Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17118 del 13/08/2020

Cassazione civile sez. II, 13/08/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 13/08/2020), n.17118

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21353-2019 proposto da:

A.I., rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANBATTISTA

SCORDAMAGLIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, PROCURA DELLA REPUBBLICA DI CATANZARO;

– intimati –

avverso il decreto n. cron. 1566/2019 del TRIBUNALE di CATANZARO,

depositato il 03/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/02/2020 dal Consigliere Dr. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

A.I., cittadino pakistano proveniente dalla regione del Punjab, con ricorso depositato il 28.11.2017, impugnò il provvedimento della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Crotone, che aveva rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ed il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

Il Tribunale di Catanzaro, con decreto del 3.6.2019, rigettò la domanda; A.I. ricorre per cassazione avverso il citato provvedimento per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso R.A. sulla base di un unico motivo;

il Ministero degli Interni non ha svolto attività difensiva;

Ritenuto che:

con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perchè il Tribunale non avrebbe adeguatamente valutato la condizione di vulnerabilità del ricorrente, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari; sostiene che, in caso di rientro nel paese di origine, dopo la morte dei genitori e l’allontanamento del fratello in Italia si troverebbe senza alcun legame affettivo, in condizione di completa indigenza, con un problema di salute a rischio di recidiva e l’assenza di cure gratuite. Evidenzia, inoltre, la sussistenza di uno stabile inserimento in Italia, attraverso la frequentazione di corsi di lingua italiana;

il motivo è inammissibile, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte in materia di presupposti necessari per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

il rilascio del permesso di soggiorno per gravi ragioni umanitarie, nella disciplina di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, – applicabile ratione temporis, in conformità a quanto disposto da Cass., Sez. Un. 29459 del 13/11/2019, essendo stata la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno proposta prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018 rappresenta una misura atipica e residuale, volta a tutelare situazioni che, seppur non integranti i presupposti per il riconoscimento delle forme tipiche di tutela, si caratterizzino ugualmente per la condizione di vulnerabilità in cui versa il richiedente la protezione internazionale;

– l’accertamento della summenzionata condizione di vulnerabilità avviene, in ossequio al consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/05/2019 n. 13088; Cass. civ., sez. I, n. 4455 23/02/2018, Rv. 647298 – 01), alla stregua di una duplice valutazione, che tenga conto, da un lato, degli standards di tutela e rispetto dei diritti umani fondamentali nel Paese d’origine del richiedente e, dall’altro, del percorso di integrazione sociale da quest’ultimo intrapreso nel Paese di destinazione;

– le Sezioni Unite hanno consolidato l’indirizzo espresso dalle Sezioni Semplici, secondo cui occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto nel nostro Paese, isolatamente ed astrattamente considerato (Cassazione civile sez. un., 13/11/2019, n. 29459).

– in disparte le considerazioni del Tribunale in relazione alla carenza di credibilità intrinseca delle dichiarazioni rese dal ricorrente, le dedotte ragioni di solitudine e di indigenza economica non possono essere poste a fondamento del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in quanto non integrano una grave violazione dei diritti umani (in termini Cass.Civ. Sez. I, 06/12/2018, n. 31670);

– quanto alle condizioni di salute, il giudice di merito ha valutato la certificazione medica, risalente al 2017, attestante la diagnosi di “fistola sacroccigea”, con la previsione di un successivo controllo per intervento chirurgico, cui non era seguita altra documentazione sanitaria da cui poteva evincersi l’evoluzione o la remissione della patologia o, semplicemente la scelta di non sottoporsi all’intervento;

anche la certificazione medica attestante la “vitiligine” non era corredata da alcuna altra prescrizione;

ne consegue che il Tribunale ha correttamente escluso che dette patologia presentassero un certo grado di gravità, fossero urgenti e necessarie, risultando invece dal comportamento del ricorrente l’assenza di volontà di sottoporsi a trattamenti sanitari, che, evidentemente, non possono essere obbligatori;

inoltre, è stata accertata la presenza, nel distretto di Gujrat di numerosi ospedali pubblici e privati, che potrebbero fornire la cura ed eventualmente la prestazione dell’intervento chirurgico;

del resto, il rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, secondo la Corte di Giustizia (sentenza del 24.4.2018 nella causa C353/2016) richiede l’accertamento della gravità della patologia, la necessità ed urgenza delle cure nonchè la presenza di gravi carenze del sistema sanitario del paese di provenienza, presupposti che, invece, non sono stati ritenuti sussistenti nel presente giudizio;

parimenti, l’attestazione della frequenza di un corso per l’apprendimento della lingua italiana non può costituire indice di un radicamento e di effettiva integrazione del cittadino straniero;

il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

non deve provvedersi sulle spese non avendo il Ministero svolto attività difensiva;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2020

 

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