Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17118 del 10/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 17118 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 15118-2012 proposto da:
BRACCI CARLA BRCCRL64L58H501G, AMTIGNANO MAURIZIO
NTGMRZ66P23H501W, ANTONINI RINA NTNRNI53C55G765D,
BAGNONI EMILIO BGNMLE45B27D612Z, BARTOLELLI DANILO
BRTDNL68T28H501N, AGOSTINO GIUSEPPINA
GSTGPP52L70A258X, CARUSO ADRIANA CRSARN51B60F512Z,
2013
1032

CINGOLANI CLARICE CNCCRC72S42D773P, LIBERALI SILVIO
LBRSLV55M03H501P, MARULLI GIUSEPPE MRLGPP59L19H501B,
ONIDA ALESSANDRO NDOLSN65M03H501F, PALERMO CARMELA
PLRCCML56B56C351C,

PASCULLI

FRANCESCA

PSCFNC73S66D122M, PEPARELLO SILVANA PPRSVN53B67A949W,

Data pubblicazione: 10/07/2013

POLITO OLIVIA

PLTLV045S54D390X,

ROCCETTI

LAURA

RCCLRA54D6OH501H, ROMANO FABRIZIO RMNFRZ62S27H501Q,
ROSSI GIUDITTA RSSGTT55H61H501I, SANTINI GIANDONATO
SNTGDN60P13H501H, SAVASTANO CORRADO SVSCRD55B24L259C,
SBORDONE ANTONIO SBRNTN45M27G311W, SERRONI ANDREA

TADDEI SILVIA TDDSLV73P63H501T, ZAMPETTI MIRKO
ZMPMRK71C09H501C,

ZOPPO TIZIANA ZPPTZN67D45H501G,

PROIETTI RAFFAELE PRTRFL65A31H501P, tutti
elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE
MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato MONTALDO
PAOLO MARIA, che li rappresenta e difende unitamente
agli avvocati LUBERTO ENRICO, NARDI CARLANTONIO
giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587;
– intimato –

avverso la sentenza n. 4846/2011 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/06/2011 R.G.N.
3930/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/03/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato MONTALDO PAOLO MARIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SRRNDR72H3OH501E, SOCINI ROSSELLA SCNRSL53L48H01H,

Generale Dott. ENNIO ATTILIO SERE che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo
Con sentenza dell’i /6 — 9/6/2011 la Corte d’appello di Roma, nel pronunziarsi
sull’impugnazione proposta dal Ministero della Giustizia avverso la sentenza del
giudice del lavoro del Tribunale di Roma che l’aveva condannato a corrispondere

per lo svolgimento di lavori socialmente utili e quanto ai medesimi dovuto in base
al trattamento retributivo previsto per il personale dipendente di pari livello, ha
riformato la sentenza gravata i dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice
ordinario per il periodo anteriore all’1/7/1998 e rigettando integralmente le
domande dei lavoratori con riferimento al periodo successivo.
La Corte ha spiegato che nella fattispecie i progetti e le convenzioni oggetto di
causa erano risultati pienamente riconducibili alla tipologia dei lavori socialmente
utili prevista dalla legge di riferimento, tanto più che l’indicazione di tali lavori non
aveva carattere tassativo; inoltre, i lavoratori impegnati nell’ambito di tali progetti e
convenzioni avevano svolto incombenze riconducibili alle qualifiche professionali
alle quali erano stati rapportati sulla base del loro reclutamento.
Per la cassazione della sentenza propongono ricorso i lavoratori di cui in epigrafe,
i quali affidano l’impugnazione a tre motivi di censura.
Rimane solo intimato il Ministero della Giustizia.
Motivi della decisione
Col primo motivo i ricorrenti denunziano la violazione degli artt. 1 e 2 del D.Igs n.
468/1997, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., in quanto contestano l’affermazione
della Corte di merito secondo la quale l’ampia locuzione utilizzata dal legislatore
nella definizione dei lavori socialmente utili escluderebbe il carattere tassativo
delle attività elencate ed assumono che, invece, vi sarebbe una sostanziale
differenza tra i lavori di pubblica utilità, di cui al secondo comma, lettera a) dell’art.
1 del citato decreto legislativo, mirati alla creazione di occupazione in specifici
settori pubblici, e quelli per la realizzazione di progetti aventi obiettivi di carattere

1

agli odierni ricorrenti la differenza tra quanto ad essi versato a titolo di compensi

straordinario (lettera c). Aggiungono i ricorrenti che queste due diverse fattispecie
sono differenti tra loro per finalità e requisiti, per cui ove difetti la straordinarietà è
nullo il progetto che venga ugualmente proposto ed applicato in amministrazioni
ed ambiti pubblici diversi da quelli indicati nel successivo art. 2 dello stesso

della Giustizia erano da considerare nulli in quanto non ricorrevano i requisiti della
straordinarietà e dell’urgenza, per cui bene aveva fatto il giudice di primo grado a
ritenere applicabile la norma di cui all’art. 2126 c.c.
Col secondo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., l’insufficiente
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in quanto ci si
duole della circostanza per la quale la Corte d’appello non avrebbe
adeguatamente spiegato la ritenuta straordinarietà della situazione che aveva
giustificato l’adozione di progetti nei quali erano stati impiegati gli odierni ricorrenti,
la sola che avrebbe consentito il lecito ricorso all’impiego di lavoratori socialmente
utili.
Col terzo motivo ci si duole, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., della contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento alla
dedotta circostanza della mancanza di coerenza tra progetto e funzioni assegnate
ai lavoratori socialmente utili, la qual cosa era stata segnalata per denunziare il
loro impiego a basso costo ed in frode alla legge, donde la loro utilizzazione in
mansioni identiche a quelle dei lavoratori di ruolo.
I tre motivi appena esposti possono essere esaminati congiuntamente in quanto
tra loro connessi.
Orbene, deve rilevarsi che all’indicazione dei lavori socialmente utili contenuta
originariamente nel D.L. n. 299 del 1994, art. 14, convertito nella legge n. 451 del
1994 (“Per lavori socialmente utili si intendono quelli rivolti a settori innovativi
quali: i beni culturali, la manutenzione ambientale, il recupero urbano, la ricerca, la
formazione e la riqualificazione professionale, il sostegno alla piccola e media

2

Av>

decreto legislativo. Nella fattispecie essi evidenziano che i progetti del Ministero

impresa in tema di erogazione di servizi e di sostegno alla commercializzazione e
all’esportazione, í servizi alla persona”), non può essere attribuito carattere
tassativo, come è dato desumere dalle amplissime locuzioni utilizzate e
dall’espresso carattere esemplificativo delle medesime (“settori innovativi quali”). Il

abrogato dal D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 13, comma 1; tale decreto, con norma di
riferimento, ha fissato il generale principio secondo cui “Si definiscono lavori
socialmente utili le attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la
fornitura di servizi di utilità collettiva, mediante l’utilizzo di particolari categorie di
soggetti, alle condizioni contenute nel presente decreto legislativo,
compatibilmente con l’equilibrio del locale mercato del lavoro” (D.Lgs. n. 468 del
1997, art. 1, comma 1, espressamente richiamato dal D.Lgs. n. 81 del 2000, art. 3,
comma 1); dal che è agevole desumere come l’amplissima locuzione utilizzata
esclude il preteso carattere tassativo delle attività stesse, che il successivo comma
2 (poi in larga parte abrogato dal D.Lgs. n. 81 del 2000, art. 10) si limitava a
distinguere per “tipologia”.
Integrano inoltre tale disposizione, ma non ne riducono l’ambito di efficacia, le
ulteriori previsioni dei lavori di pubblica utilità (D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 2,
comma 1), dei servizi tecnici integrati della pubblica amministrazione (D.Lgs. n. 81
del 2000, art. 3, comma 1, lett. b) e dei trasporti e connessa logistica (D.Lgs. n. 81
del 2000, art. 3, comma 1, lett. c). Inoltre, le previsioni della contrattazione
collettiva che destinano risorse al sostegno, tra l’altro, delle iniziative rivolte a
migliorare la produttività, l’efficienza e l’efficacia dei servizi, esplicano la loro
efficacia nell’ambito della propria sfera di applicabilità, ma non hanno (nè
potrebbero avere) diretta incidenza sulla ricomprensione di analoghe iniziative fra
le attività inerenti ai lavori socialmente utili. (in tal senso v. Cass. Sez. lav. n.
21155 del 13/10/2010)

3
/4/5

predetto articolo di legge, dopo avere subito alcune modifiche, è stato poi

Va, altresì, rilevato che di recente questa Corte ha avuto modo di ribadire (Cass.
Sez. 6 — Lav. Ordinanza n. 9811 del 14/6/2012) che” in tema di lavori socialmente
utili, l’art. 1 del d.lgs. n. 468 del 1997, riferendosi alle attività inerenti la
realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, non reca

rapporto di lavoro subordinato, neppure di fatto ex art. 2126 cod. civ., la
prestazione resa in favore di un ente pubblico (nella specie, Ministero della
Giustizia) da un soggetto assegnato a progetto L.S.0 e percettore di assegno
INPS, mancando un elemento imprescindibile della fattispecie legale del lavoro
subordinato, qual è il pagamento del compenso da parte del beneficiario della
prestazione.”
Quindi, una volta che attraverso una indagine di fatto, adeguatamente motivata, la
Corte territoriale è pervenuta al convincimento che i ricorrenti impegnati
nell’ambito di tali progetti e convenzioni avevano svolto incombenze riconducibili
alle qualifiche professionali alle quali erano stati rapportati sulla base del loro
reclutamento in qualità di lavoratori socialmente utili, resta esclusa nella fattispecie
l’applicazione dell’invocata norma di cui all’art. 2126 cod. civ.
Pertanto, alla luce dei suddetti principi le doglianze sopra riassunte vanno
disattese con conseguente rigetto del ricorso.
Nessuna statuizione va adottata per le spese dal momento che il Ministero della
Giustizia è rimasto solo intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma il 20 marzo 2013
Consigliere estensore

un’elencazione tassativa, sicché non eccede tale ambito e non identifica un

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