Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17121 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. I, 16/06/2021, (ud. 23/04/2021, dep. 16/06/2021), n.17121

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16867/2019 proposto da:

O.M., rappresentata e difesa dall’avv. GIUSEPPINA

MARCIANO, e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 23/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/04/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano rigettava il ricorso proposto da O.M. avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che aveva respinto l’istanza di protezione, internazionale ed umanitaria, dallo stesso avanzata.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione O.M., affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 35 bis, art. 46 della Direttiva 2013/32/UE, artt. 6 e 13 della Convenzione E.D.U. e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, perchè il Tribunale non avrebbe adempiuto al dovere di cooperazione istruttoria, non disponendo l’audizione del richiedente e non consentendogli, quindi, di chiarire il contenuto della propria vicenda personale.

La censura è inammissibile.

Il ricorrente aveva riferito di aver lasciato in patria moglie e figlio, che non aveva mai conosciuto, e di essere fuggito perchè vessato da una banda criminale sin da quando egli si era iscritto alla facoltà di “public administration” del Politecnico di (OMISSIS). Aveva narrato di aver sporto denuncia contro i suoi persecutori, che lo avevano minacciato, tanto da indurlo a lasciare gli studi e tornare a (OMISSIS), dove tuttavia i suoi aguzzini lo seguivano, continuando ad angariarlo. Ne nasceva una colluttazione, all’esito della quale uno di essi trovava la morte. Gli altri membri della banca avevano allora picchiato padre e sorella del richiedente, il quale, temendo ulteriori ritorsioni, aveva deciso di fuggire.

La storia, già ritenuta non credibile dalla Commissione, è stata considerata dal Tribunale anche non idonea ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, poichè si tratterebbe di una vicenda privata, e comunque non tale da evidenziare un pericolo attuale, essendo i fatti narrati collocati, temporalmente, nel 2014.

La censura è inammissibile.

Il Tribunale ha svolto la cooperazione istruttoria, valutando il racconto del richiedente secondo gli indici delineati del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e ritenendolo carente di coerenza interna, alla luce delle contraddizioni evidenziate e della genericità del racconto (cfr. pagg. 5 e 6 del decreto). Ha poi espresso anche altre rationes, non attinte dal motivo in esame ed autonomamente idonee a sostenere la statuizione di rigetto della domanda di protezione: in particolare, la non idoneità della storia e la non attualità del pericolo.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente rigettato la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), alla luce della condizione di violenza generalizzata esistente in Nigeria.

La censura è inammissibile.

Il Tribunale ha esaminato la situazione della Nigeria, indicando le C.O.I. consultate e dando atto delle specifiche informazioni da esse tratte (cfr. pag. 9 del decreto). Non si configura, pertanto, alcun profilo di omesso esame del contesto interno del Paese di origine del richiedente.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 5 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente denegato anche il riconoscimento della protezione umanitaria.

La censura è inammissibile.

Il decreto impugnato dà atto che il ricorrente aveva allegato di aver frequentato un corso di lingua e di aver lavorato in base a contratto a tempo determinato, conclusosi a novembre 2018 (cfr. pag. 12). Evidenzia, però, che al momento della decisione il richiedente non aveva nè un lavoro, nè un domicilio stabile. Il ricorso non attinge questo passaggio della motivazione, poichè il ricorrente si limita ad invocare una nuova comparazione tra le condizioni di vita in Italia e in patria, senza allegare alcun elemento concreto che il Tribunale non avrebbe considerato, o avrebbe valutato in modo non adeguato, e senza tener conto che il giudizio comparativo va condotto non in termini assoluti, ma con riferimento alla singola posizione soggettiva. La doglianza, pertanto, si riduce ad una generica istanza di revisione del giudizio di fatto svolto dal giudice di merito, estranea alla finalità ed alla natura del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U., Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, considerato che l’atto notificato dal Ministero non presenta i requisiti minimi del controricorso.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 23 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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