Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17128 del 09/08/2011

Cassazione civile sez. II, 09/08/2011, (ud. 18/04/2011, dep. 09/08/2011), n.17128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.L.L., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza dei

Caprettari n. 70, presso lo studio dell’Avvocato GUARDASCIONE Bruno,

dal quale è rappresentato e difeso, unitamente all’Avvocato Antonio

Giannone, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.R.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Campobasso n. 93 del

2006, depositata il 4 aprile 2006.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 18

aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per il ricorrente, l’Avvocato Bruno Guardascione;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. LETTIERI Nicola, che ha chiesto il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 2 novembre 1993, D.D. conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Larino, D.L. L. chiedendo che venisse ordinato a quest’ultimo di cessare di attraversare il fondo di proprietà di esso attore, con condanna al risarcimento dei danni.

Il D.L. si costituiva in giudizio contestando la domanda e proponendo domanda riconvenzionale volta a sentir dichiarare l’intervenuto acquisto, per usucapione, della servitù di passaggio sul fondo dell’attore, nonchè il suo diritto ad esercitare il passaggio anche con veicoli.

Nel corso del giudizio, il D.L. proponeva ricorso per essere reintegrato nel possesso della servitù; e tale domanda cautelare veniva accolta dal Giudice istruttore.

Con sentenza depositata il 25 settembre 2003, l’adito Tribunale respingeva sia la domanda del D., sia quella riconvenzionale di usucapione e di ampliamento del passaggio sul fondo dell’attore, confermando il provvedimento cautelare emesso in corso di causa. Il Tribunale riteneva che in presenza di un giudizio possessorio, quale quello introdotto dal D., non fosse possibile introdurre domande di natura petitoria, stante il divieto di cui all’art. 705 cod. proc. civ..

Avverso questa sentenza, il D.L. proponeva appello, al quale resisteva D.R., successore dell’originario attore.

La Corte d’appello di Campobasso, con sentenza depositata il 4 aprile 2006, rigettava il gravame e compensava per un terzo le spese del grado, ponendo a carico dell’appellante i restanti due terzi.

La Corte molisana riteneva corretta la qualificazione data dal Tribunale alla domanda del D., atteso che questi non aveva richiesto alcuna declaratoria di inesistenza di diritti affermati da altri sul proprio fondo, avendo invece chiesto (l’intervento giudiziale al fine di far cessare il passaggio come attuato dal confinante D.L., nonchè le molestie e le turbative asseritamente poste in essere da quest’ultimo. In sostanza, il D. aveva proposto un’azione ex art. 1170 cod. civ. e il fatto che la domanda fosse stata introdotta con citazione dinnanzi al Tribunale anzichè al Pretore, allora competente funzionalmente per le controversie possessorie, nulla toglieva al carattere sostanzialmente possessorio dell’azione proposta. Pertanto, essendo corretta la qualificazione della domanda operata dal Tribunale, doveva ritenersi del pari corretta la statuizione di improponibilità delle domande petitorie introdotte in via riconvenzionale dal convenuto. La Corte d’appello respingeva poi la domanda di risarcimento danni conseguenti allo spoglio accertato in corso di causa, ritenendo carente la prova di detti danni.

Per la cassazione di questa sentenza D.L.L. ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo; l’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente denuncia il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla qualificazione giuridica e alla natura dei rapporti giuridici dedotti in causa.

Il ricorrente ricorda che l’attore con la citazione notificata il 2 novembre 1993 aveva chiesto “che il Sig. D.L.L. cessi di attraversare il fondo del Sig. D., quantomeno nella forma con la quale opera, non avendo oltretutto alcun titolo”. Censura quindi la sentenza impugnata laddove questa ha affermato che l’originario attore non aveva chiesto la declaratoria di inesistenza di diritti (nella specie servitù) affermati da altri sul proprio fondo.

Ulteriore vizio della motivazione, sostiene il ricorrente, sarebbe dato dal fatto che il giudice di primo grado ha accolto il ricorso per reintegrazione nel possesso proposto in corso di causa;

provvedimento che non avrebbe potuto giammai trovare ingrosso in un giudizio possessorio, mentre doveva ritenersi pienamente proponibile in un giudizio avente ad oggetto una azione negatoria ex art. 949 cod. civ.. Così come la motivazione sarebbe erronea nella parte in cui la Corte d’appello ha negato rilievo al fatto che la domanda fosse stata proposta nelle forme della citazione dinnanzi al Tribunale e non con ricorso dinnanzi al Pretore che, all’epoca, era dotato di competenza funzionale in materia possessoria.

Il ricorso è fondato.

Dalla sentenza impugnata emerge che il Tribunale di Larino ha rigettato la domanda riconvenzionale proposta dall’odierno ricorrente di accertamento dell’avvenuta usucapione della servitù di passaggio a carico del fondo di proprietà del D. sulla base del rilievo che quest’ultimo, nel convenire in giudizio il D.L., non aveva richiesto alcuna declaratoria di inesistenza di diritti (nella specie servitù) affermati da altri sul proprio fondo – che è il contenuto precipuo dell’azione negatoria di cui all’art. 949 cod. civ. – e aveva quindi sollecitato l’intervento giudiziale al fine di far cessare il passaggio per come attuato dal D.L., nonchè le molestie e le turbative poste in essere da quest’ultimo, cosi proponendo una domanda di manutenzione nel possesso (art. 1170 cod. civ.), con conseguente inammissibilità della proposizione di una domanda petitoria, ai sensi dell’art. 705 cod. proc. civ..

Tale valutazione è stata condivisa dalla Corte d’appello, la quale ha rigettato tutte le censure svolte dal D.L. al fine di dimostrare la natura petitoria della domanda proposta dal D..

Il Collegio ritiene che sussista il denunciato vizio di motivazione.

Come riportato nel ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza, il D., nel novembre 1993, aveva convenuto il D.L. dinnanzi al Tribunale di Larino per ivi sentire accogliere, tra l’altro, le seguenti conclusioni: “che il Sig. D. L.L. cessi di attraversare il fondo del Sig. D., quantomeno nella forma con la quale opera, non avendo oltretutto alcun titolo”.

Nell’interpretare tale domanda, la Corte d’appello, recependo la valutazione espressa dal Tribunale, non ha tenuto adeguatamente conto del riferimento, contenuto nelle conclusioni, alla mancanza di titolo, in capo al D.L., per poter attraversare il fondo dell’attore e non ha quindi valutato tale riferimento anche alla luce del fatto che la domanda era stata proposta, non dinnanzi al Pretore (all’epoca competente per materia nelle controversie possessorie), ma dinnanzi al Tribunale con atto di citazione.

La motivazione della sentenza impugnata risulta dunque inidonea a giustificare l’interpretazione della domanda proposta dal D. come domanda possessoria (azione di manutenzione ex art. 1170 cod. civ.), anzichè come domanda negatoria, proposta dal proprietario di un fondo ai sensi dell’art. 949 cod. civ.. E’ ben vero che la Corte d’appello ha preso in esame il rilievo che la domanda era stata proposta dinnanzi al Tribunale e non al Pretore, ma ciò ha fatto sotto un profilo non pertinente rispetto al rilievo formulato dal ricorrente, il quale chiaramente, e correttamente, aveva sottolineato nella propria impugnazione come la forma della domanda (citazione e non ricorso possessorio) dovesse orientare l’interprete nella individuazione della domanda proposta.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata, sussistendo il denunciato vizio motivazionale, con rinvio per nuovo esame ad altro giudice, che si designa nella Corte d’appello di Napoli.

Al giudice del rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2011

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