Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1712 del 23/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/01/2017, (ud. 10/01/2017, dep.23/01/2017),  n. 1712

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20200-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

STUDIO COMMERCIALISTI ASSOCIATI P.R., C.E. E

B.B., P.I. (OMISSIS), in persona di P.R.,

C.E. e B.B., elett. Dom. in ROMA, P.LE CLODIO 14, presso

lo studio dell’avvocato Graziani Andrea, rappresentato e difeso

dall’Avvocato PIETRO RAGOGNA, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 57/08/2014 emessa il 02/12/2013, della

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di TRIESTE, depositata il

28/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2017 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte,

costituito il contraddittorio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), osserva:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR friulana che il 28 gennaio 2014 ha riformato la decisione della CTP-Pordenone e ha accolto la domanda dello Studio Comm. Ass. P. – C. – B., laddove essa è diretta a ottenere il rimborso dell’IRAP versata (2000) per la parte di attività scindibile e rivolta alla partecipazione dei professionisti ai collegi sindacali di società terze. La parte privata resiste con controricorso e ricorso incidentale.

La ricorrente principale erroneamente censura – per violazione di norme di diritto sostanziali (D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3; D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 50 e 53; art. 2697, c.c.) – la sentenza d’appello laddove stima l’attività di sindaco “estranea all’attività professionalè; “assimilata al lavoro dipendente” e “svolta con l’ausilio della struttura del soggetto societario del quale il sindaco è organo sociale”, con consequenziale “scindibilità dell’imponibile” del relativo professionista perchè priva del requisito dell’autonoma organizzazione.

L’assunto del giudice merito si pone in continuità con i principi regolativi della materia compendiati da Cass. n. 4246 del 2016 (e sent. ivi cit.) nel senso che il commercialista, che sia anche amministratore, revisore e sindaco di società, non è soggetto a IRAP per il reddito netto di tali attività perchè è soggetto a imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata; il che non si verifica nelle specie in quanto per la soggezione a IRAP non è sufficiente che il commercialista normalmente operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra di per sè il requisito dell’autonoma organizzazione rispetto ad un’attività rilevante quale organo di una compagine terza.

Già con Cass. n. 10594 del 2007, n. 15803 del 2011 e n. 3434 del 2012 si è chiarito – con riferimento a fattispecie nella quale si discuteva di redditi realizzati dal libero professionista nell’esercizio di attività sindaco, amministratore di società, consulente tecnico – che non sia soggetto a imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale a quell’attività specifica purchè risulti possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l’esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati.

Tale accertamento spetta al giudice di merito ed è sindacabile in sede di legittimità nei limiti ristretti della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 5, nella specie neppure invocata e da interpretarsi come riduzione del sindacato al “minimo costituzionale” ovverosia alla “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, alla “motivazione apparente”, al “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e alla “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

Conseguentemente il ricorso principale può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, con ordinanza di rigetto in forma semplificata; il che comporta l’assorbimento del ricorso incidentale su questione preliminare di merito (Cass. Sez. U, Sentenza n. 7381 del 25/03/2013, Rv. 625558). Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate in ragione del recente consolidamento della giurisprudenza in materia.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e compensa spese del giudizio di legittimità.

Dà atto che, a carico della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, commi 1 quater e 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2017

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