Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17124 del 09/08/2011

Cassazione civile sez. II, 09/08/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 09/08/2011), n.17124

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

EXPOR.TER s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso,

dall’Avvocato RUGGERI Giovan Paolo, elettivamente domiciliato in

Roma, via Boezio n. 92, presso lo studio dell’Avvocato Iolanda Noli;

– ricorrente –

contro

FERRAMENTA SEVERI DI VECCHIETTI DANTE & C. s.a.s., in persona

del

legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia n. 148 del 2006,

depositata il 9 maggio 2006.

Udita, la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 14

aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha chiesto il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 26 ottobre 1994, la Expor.Ter s.r.l.

proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Presidente del Tribunale di Perugia su istanza della Ferramenta Severi di Severi Maria & C. s.a.s., per il pagamento della somma di L. 22.762.722, portata da due ricevute bancarie scadute il 31 maggio e il 31 luglio 1994, emesse in relazione alla cessione di un credito vantato dalla istante verso la Molino Cooperativo Intercomunale s.c. a r.l., per fornitura di merci; cessione avvenuta in data 8 luglio 1993.

L’opponente eccepiva la risoluzione di diritto della cessione, essendosi la società opposta resa inadempiente all’obbligo di consegnare ad essa opponente le copie certificate conformi con atto notarile delle fatture e dell’estratto conto delle scritture contabili recanti il credito ceduto; obbligo posto a carico della cedente e da adempiere entro un termine considerato come essenziale.

In subordine, l’opponente eccepiva la risoluzione del contratto per grave inadempimento della opposta, e spiegava domanda riconvenzionale per la restituzione della somma corrisposta in esecuzione della cessione di credito alla ricorrente.

Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale di Perugia, con sentenza del 17 luglio 2002, accoglieva l’opposizione, dichiarava risolto il contratto di cessione e condannava la convenuta al rimborso di quanto già ricevuto, maggiorato degli interessi legali.

Avverso tale sentenza proponeva appello la Ferramenta Severi; si costituiva la Expor.Ter s.r.l.

La Corte d’appello di Perugia, con sentenza depositata il 9 maggio 2006, ha accolto l’appello e ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo, adottando le consequenziali statuizioni in punto di spese.

La Corte d’appello, richiamata la clausola del contratto di cessione che prevedeva l’obbligo di consegna al cessionario, entro sette giorni dalla stipula, dei documenti comprovanti l’esistenza del credito ceduto, ha escluso che detta clausola potesse integrare una condizione, come preteso dall’appellante e tuttavia ha ritenuto che il termine in detta clausola previsto non potesse essere qualificato come essenziale nell’interesse del cessionario. In proposito, la Corte d’appello ha rilevato che la essenzialità del termine è dalla giurisprudenza di legittimità riferita alla possibilità che l’utilità economica del contratto vada perduta con l’inutile decorso del termine stesso, e ha quindi escluso che, alla luce dei parametri indicati dalla Corte di Cassazione, il termine previsto dalle parti potesse considerarsi come essenziale. Ciò sia perchè le espressioni usate non apparivano poi così univoche in tale senso, potendosi l’essenzialità riferire non solo al termine di consegna, ma alla stessa previsione della consegna dei documenti specificati dalla clausola; sia perchè la documentazione in questione era stata, seppure tardivamente, consegnata alla cessionaria, senza che il ritardo nella consegna avesse vanificato per la cessionaria stessa l’utilità economica del contratto di cessione. Sotto tale aspetto, la Corte d’appello ha ritenuto decisiva, e quindi ammissibile in grado di appello, la produzione documentale effettuata dalla opposta di copia autentica di scrittura privata allegata al libro dei soci della fallita “A.C. s.r.l.”, dalla quale si desumeva la conferma di quanto sostenuto da Expor.Ter s.r.l., e già riferito da due testimoni, e cioè che, a fronte della cessione del 40% delle quote sociali del Mulino Comunale di Amelia, la Expor.Ter s.r.l. avrebbe soddisfatto l’obbligazione di pagamento della residua somma di L. 208.000.000, quanto a L. 148.924.133, con l’accollo del debito di pari importo vantato dalla ditta Severi nei confronti del Mulino Comunale. Dal complesso degli elementi probatori in atti, dunque, la Corte d’appello ha tratto la conclusione che non vi era dubbio in ordine alla esistenza e alla esigibilità del credito ceduto e che quindi il possesso della documentazione fosse necessario alla mera effettuazione di un riscontro, neppure per evitare un doppio pagamento, attesa la conoscenza che il debitore ceduto aveva della cessione, e neanche per ripetere la somma dal Molino di Amelia, essendo il pagamento-accollo effettuato a seguito della vendita delle quote della suddetta cooperativa. Attraverso la cessione, perfezionata con il rogito notarile, in sostanza, veniva data attuazione all’obbligo di acquisto delle quote sociali e veniva soddisfatto un fornitore avente importanza strategica nell’ottica dell’acquisto delle quote, evidentemente non finalizzato alla liquidazione, ma alla prosecuzione dell’attività produttiva.

A riprova di tale conclusione, la Corte d’appello rilevava che il cessionario aveva proseguito nei pagamenti, estinguendo ben dieci delle dodici rate previste, accettando l’emissione di una nuova ricevuta bancaria, eccependo la risoluzione solo al momento della notificazione del decreto ingiuntivo e accettando altresì la documentazione tardivamente trasmessagli.

Ove poi si fosse voluta ritenere la essenzialità del termine, la Corte d’appello riteneva fondato il secondo motivo di gravame, giacchè nelle indicate circostanze doveva ravvisarsi una implicita rinuncia della parte ad avvalersi del termine.

Per la cassazione di questa sentenza Expor.Ter s.r.l. ha proposto ricorso sulla base di due motivi; l’intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1457 cod. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto la non essenzialità soggettiva del termine apposto dalle parti alla cessione del credito. La risoluzione del contratto per inosservanza del termine che le parti hanno convenuto come essenziale presuppone sempre che l’inosservanza del termine sia imputabile al debitore e abbia il carattere della gravità, ma quando il termine è definito essenziale per volontà delle parti la gravità dell’inadempimento deve ritenersi insita nella stessa convenuta essenzialità del termine, restando precluso al giudice ogni accertamento sulla gravità nel caso di specie. Il mancato adempimento da parte della creditrice opposta dell’obbligo di consegna entro il termine pattuito come essenziale ha dunque prodotto la risoluzione del contratto.

Con il secondo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1457 cod. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto provata la intervenuta rinuncia del creditore ad avvalersi del termine pattuito fra le parti, ove essenziale. Lo spirare del termine di tre giorni previsto dall’art. 1457 cod. civ., per consentire alla parte, nel cui interesse è pattuita la essenzialità del termine, di comunicare all’altra parte la propria volontà di procedere nella esecuzione del contratto nonostante la scadenza del termine pattuito come essenziale, determina esso stesso l’effetto risolutivo del contratto, non essendo richiesta al contraente non inadempiente alcuna attività. Inoltre, la rinuncia ad avvalersi del termine, una volta scaduto, pur potendo essere implicita, deve desumersi da un comportamento che costituisca manifestazione inequivocabile della volontà della parte in tal senso. Nella specie, la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che l’avvenuto pagamento delle rate comportasse la rinuncia al termine, e ciò perchè in ogni caso il termine era già scaduto producendo l’effetto risolutivo suo proprio e perchè giammai il pagamento della parte adempiente può costituire per lo stesso creditore adempiente rinuncia ad avvalersi del termine essenziale. Una rinuncia avrebbe al più potuto essere ravvisata nell’accettazione della documentazione oggetto dell’obbligo rimasto inadempiuto dopo la scadenza del termine e senza alcuna riserva sul punto da parte di essa ricorrente; ma una simile evenienza non si era verificata nella specie. In ciò, dunque, la Corte d’appello avrebbe errato, perchè non vi era in atti la prova del fatto invece affermato come avvenuto e perchè, almeno fino al 9 dicembre 1994, vi era l’ammissione dell’inadempimento da parte della stessa creditrice opposta.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Occorre premettere che il termine per l’adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 1457 cod. civ., solo quando, all’esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo. Tale volontà non può desumersi solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre” quando non risulti dall’oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l’utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata (Cass. n. 25549 del 2007; Cass. n. 21838 del 2010).

Nel caso di specie, deve escludersi che sia sussistente la denunciata violazione di legge.

Invero, la Corte d’appello ha positivamente escluso che le parti abbiano inteso introdurre nella regolamentazione contrattuale un termine essenziale. A tale conclusione il giudice del gravame è pervenuto sia sulla base del tenore letterale della clausola contenete il termine (“quale condizione essenziale del presente contratto, la parte cedente è tenuta a consegnare i documenti di cui all’art. 1262 c.c., entro giorni sette dalla stipula del presente atto …”), ritenuta non univoca in tal senso, potendo la essenzialità essere riferita alla condizione e cioè all’adempimento dell’obbligazione accessoria di consegna della documentazione ex art. 1262 cod. civ., e non anche al termine di sette giorni; sia sulla base dell’assetto degli interessi perseguiti dalle parti, non essendo la tardiva consegna della documentazione in alcun modo idonea a far perdere l’utilità economica derivante dal negozio di cessione; sia, infine, sulla base del comportamento successivo tenuto dalle parti, e segnatamente dal cessionario, il quale ha proseguito nei pagamenti estinguendo dieci delle dodici rate previste, ha accettato l’emissione di una nuova ricevuta bancaria, ha eccepito la risoluzione solo al momento della notificazione del decreto ingiuntivo.

Lungi dal procedere alla asseritamente non consentita valutazione della gravità dell’inadempimento conseguente alla mancata osservanza del termine, la Corte d’appello ha dunque escluso in radice la stessa sussistenza del termine essenziale. Con il che la censura della ricorrente, che si sostanza nel rilievo che la Corte d’appello avrebbe dovuto solamente registrare la mancata osservanza del termine senza poter svolgere valutazioni in ordine alle conseguenze della violazione del termine, non coglie nel segno, non essendo neanche contestate la argomentazioni in base alle quali la Corte d’appello ha formulato la propria valutazione in ordine alla non essenzialità, nella specie, del termine di sette giorni previsto dalle parti.

Il rigetto del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del secondo, atteso che la valutazione sulla configurabilità, nel caso di specie, di una rinuncia ad avvalersi del termine essenziale postula l’accertamento della esistenza di un termine essenziale;

circostanza, questa, che, essendo stato respinto il primo motivo, deve ritenersi esclusa.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2011

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