Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17111 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. I, 16/06/2021, (ud. 23/04/2021, dep. 16/06/2021), n.17111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16077/2020 proposto da:

O.A., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Americo

Capponi n. 16, presso lo studio dell’avvocato Carlo Staccioli, che

lo rappresenta e difende in forza di procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2948/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

pubblicata il 22/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/04/2021 da Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 2948/2019, depositata il 9/7/2019 e pubblicata il 22/10/2019 (come da attestazione di conformità), ha respinto il gravame di O.A., cittadino della Nigeria, avverso la decisione del Tribunale che aveva respinto la richiesta di riconoscimento, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ed umanitaria.

In particolare, i giudici di merito hanno sostenuto che: il racconto del richiedente (essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine, dopo essere stato denunciato, per motivi famigliari, essendo insorti contrasti per ragioni economiche, da uno zio, che lo aveva accusato falsamente di diversi crimini) non era credibile, per incoerenza e genericità, anche in ordine ai motivi per cui egli non si era rivolto alle Autorità locali, cosicchè non ricorrevano i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a), b) e c), nonchè di quella umanitaria, in difetto di personale vulnerabilità del richiedente.

Avverso la suddetta pronuncia, O.A. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno (che dichiara di costituirsi al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, il difetto di motivazione o la motivazione apparente o l’omesso esame di fatti decisivi, ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione alla valutazione della credibilità delle dichiarazioni del richiedente, essendosi omesso l’esame di fatti decisivi allegati in appello, che se accertati, avrebbero dovuto condurre ad una diversa decisione (il basso livello di istruzione del ricorrente, il ruolo rivestito dallo zio, generale dell’esercito, e gli abusi che caratterizzano la polizia nigeriana).

2. L’unica censura è inammissibile.

La valutazione di credibilità o affidabilità del richiedente la protezione non è frutto di soggettivistiche opinioni del giudice di merito, ma il risultato di un procedimentalizzazione legale della decisione, la quale dev’essere svolta non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri stabiliti nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5: verifica dell’effettuazione di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; deduzione di un’idonea motivazione sull’assenza di riscontri oggettivi; non contraddittorietà delle dichiarazioni rispetto alla situazione del paese; presentazione tempestiva della domanda; attendibilità intrinseca (Cass. 26921/2017). Inoltre, il giudice deve tenere conto della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente, con riguardo alla sua condizione sociale e all’età (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 3, lett. c), e acquisire le informazioni sul contesto socio-politico del paese di rientro, in correlazione con i motivi di persecuzione o i pericoli dedotti, sulla base delle fonti di informazione indicate nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ed in mancanza, o ad integrazione di esse, mediante l’acquisizione di altri canali informativi (Cass. n. 16202/2012).

La credibilità delle dichiarazioni del richiedente la protezione non può essere esclusa sulla base di mere discordanze o contraddizioni nell’esposizione dei fatti su aspetti secondari o isolati, quando sia mancato un preliminare scrutinio dei menzionati criteri legali previsti per la valutazione dell’attendibilità delle dichiarazioni, specie quando il giudice di merito non abbia concluso per l’insussistenza dell’accadimento (Cass. n. 8282/2013). Questa Corte, anche di recente, ha ribadito che “in tema di protezione sussidiaria, la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente non può essere legata alla mera presenza di riscontri obiettivi di quanto da lui narrato, incombendo al giudice, nell’esercizio del potere-dovere di cooperazione istruttoria, l’obbligo di attivare i propri poteri officiosi al fine di acquisire una completa conoscenza della situazione legislativa e sociale dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto” (nella specie, la S.C., ha cassato la sentenza con la quale era stato rigettato il ricorso avverso il diniego del riconoscimento della protezione sussidiaria, avendo il tribunale ritenuto, senza alcun approfondimento istruttorio, che il timore di danno grave dedotto dal richiedente fosse esclusivamente soggettivo in quanto privo di riscontri obiettivi, e il pericolo non fosse più attuale). A queste indicazioni la decisione impugnata si è attenuta.

La Corte di merito ha dato rilievo al fatto che il nigeriano si era contraddetto su diversi aspetti della narrazione (avere consegnato spontaneamente allo zio i documenti relativi all’azienda, piantagione, di proprietà o l’essergli stati gli stessi sottratti; la sorte degli altri cinque fratelli e delle loro rivendicazioni sulla proprietà).

In tal modo, i giudici di merito hanno valutato la sostanziale incoerenza e non plausibilità del racconto, concludendo per la messa in dubbio anche della stessa provenienza del richiedente.

I fatti asseritamente omessi o risultano esaminati (ad es. l’essere lo zio un militare di professione) o non risultano decisivi (il livello di istruzione) o del tutto generici (gli abusi della polizia nigeriana).

3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

 

 

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