Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17127 del 10/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 17127 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 25836-2010 proposto da:
GRUPPO EMMEDUE DIFFUSION S.R.L.

02014000406,

in

persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA AUGUSTO
IMPERATORE 22, presso lo studio dell’avvocato POTTINO
GUIDO MARIA, che la rappresenta e difende unitamente
2013

all’avvocato ZAULI CARLO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

1367

contro

ROCCHI FRANCO RCCFNC35D01E875A, domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE

Data pubblicazione: 10/07/2013

SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso

dall’avvocato CENTOFANTI SIRO, giusta delega in atti;

avverso la sentenza n.

controricorrente

311/2010 della CORTE D’APPELLO

di PERUGIA, depositata il 15/09/2010 R.G.N. 256/2009;

udienza del

17/04/2013

dal Consigliere Dott. PIETRO

VENUTI;
udito l’Avvocato POVIA MARIATERESA ELENA per delega
ZAULI CARLO;
udito l’Avvocato CENTOFANTI SIRO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso. –

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R.G. n. 25836/10
Ud. 17.4.13.2

Il sig. Franco Rocchi, agente di commercio della ditta
individuale di Nevio Monti, nel febbraio 2000 conveniva in giudizio
tale ditta, rivendicando spettanze retributive conseguenti al
rapporto di agenzia, cessato il 13 dicembre 1999.
In corso di causa Nevio Monti, prima stipulava un contratto
di affitto di azienda con la s.r.l. Gruppo Emmedue Diffusion, e
successivamente, in data 7 aprile 2005, cedeva defmitivarnente a
tale società la stessa azienda.
Ottenuta sentenza favorevole nei confronti della ditta
individuale, il Rocchi chiedeva ed otteneva decreto ingiuntivo nei
confronti della società cessionaria. Tale decreto veniva opposto
dalla società e il Tribunale di Perugia rigettava l’opposizione.
L’impugnazione proposta dalla società veniva rigettata dalla Corte
d’Appello della stessa sede con sentenza depositata il 15 settembre
2010.
Avverso questa sentenza la società ha proposto ricorso per
cassazione. Il lavoratore ha resistito con controricorso. Le parti
hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, denunziando violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 2558 e 2560 cod. civ., la ricorrente deduce
che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto che dei debiti
contratti dalla ditta individuale con il Rocchi fosse tenuta a
rispondere essa ricorrente.
Trascrive la ricorrente l’art. 3 del contratto di cessione

(“Successione nei contratti stipulati per l’esercizio dell’impresa – Ai
sensi e per gli effetti dell’art. 2558 c.c., i contraenti convengono che

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

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la parte cessionaria subentri in tutti i contratti stipulati dalla parte
alienante per l’esercizio dell’impresa cui inerisce l’azienda oggetto
del presente atto ad eccezione di quelli già stipulati dalla parte
cessionaria nella sua veste di affittuaria – La parte alienante
garantisce la validità e l’efficacia dei contratti ceduti “) nonché l’art.
Sono esclusi dalla presente vendita i crediti ed i debiti inerenti
all’azienda ceduta, che restano a favore ed a carico della parte
alienante, che si obbliga fin da ora a rimborsare alla parte
cessionaria quanto questa fosse tenuta a pagare per i debiti
predetti”), deducendo che, se era vero che la parte cessionaria era
subentrata nei contratti stipulati dalla parte alienante per
l’esercizio dell’impresa, nella specie il rapporto di agenzia “era
esaurito da anni”, essendo cessato nel 1999. Era dunque errato
l’assunto della Corte di merito, secondo cui doveva applicarsi l’art.
3 del contratto di cessione, che richiamava l’art. 2558 cod. civ., per
il solo fatto che vi era una causa in corso al momento della
cessione.
Né essa ricorrente era tenuta a rispondere del debito ai sensi
dell’art. 2560 cod. civ., posto che con l’art. 4 del contratto le parti
avevano espressamente pattuito di derogare a tale norma,
prevedendo che fossero esclusi dalla vendita sia i crediti che i
debiti inerenti all’azienda ceduta.
2. Con il secondo e il terzo motivo la ricorrente denunzia vizio
di motivazione circa fatti decisivi per il giudizio, rilevando che dalla
lettura della sentenza impugnata “si può ipotizzare” che la Corte di
merito non abbia tenuto conto che il rapporto di agenzia era
cessato nel 1999, circostanza questa che, ove fosse stata valutata,
avrebbe portato all’accoglimento del gravame per le ragioni
spiegate nel primo motivo.
3. Con il quarto motivo la ricorrente denunzia omessa
rilevazione del giudicato interno (art. 324 cod. civ.) e omessa
pronuncia (art. 112 cod. civ.), deducendo che con la sentenza di

4 dello stesso contratto («Debiti e crediti relativi all’azienda ceduta –

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primo grado era stato affermato che il rapporto di agenzia era
cessato nel 1999, prima della cessione dell’azienda. Il giudice
d’appello, nonostante tale accertamento, ha invece ritenuto,
erroneamente, che si trattava di un rapporto in atto o comunque
non definito, con conseguente subingresso del cessionario in tutti i
4. Con il quinto motivo la ricorrente, denunziando violazione
dell’art. 112 cod. civ., rileva che il giudice d’appello ha omesso di
pronunciare sulla censura, dedotta in sede di gravame, secondo
cui la sentenza di condanna emessa nei confronti della ditta
individuale e posta alla base del decreto ingiuntivo non costituiva

“valido giudicato inter partes circa il quantum della pretesa attorea”.
5. Con il sesto motivo, denunziando violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 2909 cod. civ., la ricorrente deduce che
l’accertamento contenuto nella sentenza resa nel giudizio
promosso dal Rocchi contro la ditta individuale non poteva
estendere i suoi effetti nei confronti della società acquirente, posto
che quest’ultima non aveva partecipato a quel giudizio.
6.

I primi quattro motivi, che in ragione della loro

connessione vanno trattati congiuntamente, non sono fondati.
La circostanza che il rapporto di agenzia era cessato da tempo
(nel 1999) quando la ditta individuale di Nevio Monti, nel 2003,
venne concessa in affitto all’odierna ricorrente, per essere poi
definitivamente venduta alla stessa, è un elemento che non è stato
mai posto in discussione dalle parti. Tale circostanza è stata
peraltro richiamata nella sentenza impugnata (cfr. pag. 4:

“….In

secondo luogo l’appellante afferma che il rapporto d’agenzia

era

cessato il 13 dicembre 1999, e, dunque….), ma per disattendere la
censura della società appellante, secondo cui il rapporto d’agenzia,
a seguito della sua cessazione, aveva esaurito i suoi effetti.
Sono dunque privi di fondamento il terzo e il quarto motivo, i
quali ipotizzano che la Corte territoriale non abbia tenuto conto

rapporti ex art. 2558 cod. civ.

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che il rapporto d’agenzia fosse cessato prima della cessione
dell’azienda.
Ciò posto, deve osservarsi che l’art. 2558, primo comma, cod.
civ. (Successione nei contratti) dispone che, se non è pattuito
diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti
carattere personale.
Questa Corte ha affermato, in più occasioni, che per effetto di
questa disposizione si verifica ipso iure, salvo patto contrario, la
cessione dei rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive, che
non abbiano carattere personale, ineriscano all’esercizio
dell’azienda e non siano ancora esauriti (Cass. n. 5534/94; Cass.
n. 8219/90; Cass. n. 5938/87; Cass. n. 564/79). Ciò in attuazione
della esigenza, che la norma esprime e tutela, di trasferire l’azienda
nella sua unitarietà e globalità di beni e rapporti giuridici.
E’ stato altresì precisato che il regime fissato dall’art. 2560,
comma 2, cod. civ., con riferimento ai debiti relativi all’azienda
ceduta, secondo cui dei debiti suddetti risponde anche l’acquirente
dell’azienda allorché essi risultino dai libri contabili obbligatori, è
destinato a trovare applicazione quando si tratti di debiti in sé soli
considerati, e non anche quando, viceversa, essi si ricolleghino a
posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il cessionario sia
subentrato a norma dell’art. 2558 cod. civ. Ed infatti, in tal caso, la
responsabilità si inserisce nell’ambito della più generale sorte del
contratto, purchè non già del tutto esaurito, anche se in fase
contenziosa al tempo della cessione dell’azienda (Cass. 16 giugno
2004 n. 11318; Cass. 11 agosto 1990 n. 8219 e, più recentemente,
Cass. 12 marzo 2013 n. 6107).
Nella specie, la Corte territoriale si è attenuta a tali principi,
osservando che sia al momento dell’affitto dell’azienda, avvenuto il
3 novembre 2003, che all’epoca del contratto di vendita, stipulato il
7 aprile 2005, il rapporto di agenzia del Rechi non aveva ancora
esaurito i suoi effetti, poiché il contenzioso con l’azienda cedente

stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa, che non abbiano

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era in pieno svolgimento: la sentenza che accertò i crediti del
Rocchi nei confronti della ditta cedente fu emessa in data 11 aprile
2005, ossia quattro giorni dopo la conclusione del contratto di
vendita e dopo oltre un anno dalla stipulazione del contratto
d’affitto. Di conseguenza dei debiti della ditta cedente nei confronti
l’azienda cessionaria.
7. Parimenti infondato è il quinto motivo.
La Corte territoriale, nell’affermare che la società cessionaria
era tenuta a rispondere dei debiti della ditta cedente nei confronti
dell’agente, accertati con la sentenza che ha definito il giudizio
promosso da quest’ultimo nei confronti di tale ditta, ha
implicitamente disatteso la censura relativa “al quantum della

pretesa attorea”.
8. Il sesto motivo è inammissibile.
La questione relativa alla inopponibilità al cessionario del
credito in questione, per non avere questi partecipato al giudizio
promosso dall’agente nei confronti della ditta individuale, non è
stata affrontata dal giudice d’appello né la ricorrente deduce di
averla proposta in tale sede.
Trattasi pertanto di questione nuova che non può trovare
ingresso in questo giudizio di legittimità.
9. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, previa
condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida a favore di
Franco Rocchi in 50,00 per esborsi ed 3.500,00 per compensi
difensivi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma in data 17 aprile 2013.

dell’agente doveva rispondere, in virtù dell’art. 2558 cod. civ.,

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