in base ad atti diversi da quelli allegati dall’interessato ed esterni alla sua sfera giuridica. Per tale ragione il legislatore ha previsto una certa procedura, che concretizza l’immanente principio di collaborazione/cooperazione tra Fisco e contribuente; in altri termini, il più incisivo “controllo” disciplinato dall’art. 36-ter (rispetto alla “liquidazione” ex art. 36-bis) è per così dire bilanciato da una fase procedimentale necessaria, di garanzia per il contribuente, che culmina nell’obbligo dell’Amministrazione di comunicare all’interessato (contribuente o sostituto d’imposta) l’esito del controllo formale, con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili, delle imposte etc.;

la Commissione regionale si è discostata da questi principi là dove, errando, ha giudicato illegittimo l’operato dell’ufficio che, invece, senza uscire dal perimetro del controllo formale, ossia senza compiere alcuna ulteriore e più approfondita attività accertatrice, ha proceduto alla ripresa tributaria sulla base della dichiarazione dei redditi, nonchè della documentazione esibita dal contribuente, in presenza di un reddito percepito dal coniuge che risultava dichiarato dal sostituto d’imposta (Inps), quale reddito imponibile ai fini Irpef, incompatibile con la detrazione per coniuge a carico. La questione della qualificazione giuridica del reddito del coniuge viene in rilievo in un momento successivo alla fase del controllo formale ex art. 36-ter; essa trova ingresso, in sede contenziosa, quale argomento difensivo utilizzato dal contribuente per contestare la rettifica della dichiarazione scaturita dal mancato riconoscimento della detrazione;

2. con il secondo motivo (“Violazione dell’art. 112 c.p.c.: con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per omessa pronuncia circa il recupero a tassazione della detrazione per spese relative alle attività sportive dei figli, dichiarate per Euro 390,00, ma documentate solo per Euro 165,00, quale ripresa evidentemente non collegata al mancato riconoscimento della detrazione per coniuge a carico;

2.1. il motivo è inammissibile;

l’ufficio non individua il motivo di appello sul quale la Commissione regionale avrebbe omesso di pronunciarsi, ferma la constatazione che, ancor prima (cfr. pag. 3 del ricorso per cassazione), l’A.F. nell’illustrare i fatti processuali, aveva evidenziato che la ripresa a tassazione di una parte delle spese sportive dei figli non era stata impugnata con il ricorso introduttivo;

3. ne consegue che, accolto il primo motivo e dichiarato inammissibile il secondo, la sentenza è cassata, in relazione al motivo accolto; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto del ricorso introduttivo;

4. le spese dei gradi di merito vanno compensate, tra le parti, mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio; compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna M.M. a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 700,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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