Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17125 del 10/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 17125 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 2887-2011 proposto da:
ROGAZZO LUCIA nata a ROMA il 26/04/1972, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA UGO OJETTI 401, presso lo
studio dell’avvocato SCARPONI ANNA, rappresentata e
difesa dagli avvocati IVANA CERVONE, LUBRETO FRANCESCO
SAVERIO, FONTANAROSA GIUSEPPE, ANNARITA BILLWILLER,
2013

giusta delega in atti;
– ricorrente –

1180
contro

S.S.C.

SOCIETA’

SVILUPPO

COMMERCIALE

S.R.L.

08652300156, in persona del legale rappresentante pro

Data pubblicazione: 10/07/2013

k.

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAllA DEL
POPOLO 18, presso lo studio dell’avvocato RIZZO
NUNZIO, che la rappresenta e difende, giusta delega in
atti;
– controri corrente –

di NAPOLI, depositata il 03/02/2010 R.G.N. 9871/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/04/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAI SANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per
l’inammissibilità in via principale, in subordine

avverso la sentenza n. 6298/2009 della CORTE D’APPELLO

à

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 3 febbraio 2010 la Corte d’appello di Napoli ha dichiarato
inammissibile l’appello proposto da Rogazzo Lucia avverso la sentenza del
Tribunale di Napoli del 20 novembre 2007 con la quale era stata rigettata la
domanda proposta dalla medesima Rogazzo ed intesa ad ottenere la

Società Sviluppo Commerciale s.r.l. in data 18 febbraio 2003 a seguito di
un ammanco di €281,00 presso il supermercato di Casoria ove la ricorrente
prestava lavoro dipendente in qualità di cassiera. La Corte territoriale ha
motivato tale pronuncia di inammissibilità con il difetto di specifiche
doglianze pertinenti alle argomentazioni della sentenza di primo grado. In
particolare la corte napoletana ha valutato corrette e sufficienti tali
argomentazioni condividendole sia riguardo alla non necessità della
affissione del codice disciplinare stante il rilievo anche penale dell’illecito
commesso dalla lavoratrice, sia riguardo alla proporzionalità della
sanzione.
La Rogazzo propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato
ad un unico articolato motivo.
La Società Sviluppo Commerciale resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 434
cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione in relazione all’art. 360, n. 5
cod. proc. civ. per non avere complessivamente e correttamente valutato
tutte le prove a disposizione , con insufficiente, contraddittoria, illogica e
viziata motivazione nonché per vizio di omessa motivazione su un punto
decisivo. In particolare si deduce che la Corte territoriale non avrebbe
esaminato i motivi di appello limitandosi ad una acritica accettazione delle

dichiarazione di nullità del licenziamento per giusta causa intimatole dalla

argomentazioni svolte dal giudice di primo grado, e ribadendo
l’ammissibilità e la fondatezza del ricorso in appello con il quale si
lamentava puntualmente con dettagliate argomentazioni, la valutazione del
primo giudice in ordine alla gravità del comportamento della lavoratrice
che non giustificherebbe l’intimata risoluzione non integrando gli estremi

Corte napoletana non avrebbe valutato affatto l’elemento soggettivo del
comportamento contestato alla lavoratrice che, fra l’altro, neppure poteva
conoscere il divieto di utilizzo temporaneo del denaro in dotazione nella
cassetta, ritenendo trattarsi di prassi aziendale consentita a tutti i cassieri.
Il ricorso è infondato. Sebbene la Corte napoletana abbia svolto una sorta di
doppia motivazione per cui, pur ritenendo inammissibile l’appello, ha
esaminato il merito del medesimo pervenendo comunque ad un giudizio di
infondatezza del gravame, deve considerarsi corretto il giudizio del giudice
dell’appello che ha ritenuto inammissibile l’appello in base alle
considerazioni svolte. Dal canto suo l’attuale ricorrente non ha neppure
riportato l’atto di appello nel ricorso per cassazione, in tal modo non
consentendo neppure un giudizio sulla fondatezza del giudizio operato
dalla Corte d’appello, per cui il motivo sarebbe anche inammissibile perché
in violazione del principio di autosufficienza del ricorso.
La parte del ricorso con cui vengono censurate le affermazioni della Corte
d’appello relative al merito del giudizio sono irrilevanti ai fini della
decisione impugnata con la quale è stata statuita l’inammissibilità
dell’appello.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;

della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo. In particolare la

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in €
50,00 per esborsi ed € 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori
di legge.

Così deciso in Roma il 4 aprile 2013.

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