Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17116 del 26/06/2019

Cassazione civile sez. I, 26/06/2019, (ud. 29/04/2019, dep. 26/06/2019), n.17116

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 425/2017 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato ex lege in Roma presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

FONTANA SICUREZZA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio

dell’avvocato Benedetta Bullatore che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Andrea Gatto;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2024/2016 della CORTE D’APPELLO di Milano,

depositata il 9/5/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/04/2019 dal cons. Dott. MARULLI MARCO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Ministero della Giustizia impugna l’epigrafata sentenza della Corte d’Appello di Milano, con cui è stata respinta l’opposizione dal medesimo proposta avverso il decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto nei suoi confronti dalla Fontanza Sicurezza s.r.l. al fine di vedersi compensato il noleggio dei sistemi di intercettazione prestato in favore delle Procure della Repubblica di numerose città e ne reclama la cassazione sulla base di quatto motivi di ricorso. In breve l’amministrazione impugnante reputa errato il convincimento esternato dal decidente circa la soggezione della specie in discorso alle regole della contrattazione pubblica e, segnatamente, del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 17 piuttosto che alle disposizioni del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (art. 3, comma 1, lett. n), art. 5, comma 1, lett. 1-bis, artt. 70, 71, 168, 170 e 171); inapplicabile, comunque, il richiamato art. 17; non dovuti gli interessi di mora in base al D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231; ed indebita la condanna alle spese di lite, malgrado il parziale pagamento intervenuto nelle more.

Resiste con controricorso Fontana Sicurezza che ha depositato anche memoria ex art. 380-bisl c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Sgombrato il terreno dalla pregiudiziale di rito opposta dalla controricorrente, dato che il giudicato, facendo stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, entro i limiti oggettivi che sono segnati dai suoi elementi costitutivi, come tali rilevanti per l’identificazione dell’azione giudiziaria sulla quale il giudicato si fonda, costituiti dal titolo della stessa azione (causa petendi), dal bene della vita che ne forma l’oggetto (petitum mediato) a prescindere dal tipo di sentenza adottato (petitum immediato), non estende la propria efficacia anche l’interpretazione ed applicazione delle disposizioni normative, attività rispetto alle quali il giudice non è vincolato alle deduzioni delle parti e, dunque, in difetto di statuizione sul medesimo rapporto, “la pronuncia sulla legge applicabile al rapporto controverso non può costituire giudicato autonomo, rispetto al giudicato sul rapporto” (Cass., Sez. U, 22/11/1994, n. 9872), va giudicato fondato il primo motivo di ricorso, accogliendo il quale, restano assorbite le ulteriori ragioni di contesa.

3. Orbene, come questa Corte (Cass., Sez. I, 24/01/2019, n. 2074) ha già avuto occasione di statuire in relazione a vicenda del tutto analoga, va qui ribadito il convincimento che le spese di che trattasi. dovendo essere annoverate tra le spese straordinarie previste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 70 erano soggette, nel periodo a cui si riferiscono quelle oggetto di giudizio, quanto alla loro liquidazione all’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168 onde alla loro liquidazione provvede il magistrato che procede con la riflessa conseguenza che, essendo a questo fine predisposto un procedimento specifico, esse non possono essere reclamate per mezzo di un ordinario ricorso per ingiunzione.

4. Nel pervenire ad enunciare il detto principio di diritto la Corte si è data cura, scrutinando funditus l’argomento a partire dalla disposizione racchiusa nel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 5, comma 1, di rimarcare, sul rilievo della complessiva esaustività della disciplina ivi contenuta, che “il riferimento alle spese straordinarie, contenuto nel citato art. 5, comma 1 a mò di norma di chiusura, va a coprire ogni possibile spesa correlata al processo, ma non espressamente considerata dal testo unico, il che è poi esplicitato nel successivo art. 70, per l’appunto rubricato: “Spese straordinarie”, secondo cui: “Sono spese straordinarie quelle non previste nel presente testo unico e ritenute indispensabili dal magistrato che procede, il quale applicherà, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli artt. 61, 62 e 63 e dell’art. 277 e per l’importo utilizzerà prezzari analoghi. Il decreto di pagamento è disciplinato dagli artt. 168, 169, 170 e 171”, da ciò traendo l’asserto, avvalorato, tra l’altro, dal positivo confronto con la disciplina dettata a proposito dei compensi dovuti ai consulenti tecnici e periti, e più in generale agli ausiliari, che “nel sistema del testo unico, e, già prima, della disciplina normativa in esso confluita, la quantificazione delle spese in discorso, nelle diverse ipotesi normativamente contemplate, non è mai affidata alla libera contrattazione, ma si svolge nel rispetto di previsioni autoritative alle quali, in sede di liquidazione, occorre attenersi”.

Del resto, si è osservato ancora, anche per le “prestazioni obbligatorie” rese dagli operatori delle telecomunicazioni ai sensi del D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 96 – consistenti, secondo la definizione del D.I. 28 dicembre 2017, art. 1 nel “complesso delle attività di captazione e trasmissione ai luoghi di registrazione, conservazione e archiviazione, realizzate dagli operatori di telecomunicazioni, di ogni comunicazione o scambio di dati comunque generati o veicolati dai sistemi di telecomunicazione, compresi i dati inerenti alle operazioni di intercettazione, in esecuzione dei decreti di intercettazione, di informazione, di consegna dati e di supporto – indipendentemente dal luogo di esecuzione dell’attività e dal soggetto incaricato della stessa – emessi dalle competenti Autorità giudiziarie” -, si adotta un sistema simile – la liquidazione avvenendo infatti in base ad un “prezzario”, che determina il canone annuo forfetario dovuto per tali prestazioni, approvato con il citato decreto interministeriale – tanto che questa Corte, chiamata a pronunciarsi sul diritto di un operatore alla liquidazione del compenso dovuto per le attività di tracciamento riferite a comunicazioni internazionali, non ha avuto esitazione a precisare che “le spese di intercettazione (pacificamente rientranti fra quelle di giustizia, anche alla luce della loro menzione, senza specifica disciplina, al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 5, lett. i-bis, introdotto dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 326) sono tradizionalmente ricondotte fra quelle straordinarie D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 70, come chiarito dalla Circolare del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia dell’8 ottobre 2002, n. 6” (Cass., Sez. II, 9/02/2016, n. 2573).

5. Traendo le fila di questo discorso, si è chiosato che “il quadro è dunque chiaro e agevolmente sintetizzabile. Le attività strettamente funzionali ed inerenti al processo penale, e le relative spese, si connotano per il loro rilievo pubblicistico e si collocano al di fuori della libera contrattazione, sicchè la liquidazione di queste ultime deve inalvearsi nell’apposito procedimento previsto dal testo unico”.

6. Erra perciò il giudicante del grado nel ritenere che tra le parti fosse sorto un rapporto privatistico e che la Fontana fosse titolare di un credito suscettibile di essere azionato in via monitoria, mentre detto credito non poteva che esser fatto valere, trovando viceversa applicazione la disciplina prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 70 per la liquidazione delle spese di giustizia aventi carattere straordinario ovvero gli artt. 168 e segg. medesimo Testo Unico.

7. Nè vi è ragione di rivedere questo quadro di giudizio, come invece sollecita il controricorrente nella memoria, alla luce dello ius superveniens conseguente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 2 ottobre 2018, n. 120, il cui art. 1, comma 1, ha inserito nel D.P.R. n. 115 del 2002 l’art. 168-bis alla stregua del quale, sotto la rubrica “Decreto di pagamento delle spese di cui al D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 96 e di quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime, trova previsione il principio (comma 1) che “la liquidazione delle spese relative alle prestazioni di cui al D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 96 e di quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime è effettuata senza ritardo con decreto di pagamento del pubblico ministero che ha richiesto o eseguito l’autorizzazione a disporre le operazioni di intercettazione” seguito dal conclusivo rinvio al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170. E ciò perchè, sebbene dai documenti accompagnatori che hanno scandito l’iter di approvazione della norma si possa evincere il contrario ovvero, per intenderci, che nell’arco di tempo a cui risalgono le prestazioni oggetto dell’iniziativa monitoria in disamina i compensi di noleggio fossero liberamente negoziabili – l’innovazione legislativa non intende colmare un vuoto normativo, la completezza del sistema potendo invero argomentarsi, come già ricordato dal precedente di questa Corte, dalla riconduzione delle spese de quibus nell’ambito delle spese straordinarie e al rango di “norma di chiusura” che in questo contesto riveste – e rivestiva anche in allora – il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 5, comma 1. Sicchè, rettamente intesa in accordo con le sue implicazioni sistematiche – la norma si inserisce in un panorama dispositivo sufficientemente dettagliato e presidiato dalla norma di chiusura dell’art. 5 -, essa assolve una funzione propriamente esplicativa, chiarendo in modo espresso – ed anche al non secondario scopo di creare un efficace argine al dilagante contenzioso che rischiava di travolgere finanziariamente il funzionamento della giustizia penale – un principio immanente nel sistema, in ragione del quale come si dianzi specificato, “le attività strettamente funzionali ed inerenti al processo penale, e le relative spese, si connotano per il loro rilievo pubblicistico e si collocano al di fuori della libera contrattazione”.

8. Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza va conseguentemente cassata senza rinvio in quanto, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, u.c., la causa non poteva essere proposta.

Ricorrono giusti motivi, rappresentati dal solo recente consolidarsi della giurisprudenza di questo giudice di legittimità, per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e compensa integralmente le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 29 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019

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