Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1712 del 24/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 1712 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FEDERICI FRANCESCO

ORDINANZA
sul ricorso 24976-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

SINISCALCHI GUGLIELMO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 51/2010 della COMM.TRIB.REG. c14
()te-1101’TE
T4.HO, depositata il 24/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 27/09/2017 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO FEDERICI;

Data pubblicazione: 24/01/2018

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in
persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

RITA SANLORENZO che ha chiesto il rigetto dei ricorso.

Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate, sulla base di quattro motivi, ha tempestivamente
impugnato la sentenza n. 51/36/10, depositata dalla Commissione Tributaria
Regionale del Piemonte il 24.05.2010;
ha riferito che con ricorso notificato 11 aprile 2008 il contribuente
Siniscalchi impugnava la ‘ cartella esattoriale n 11020080013131461, emessa il

n. 600 del 1973, gli era ingiunto il pagamento di C 3.513,67 a titolo di
tassazione separata per TFR e prestazioni di capitali, relativamente all’anno
d’imposta 2003.
Le contestazioni del contribuente in ordine al ricalcolo dell’IRPEF sulle
prestazioni pensionistiche erogate in forma di capitale e relative al biennio
1.01.2001/01.01.2003 erano accolte dalla CTP di Torino e l’appello della
Agenzia era rigettato dalla CTR del Piemonte con la sentenza ora impugnata.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per
violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c., per
omessa pronuncia sulla richiesta al giudice d’appello di chiarire quale tipo di
calcolo avrebbe dovuto essere seguito dalla Amministrazione;
con il secondo ed il terzo motivo (quest’ultimo nella numerazione indicato
sempre con il n. 2) la violazione e falsa applicazione degli artt. 17, co. 1, 17 bis
del TUIR, 23, co. 5 del d.lgv. n. 252 del 2005, in relazione all’art. 360 co. 1 n.
3 c.p.c., per l’erronea applicazione delle suddette disposizioni sotto più profili;
con il quarto motivo (nella numerazione del ricorso riportato come n. 2 bis)
l’insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso ai fini del
giudizio, in relazione all’art. 360 co. 1, n. 5 c.p.c.
Sono stati formulati i quesiti di diritto, in ossequio alla disciplina dettata
dall’art. 366 bis c.p.c., che però ratione temporis non era più vigente.

RG N 24976/2010
1.\ Federici

10 marzo 2008, con la quale, a seguito di liquidazione ex art. 36 bis del d.P.R.

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il controricorrente non si è costituito, mentre la Procura Generale, con
memoria depositata tempestivamente ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., ha
chiesto il rigetto del ricorso;

Considerato che:
il primo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

pronuncia su tutta la domanda, in particolare perché con l’appello l’Agenzia
aveva chiesto alla Commissione Regionale quale tipo di calcolo avrebbe dovuto
essere eseguito dall’Amministrazione per determinare correttamente l’imposta
dovuta dal contribuente per le prestazioni pensionistiche erogate in forma di
capitale, richiesta che invece non avrebbe ricevuto risposta. Sennonché,
perché si ritenga integrato il requisito di autosufficienza del motivo di ricorso
per cassazione, quando relativo alla valutazione da parte del giudice di merito
di atti processuali o di documenti, occorre specificare la sede in cui nel
fascicolo d’ufficio o in quelli di parte essi siano rinvenibili, nonché la
trascrizione nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di
doglianza; diversamente, risulta violato il disposto dell’art. 366, co. 1, n. 6)
c.p.c. (Cass., Sez. 6-3, Ord. n. 22607 del 2014; Cass., Sez. 3, Sent. n. 8569
del 2013). Nel caso che ci occupa il motivo di ricorso è totalmente privo di
riferimenti specifici alla sede in cui è rinvenibile l’atto di gravame, né risulta
trascritta la parte del medesimo che sollecitava il giudice d’appello a
pronunciarsi sul punto. Quanto all’esercizio del potere di esame degli atti del
giudizio di merito da parte del giudice di legittimità, se denunciata la violazione
di norme processuali, si tratta di potere che presuppone comunque
l’ammissibilità del motivo di censura (Cass., Sez. 1, sent. n. 2771 del 2017;
Sez. 5, sent. n. 10272 del 2017; Cass., Sez. 5, sent. n. 19410 del 2015).
A margine, la motivazione della sentenza impugnata è finalizzata a
spiegare perché il calcolo dell’imposta eseguito dal contribuente sia stato
ritenuto corretto, e di contro erroneo il metodo adottato dalla Agenzia, sicchè
appare del tutto incomprensibile la censura formulata dalla ricorrente.
RGN 24976/2010
Fe erici

r’

La ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa

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Il secondo motivo di ricorso è infondato. L’Amministrazione lamenta la
violazione e falsa applicazione delle norme che regolano il calcolo dell’imposta
delle somme erogate in forma di capitale a titolo di prestazioni pensionistiche,
in particolare degli artt. 17 co. 1 e 17 bis del TUIR (all’epoca vigenti), 23 del
d.lgv. n. 252 del 2005. In sintesi riconosce che il sistema di tassazione
prevede, per il periodo di maturazione a partire dall’1.1.2001, che l’imposta sia

all’anno in cui è maturato il diritto alla percezione), dovendo poi procedersi alla
liquidazione definitiva da parte dell’Ufficio sulla base della aliquota media di
tassazione dei cinque anni precedenti a quello di erogazione; afferma che
tuttavia questa disciplina ha subìto una deroga applicativa in forza dell’art. 23
co. 5 del d.lgv. n. 252 del 2005 «di guisa che devesi concludere nel senso
che per le prestazioni erogate anteriormente alla data di entrata in vigore del
suddetto decreto (i.e., 1.1.2007), per le quali gli uffici finanziari non hanno
provveduto [per quella data] alla iscrizione a ruolo non si da luogo all’attività di
ri-liquidazione prevista dal medesimo secondo periodo del comma primo
dell’art. 20 del medesimo testo unico»

(così pag. 5 del ricorso). Di qui la

pretesa di applicazione della sola aliquota marginale dell’anno di percezione,
determinato dalla Amministrazione nel 40,48%, superiore evidentemente a
quella media dell’ultimo quinquennio, applicata dal contribuente.
La sentenza censurata, sebbene con linguaggio non sempre lineare, espone
i criteri di determinazione dell’imposta, concentra l’attenzione sul periodo di
contribuzione oggetto di controversia, 1.01.2001/1.01.2003, riporta il
ragionamento elaborato dalla Amministrazione e in particolare le ragioni
giuridiche che avrebbero escluso il riferimento alla aliquota media degli ultimi
cinque anni, e, criticando tale posizione anche per l’ingiustificato ritardo della
Agenzia nella riliquidazione dell’imposta, rigetta l’impugnazione della
amministrazione.
Il ricorso avverso tale sentenza non è fondato, sebbene la motivazioni
necessiti delle puntualizzazioni e integrazioni appresso illustrate.
È innanzitutto indubbio che l’avvicendarsi disordinato di modifiche
normative alla disciplina impositiva delle prestazioni pensionistiche, e in
RGN 24976/2010
MFed rici

calcolata attraverso la determinazione del reddito di riferimento (con riguardo

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particolare a quelle erogate in forma di capitale, assoggettate a tassazione
separata, ha originato un sistema confuso.
Qui è sufficiente rammentare che tali prestazioni furono incluse tra quelle
soggette a tassazione separata nel comma 1, lett. a bis) dell’art. 16 del TUIR,
che rinviava alla tipologia compresa nell’art. 47, co. 1, lett. h bis. L’imposta era
poi determinata ai sensi dell’art. 17 bis, introdotto dal d.lgv. n. 47 del 2000

TUIR per la individuazione della aliquota (nel titolo disciplinante le indennità di
fine rapporto). Il d.lgv. n. 344 del 2003 risistemò successivamente il Testo
Unico, così che, anche con parziali modifiche, il contenuto dell’art. 16 fu
trasfuso nell’art. 17, il vecchio art. 17 nel 19, il vecchio art. 17 bis nel 20, l’art.
47 nel 50. Nell’incessante spirito riformatore del Legislatore è ancora
successivamente intervenuto il citato d.lgs. n. 252 del 2005, che ha
ridisciplinato il regime tributario delle forme pensionistiche complementari (con
l’art. 17), ha abrogato l’art. 20 del TUIR, con decorrenza 1.1.2007 (con l’art.
21, co. 3, lett. c), ha regolamentato la disciplina transitoria per le imposte
dovute dai soggetti già iscritti a regimi pensionistici complementari alla data di
entrata in vigore della nuova disciplina (con l’art. 23, co. 5, che è la norma cui
si appella l’Amministrazione), prevedendo peraltro che

“per le prestazioni

erogate anteriormente alla suddetta data [1.1.2007] per le quali gli uffici
finanziari non hanno provveduto a tale data, all’iscrizione a ruolo per le

maggiori imposte dovute ai sensi dell’art. 20, comma 1, secondo periodo, del
predetto testo unico [leggi TUIR], non si da luogo all’attività di riliquidazione
prevista dal medesimo secondo periodo del comma 1 dell’art. 20 del medesimo
testo unico” (art. 23, co. 5, ultima parte).
Per quello che qui interessa ed in riferimento all’anno 2003, anno di
percezione da parte del Siniscalchi delle prestazioni pensionistiche erogate in
forma di capitale di cui all’art. 20 cit. e relative al periodo 1.1.2001/1.1.2003,
trovava applicazione, a Seguito del riordino del TUIR, il nuovo art. 19, co. 1,
che, riprendendo il contenuto del vecchio art. 17, prevedeva la riliquidazione
delle suddette prestazioni con l’aliquota media dei redditi percepiti nell’ultimo
quinquennio.
RGN 24976/2010
R Federici
/ il ,;
i

(art. 10, co. 1, lett. b). L’art. 17 bis a sua volta rinviava all’art. 17 co. 1 del

Ebbene l’Amministrazione, pur riconoscendo la pertinenza di quel metodo,
tuttavia si appella all’ultimo periodo del comma 5 dell’art. 23 del d.lgv. 252
cit., mutuando quasi alla lettera la norma, per sostenere che l’aliquota
applicabile nel caso di specie fosse invece solo quella marginale dell’anno in cui
il reddito è percepito, non essendosi ancora provveduto alla riliquidazione sino
all’1.01.2007.

è avveduta che il legislatore del 2005, nel disciplinare il regime transitorio
impositivo delle prestazioni previdenziali già erogate in forma di capitale al
momento dell’entrata in vigore della legge (1.1.2007) -per i quali gli uffici
finanziari non avessero ancora provveduto alla iscrizione a ruolo- ne ha escluso
la riliquidazione non per qualunque ipotesi, bensì per quelle implicanti
l’iscrizione di “maggiori” imposte. Dunque, stando alla lettera della norma
invocata dalla Amministrazione, era proprio e solo la riliquidazione di maggiori
imposte che veniva inibita all’ufficio con la disciplina transitoria. Il dato
letterale non è di poco conto, atteso che la disciplina applicabile con la
definitiva sistemazione della materia nel TUIR prevede la riliquidazione
dell’imposta

«in base all’aliquota media di tassazione dei cinque anni

precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione iscrivendo a ruolo
le maggiori imposte dovute ovvero rimborsando quelle spettanti».

Deve

allora desumersi che al contribuente sottoposto al vecchio regime sì è voluto
evitare un appesantimento dell’onere fiscale per le ipotesi in cui alla data
dell’1.01.2007 l’Amministrazione non abbia ancora provveduto alla
riliquidazione delle imposte sulle pensioni percepite in forma di capitale dopo il
2001. Deve dunque escludersi l’applicazione della aliquota marginale relativa
all’anno di riscossione, che l’Amministrazione pretende di applicare a fronte di
quella media dell’ultimo quinquennio, qualora, come nel caso di specie, tale
operazione comporti una maggiore imposta rispetto a quanto già versato
secondo i criteri previsti dall’art. 19, co. 1 (già 17) del TUIR.

Il terzo ed il quarto motivo sono invece inammissibili perché ne difetta
l’autosufficienza, non comprendendosi neppure l’iter argomentativo delle
RGN 24976/2010
Rei Federici
i

Sennonchè, proprio riprendendo la lettera della norma, la ricorrente non si

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censure, e in ogni caso, a margine, entrambi non colgono il contenuto
dell’intera motivazione con la quale la CTR ha sorretto la decisione.

Considerato che
il ricorso va pertanto rigettato; quanto alle spese, nulla va disposto non

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Quinta civile
della Corte suprema di cassazione, il giorno 27 settembre 2017.

essendosi costituito il controricorrente.

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