Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17126 del 14/08/2020

Cassazione civile sez. I, 14/08/2020, (ud. 31/10/2019, dep. 14/08/2020), n.17126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29967/2018 proposto da:

A.R., elettivamente domiciliato in Roma Via Torino 7 presso lo

studio dell’avvocato Barberio Laura che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Vitale Gianluca;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il

28/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31/10/2019 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Campobasso, con decreto depositato il 28 agosto 2018, ha rigettato la domanda proposta da A.R., cittadino del Bangladesh, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato per la inattendibilità delle sue dichiarazioni (costui aveva dichiarato di essere stato costretto a fuggire dal suo villaggio per essere stato accusato dagli oppositori del suo partito di appartenenza di un omicidio accaduto il giorno precedente durante una manifestazione politica, e di non voler tornare per la paura di essere assassinato per un tale infondata accusa).

Al richiedente è stata inoltre negata la protezione sussidiaria, essendo stata ritenuta l’insussistenza di una situazione di violenza generalizzata nella sua zona di provenienza.

Il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari per carenza di una condizione di vulnerabilità.

Ha proposto ricorso per cassazione A.R. affidandolo a due motivi. Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32, e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, e, in generale la violazione dei criteri per la concessione della protezione umanitaria.

Lamenta il ricorrente che il Tribunale di Campobasso, nel valutare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, alla luce dei criteri della sentenza di questa Corte n. 4455/2018, non ha effettuato alcuna indagine comparativa in merito al suo percorso di vita in Italia – ignorando sul punto la sottoscrizione di un contratto di lavoro – ed alla parallela prospettiva in caso di rientro in Bangladesh.

4. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che questa Corte ha già avuto modo di affermare che, anche ove sia dedotta dal richiedente una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili nel paese d’origine, pur dovendosi partire, nella valutazione di vulnerabilità, dalla situazione oggettiva di tale paese, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza. Infatti, ove si prescindesse dalla vicenda personale del richiedente, si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, e ciò in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (in questi termini Cass. n. 4455 del 23/02/2018).

Nel caso di specie, oltre a non essere stato dedotto assolutamente nulla dal ricorrente in ordine alle condizioni personali di vita prima della sua partenza dal paese d’origine (se non con riferimento ai motivi del suo allontanamento, ritenuti coerentemente non credibili dal Tribunale), nulla è stato parimenti allegato in ordine alla eventuale violazione dei diritti fondamentali in Bangladesh.

In sostanza, il ricorrente lamenta l’omessa effettuazione di un giudizio comparativo tra la situazione del suo paese d’origine e quella di integrazione nel paese d’accoglienza senza aver neppure fornito elementi rilevanti idonei a consentire tale raffronto.

Infine, inconferente è il livello di integrazione raggiunto dall’odierno nel paese d’accoglienza – il ricorrente deduce di aver sottoscritto un contratto di lavoro – elemento che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, può essere sì considerato in una valutazione comparativa al fine di verificare la sussistenza della situazione di vulnerabilità, ma non può, tuttavia, da solo esaurirne il contenuto (vedi sempre Cass. n. 4455 del 23/02/2018).

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, e la violazione dei criteri di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Contesta il ricorrente la mera strumentalità della sua domanda e l’assenza di qualsiasi comportamento anche solo astrattamente riconducibile alle ipotesi diolo e colpa grave.

4. Il motivo è inammissibile.

Va osservato che questa Corte ha più volte affermato che la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non comporta mutamenti nel regime impugnatorio, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 della stesso D.P.R.. Si deve quindi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanta adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dall’art. 113 del D.P.R. citato. (Cass. 29288/2017; conf. Cass. n. 30282018 e n. 32028/2018).

Ne consegue che il ricorrente avrebbe dovuto promuovere tempestivamente lo speciale procedimento di opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, e non attendere la proposizione del ricorso per cassazione.

La declaratoria di inammissibilità del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite, non essendosi il Ministero intimato costituito in giudizio.

Si applica il doppio contributo, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, non essendo il ricorrente stato ammesso al patrocinio a carico dello Stato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2020

 

 

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