Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17116 del 09/08/2011

Cassazione civile sez. VI, 09/08/2011, (ud. 10/06/2011, dep. 09/08/2011), n.17116

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20794/2010 proposto da:

MILITO SRL (OMISSIS), in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE SANTO 25, presso lo

studio dell’avvocato PATERNO’ RADDUSA Pietro, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato RICCA BENIAMINO giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TERMOIDRAULICA COL.VAN DI VANONI CLAUDIO E C, già Snc Termoidraulica

Col.Van di Colombo Renato e Vanoni Claudio & C. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 232, presso lo studio

dell’avvocato CUGINI ANGELO, rappresentata e difesa dall’avvocato

FEGGI Carlo Alberto, giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

ISER SPA (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 700/2010 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

30/03/10, depositata il 06/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

è presente il P.G. in persona del Dott. UMBERTO APICE.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che avverso la decisione indicata in epigrafe ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico articolato motivo la s.r.l. Milito.

Ha resistito la Termoidraulica Col. Van s.n.c..

Nominato, ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ., il Consigliere relatore ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., ritenendo che il ricorso fosse da rigettare per manifesta infondatezza.

Le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

Nella relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., si legge quanto segue:

“1. La s.r.l. Milito conveniva in giudizio dinanzi al tribunale di Verbania la Termoidraulica Col.Van s.n.c. chiedendone, ai sensi dell’art. 1669 cod. civ., la condanna al risarcimento dei danni relativi ai lavori edili effettuati da essa convenuta in virtù del contratto di appalto intercorso fra le parti sul rilievo che l’impianto idrico collaudato e consegnato nel 1998 aveva manifestato gravi perdite dovute a rottura delle tubazioni.

La convenuta eccepiva, fra l’altro, la decadenza e la prescrizione dell’azione di garanzia; nel merito, chiedeva il rigetto del domanda.

Procedutosi alla chiamata in causa della Iser s.p.a. e, quindi, della Aquatechnik s.p.a., queste ultime – fornitrici del materiale installato dall’appaltatrice – eccepivano a loro volta la decadenza e la prescrizione dell’azione di garanzia nei loro confronti rispettivamente proposta.

Il tribunale accoglieva in parte la domanda di danni proposta dall’attrice nei confronti della convenuta con sentenza che era riformata in sede di gravame, in cui era ritenuta la decadenza dell’attrice dall’azione di garanzia ex art. 1669 cod. civ., sul rilievo che la denuncia dei difetti era stata effettuata, con lettera del 1-12-200, oltre l’anno della scoperta che doveva risalire a epoca sicuramente anteriore al 30-11-1999.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico articolato motivo la s.r.l. Milito.

Ha resistito la Termoidraulica Col. Van s.n.c..

2. Il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 376,380 bis e 375 cod. proc. civ., essendo manifestamente infondato.

L’unico motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata che, nel ritenere effettuata oltre l’anno dalla scoperta la denuncia dei vizi, non aveva fatto corretta applicazione dei principi elaborati dalla S.C circa la determinazione del momento di decorrenza del dies a quo per la denuncia; aveva erroneamente accertato il momento in cui essa committente aveva acquisito la consapevolezza della comprensione e della gravità del vizio dell’opera appaltata, atteso che i Giudici: a) avevano dato rilevanza a quanto dichiarato nella lettera del 1-12-2000 – che non poteva avere valore di denuncia – attribuendole un significato che le dichiarazioni ivi rese non potevano avere; b) avevano considerato come ammissioni della parte la argomentazioni formulate dal difensore con la comparsa conclusionale, travisandone il contenuto circa il momento (aprile 1999) in cui l’attrice avrebbe avuto consapevolezza della causa dei vizi, e senza che ad esse – in quanto non sottoscritte dalla parte – potesse attribuirsi valore confessorio;

c) avevano dato rilevanza alle lettere inviate dalla ricorrente alla società fornitrice quando proprio tale circostanza dimostrava che essa ricorrente non fosse consapevole della causa dei vizi e quindi della responsabilità dell’appaltatore; d) non avevano tenuto conto di quanto evidenziato dalla consulenza tecnica d’ufficio, a seguito della quale soltanto era emersa la causa della rottura delle tubazioni.

Il motivo è infondato.

a) i Giudici di appello hanno innanzitutto chiarito le ragioni per le quali la missiva del 1-12-2000 – con cui era stata denunciata la difettosità ab origine dell’impianto idrico a seguito della rottura delle tubazioni e degli allagamenti verificatisi – dimostrava a quel momento la piena consapevolezza della esistenza e della gravità dei vizi;

b) la sentenza ha quindi ritenuto che l’attrice, la quale aveva l’onere dì provare di avere denunciato i vizi entro un anno dalla scoperta, non aveva offerto la dimostrazione che la scoperta fosse avvenuta non prima del 30-11-1999; anzi era risultato che la committente ne aveva acquisito la conoscenza in epoca anteriore; al riguardo, a prescindere dalle ammissioni contenute nella comparsa conclusionale (che non hanno avuto peso determinante nel convincimento dei Giudici), la sentenza traeva elementi di prova decisivi dalle lettere inviate alla fornitrice delle tubazioni installate dall’appaltatrice, nelle quali si precisavano specificamente le rotture dell’impianto idrico (ciò con particolare riferimento alla lettera del 6-10-1999).

Ciò posto, la sentenza ha innanzitutto fatto corretta applicazione dei principi elaborati dalla Suprema Corte in materia di dies a quo della denuncia dei vizi, secondo cui il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzione di un immobile, previsto dall’art. 1669 cod. civ., a pena di decadenza dall’azione di responsabilità contro l’appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti; il relativo accertamento, involgendo un apprezzamento dì fatto, è riservato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto (fra le altre cfr. Cass. 567/2005).

Nella specie, la sentenza ha indicato con motivazione immune da vizi logici o giuridici le ragioni che avevano portato al rigetto della domanda proposta dall’attrice, avendo verificato che nel corso del 1999 la ricorrente era a conoscenza di vizi inerenti alla funzionalità dell’impianto in considerazione dell’avvenuta, accertata e ripetuta rottura delle tubazioni: il che evidentemente era sufficiente per il sorgere della garanzia di cui all’art. 1669 cod. civ., nei confronti dell’appaltatore, il quale è responsabile per avere consegnato un’opera rivelatasi inidonea per la presenza dì difetti che incidono sulla sua funzionalità.

La doglianza concernente il significato attribuito alla missiva del 1- 12-200 si risolve nella censura dell’interpretazione del contenuto di tale missiva, che è un tipico accertamento di fatto riservato all’indagine del giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità, dovendo qui ricordarsi che l’interpretazione del contratto e, più in generale, della dichiarazione di volontà della parte, può essere censurato dinanzi alla Corte di Cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche (le quali, pur se dettate in materia di contratto, hanno portata di carattere generale), che deve essere specificamente indicata in modo da dimostrare – in relazione al contenuto del testo contrattuale – l’erroneo risultato interpretativo cui per effetto della predetta violazione è giunta la decisione, che altrimenti sarebbe stata con certezza diversa la decisione. Ne consegue che non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà della parte operata dal giudice di merito che si traduca esclusivamente – come avvenuto nella specie da parte della ricorrente – nella prospettazione di una diversa vantazione degli stessi elementi di fatto già dallo stesso esaminati (Cass. 7500/2007; 24539/2009).

La circostanza che le lettere dì denuncia dei sinistri e delle relative cause erano state inviate alla fornitrice delle tubazioni non può assumere alcuna valenza, perchè – in presenza di elementi obiettivi circa l’individuazione dei difetti e dei presupposti dell’inadempimento dell’appaltatore – l’errore o la mancata diligenza della committente nell’ inviare la denuncia all’appaltatore non potrebbero essere invocati quali elementi da utilizzare per escludere la consapevolezza dei vizi.

Orbene, le critiche formulate dalla ricorrente non sono idonee a scalfire la correttezza e la congruità dell’iter logico giuridico seguito dalla sentenza impugnata: le censure lamentate, in realtà, non denunciano un vizio logico della motivazione ma si concretano in argomentazioni volte a sostenere l’erroneo apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dai giudici in merito all’accertamento di fatto circa il momento in cui la committente avrebbe avuto consapevolezza dei difetti dell’opera. Al riguardo, va sottolineato che il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell’art. 360 n. 5 citato, la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo (solo in tal caso la Corte è anche giudice del fatto”).

Vanno condivise le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione, non potendo ritenersi meritevoli di accoglimento i rilievi formulati dalla ricorrente con la memoria illustrativa. In proposito occorre soltanto sottolinearsi che nell’ipotesi di cui all’art. 1669 cod. civ., ai fini della consapevolezza del vizio, non possono assumere rilevanza manifestazioni di scarsa importanza o semplici sospetti, essendo necessario da parte del committente un apprezzabile grado di conoscenza della gravità dei difetti e del collegamento causale fra i difetti e l’imperfetta esecuzione dell’appalto; la motivazione della sentenza impugnata ha al riguardo compiuto una valutazione che è immune da vizi logici, posto che i ripetuti allagamenti conseguenti alla rottura delle tubazioni dell’impianto installato dall’appaltatrice erano fenomeni sintomatici e rivelatori dell’inidoneità dell’opera appaltata ed erano quindi da mettere in correlazione necessaria con l’esecuzione non a regola d’arte dell’appalto: la consapevolezza di tale circostanza, del resto, ha trovato conferma nelle denunce dei vizi inviati dall’attrice alle ditte fornitrici dei materiali – peraltro erroneamente – posto che comunque nei confronti del committente responsabile è l’appaltatore il quale abbia fornito i materiali, approvvigionandosi direttamente presso terzi.

Pertanto, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore della resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2011

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