Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17129 del 10/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 17129 Anno 2013
Presidente: IANNIELLO ANTONIO
Relatore: FERNANDES GIULIO

SENTENZA
sul ricorso 18367-2010 proposto da:
ANANIA

EGIDIO

NNAGDE51A22F295B,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 116,
presso lo studio dell’avvocato DIERNA ANTONINO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MALTA GIUSEPPE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

1518

TRENITALIA

S.P.A.,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio

Data pubblicazione: 10/07/2013


dell’avvocato MORRICO ENZO, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– controricorrente
avverso la sentenza n.

1288/2009

della CORTE

D’APPELLO di POTENZA, depositata il 17/12/2009 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

24/04/2013

dal Consigliere Dott. GIULIO

FERNANDES;
udito l’Avvocato DIERNA ANTONINO;
udito l’Avvocato COSENTINO VALERIA per delega MORRICO
ENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

415/2008;

FATTO
Anania Egidio, dipendente del 15.2.1979 delle Ferrovie dello Stato s.p.a.
con qualifica di quadro, conveniva in giudizio Trenitalia s.p.a. ( già Ferrovie
dello Stato s.p.a. ) innanzi al Tribunale di Potenza, in funzione di giudice del
lavoro, per ottenere il riconoscimento della qualifica dirigenziale a decorrere
dal 1997, anno nel quale era stato distaccato presso la Ferrovie Appulo

Lucane s.r.l. •er la relativa gestione e ristrutturazione on inserimento nella
struttura all’uopo creat in veste di vicario del “responsabile locale”, e di cui
faceva parte come “responsabile locale aggiunto” l’ing. Moffa.
L’adito giudice accoglieva la domanda riconoscendo al ricorrente la
qualifica rivendicata e condannando l’azienda al pagamento delle connesse
differenze retributive.
Tale decisione veniva riformata dalla Corte di appello di Potenza che, con
sentenza del 17 dicembre 2009, rigettava la domanda dell’Anania.
La Corte territoriale, respinta preliminarmente l’eccezione di inammissibilità
del gravame perché generico, nel merito osservava, diversamente da
quanto ritenuto dal primo giudice, che dalla espletata istruttoria era emerso
che l’Anania nell’espletamento delle mansioni di vicario del “responsabile
locale” si era occupato dell’aspetto gestionale facendo, però, sempre capo
al detto responsabile. Pertanto, non ricorrevano i presupposti per reclamare
il diritto alla qualifica superiore, ex art. 2103 c.c., in quanto la funzione
vicaria non era stata travalicata non ravvisandosi, nel caso in esame, il
carattere permanente della sostituzione e la persistenza solo formale, in
capo al sostituito, della titolarità delle funzioni espletate. Inoltre, le mansioni
espletate non integravano neppure quelle proprie della qualifica rivendicata
così come delineate dalla contrattazione collettiva alle cui declaratorie
occorreva necessariamente far riferimento per stabilire l’esatto
inquadramento del lavoratore.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Anania affidato a
tre motivi.
Trenitalia s.p.a. resiste con controricorso illustrato da memoria ex art. 378
c. p. c..
DIRITTO
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli
artt. 434, 342 e 346 c.p.c. nonché insufficiente motivazione ( in relazione
1

all’art. 360, co.1° n. 5 c.p.c.),per avere la Corte di merito respinto l’eccezione
di inammissibilità del gravame perché privo della specificità dei motivi
finendo con il disapplicare il disposto dell’art. 434 c.p.c., peraltro con
motivazione del tutto carente. Si torna ad evidenziare, infatti, che l’atto di
appello altro non era che la riproposizione delle argomentazioni svolte nella
memoria autorizzata in primo grado e non conteneva censure alla decisione
impugnata.
Il motivo è infondato.

Dall’esame diretto degli atti consentito, integrando la prima parte della
censura in esame la denuncia di un “error in procedendo” (Cass. n. 15071
del 10/09/2012; Cass. 806 del 15/01/2009), è emerso — ma del resto è
ricavabile anche dal contenuto del motivo — che l’appello aveva inteso
riproporre l’eccezione di prescrizione e, quindi, censurare la valutazione del
materiale probatorio operata dal primo giudice proponendo una diversa
lettura dello stesso, concludendo, poi, per la riforma della decisione gravata
e per il rigetto delle domande di cui al ricorso introduttivo del giudizio.
Peraltro, questa Corte ha anche precisato che la volontà della parte di
impugnare nella sua globalità la sentenza di primo grado non richiede di
essere espressa attraverso formule sacramentali, essendo sufficiente, ai
sensi dell’art. 342 cod. proc. civ., che siano, ancorché sommariamente,
spiegate le ragioni dell’impugnazione, sì da consentire al giudice di
identificare i punti da esaminare e di vagliare le ragioni di fatto e di diritto per
le quali si è formulato il gravame (Cass. n. 5696 del 22/03/2004; più di
recente è stato ribadito che l’inammissibilità dell’appello per difetto di
specificità dei motivi è legittimamente dichiarata solo allorché l’incertezza
investa l’intero contenuto dell’atto, mentre, quando sia possibile individuare
uno o più motivi sufficientemente identificati nei loro elementi essenziali,
l’eventuale difetto di determinazione di altri motivi, malamente formulati nel
medesimo atto, legittima la declaratoria d’inammissibilità dell’appello per
questi motivi soltanto e non dell’appello nella sua interezza; Cass n. 15071
del 10/09/2012).
Quanto al dedotto vizio di motivazione si rileva che lo stesso non ricorre in
quanto la Corte di appello ha evidenziato che il gravame conteneva una
“..diffusa analisi in chiave critica delle valutazioni del primo giudice, poste in
correlazione con le emergenze processuali e la disciplina collettiva
applicabile”. Trattasi di una valutazione di merito del contenuto
dell’impugnazione che, seppure sintetica, è idonea a rendere palese la
2

ragione per la quale l’appello era stato ritenuto ammissibile e, dunque, non
appare inficiata dal denunciato vizio.
Con il secondo motivo viene dedotta omessa ed insufficiente motivazione
circa un punto controverso decisivo della controversia per avere la Corte di
merito completamente omesso il procedimento logico giuridico necessario
per la determinazione dell’inquadramento del lavoratore non avendo
preventivamente: a) accertato le attività in concreto svolte dall’Anania, b)
individuato le qualifiche previste dal CCNL applicabile e c) confrontato i

risultati sub a) con le declaratorie contrattuali.
Con il terzo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art.
2103 c.c. e vizio di motivazione ( art. 360 co.1° nn. 3 e 5 c.p.c.).
Si assume che il giudice del gravame non aveva motivato sulla ritenuta
“irrilevanza” della documentazione prodotta agli atti né sulle deposizioni
testimoniali da cui emergeva, invece, che l’Anania era, per disposizione della
società, l’effettivo “responsabile locale” per la Basilicata in quanto colui che
formalmente rivestiva tale qualifica era presente in loco solo saltuariamente.
I due motivi da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi sono
in parte infondati ed in parte inammissibili.
Osserva il Collegio che, sia pure sinteticamente, la Corte di merito ha
evidenziato che il ricorrente svolgeva le funzioni di “vicario” del responsabile
locale e che, dall’esame delle risultanze istruttorie, era emerso che, in
concreto, nell’espletamento di tali mansioni, non si erano verificati i due
presupposti in presenza dei quali a colui che riveste il ruolo di “vicario” può
essere riconosciuto il diritto all’inquadramento superiore ex art. 2103 c.c.
propria del sostituito, e ciò in quanto: a) l’Anania non aveva travalicato i limiti
della funzione sua propria di “vicario” non avendo sostituito in modo
permanente il “responsabile locale” sì che questi solo formalmente avrebbe
conservato al titolarità delle mansioni che gli competevano; b) che non era
stato provato che la sostituzione avesse comportato l’esercizio della
mansioni proprie della qualifica superiore rivendicata.
In particolare, ha escluso la ricorrenza del presupposto sub a) rilevando che
la presenza, sia pure saltuaria, del “responsabile locale” non escludeva che
l’Anania facesse a lui riferimento, come confermato dalla deposizione del
teste Moffa. Ha, inoltre, evidenziato, riguardo al requisito sub b) ) che non
erano individuabili i requisiti previsti dalla contrattazione collettiva per le
mansioni superiori richieste.
3

Nella impugnata sentenza vi è, dunque, traccia di quell’operazione logica di
comparazione delle mansioni astrattamente previste per la qualifica da
attribuire e di quelle svolte in concreto dal prestatore, che deve essere
effettuata ogni qual volta si debba stabilire l’esatto inquadramento
professionale di un lavoratore.
Il motivo è inammissibile, inoltre, laddove sollecita una rivisitazione del
merito della controversia non consentita in questa sede e non inficia la
motivazione dell’impugnata sentenza che risulta essere sintetica ma

adeguata e immune dai denunciati vizi.
Ed infatti, secondo quanto costantemente affermato da questa Corte, il
controllo di legittimità sulla motivazione delle sentenze riguarda unicamente
(attraverso il filtro delle censure mosse con il ricorso) il profilo della coerenza
logico-formale delle argomentazioni svolte, in base all’individuazione, che
compete esclusivamente al giudice di merito, delle fonti del proprio
convincimento, raggiunto attraverso la valutazione delle prove, il controllo
della loro attendibilità e concludenza, scegliendo tra di esse quelle ritenute
idonee a sostenerlo all’interno di un quadro valutativo complessivo privo di
errori, di contraddizioni e di evidenti fratture sul piano logico, nel suo intero
tessuto ricostruttivo della vicenda (v. ex multis, S.U. 5802/1998; Cass.
4770/2006, Cass. 1754/2007).
Nè appare sufficiente a contrastare le valutazioni del giudice di merito, il
fatto che alcuni elementi emergenti nel processo, e invocati dal ricorrente,
siano in contrasto con le valutazioni del giudice o con la sua ricostruzione
complessiva e finale. Il controllo, in sede di legittimità, sul giudizio di fatto del
giudice di merito non può infatti spingersi fino alla rielaborazione dello stesso
alla ricerca di una soluzione alternativa rispetto a quella ragionevolmente
raggiunta, da sovrapporre, in una sorta di terzo grado di giudizio di merito, a
quella operata nei due gradi precedenti, perché ritenuta la migliore possibile,
dovendosi viceversa muovere esclusivamente nei limiti segnati dall’art. 360
c.p.c., n. 5 (ex multis, Cass. 6064/2008, Cass. 9477/2009). Occorre,
pertanto, che gli specifici dati della controversia, dedotti per invalidare la
motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, siano
autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro
rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto dal giudicante o
determini, al suo interno, radicali incompatibilità sì da vanificare o da rendere
manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (v., ex multis,
Cass. 24744/2006, Cass. 1707612007).
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Ebbene, le deposizioni testimoniali trascritte ( peraltro solo per stralci e
neppure integralmente) ed i documenti richiamati in ricorso ( gli ordini di
servizio) non si presentano come decisivi nel senso sopraindicato.
Da quanto esposto discende il rigetto del ricorso.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono
poste a carico del ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
giudizio liquidate in euro 50,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, 24 aprile 2013
Il Consigliere est.

Il President

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese del presente

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