Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17108 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. I, 16/06/2021, (ud. 16/04/2021, dep. 16/06/2021), n.17108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20513/2020 r.g. proposto da:

S.Y., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Danilo

Lombardi, con cui elettivamente domicilia in Roma, Via Po n. 24,

presso lo studio dell’Avvocato Claudio Miglio.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro.

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, depositata in

data 18.11.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/4/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha rigettato l’appello proposto da S.Y., cittadino del Gambia, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 15 marzo 2018 dal Tribunale di Roma, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato e vissuto in Gambia; ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese in ragione del fatto che in quest’ultimo l’omosessualità è perseguita anche penalmente.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile, lacunoso ed anche contraddittorio e perchè la valutazione di non credibilità già espressa dal primo giudice non era stata oggetto di motivo di gravame in appello e, da ultimo, in regione della non gravità della vicenda raccontata che non poteva rientrare nel paradigma degli atti di persecuzione; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al Gambia, stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, perchè il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano nè una condizione di soggettiva vulnerabilità.

2. La sentenza, pubblicata il 18.11.2019, è stata impugnata da S.Y. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 8, comma 2, D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b e c, non avendo la corte di appello valutato il profilo di irrilevanza del possesso o meno dell’orientamento sessuale ed essendo invece rilevante che tale caratteristica venga attribuita al soggetto dall’autore della persecuzione e per aver inoltre la corte di appello omesso di indagare sul fatto che l’omosessualità costituisca reato in Gambia.

1.1 Il motivo è inammissibile.

Le doglianze proposte dal ricorrente non censurano in realtà la ratio decidendi principale posta a sostegno del rigetto dell’appello, e cioè che la valutazione non credibilità del racconto già espressa dal giudice di prime cure non era stata oggetto di motivo di gravame nel grado di appello, di talchè deve considerarsi formato il giudicato interno sulla predetta valutazione.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, art. 2 Cost. e art. 10 Cost., comma 3, della direttiva comunitaria n. 115/2008, dell’art. 6, par. 4, dell’art. 8 Cedu, in relazione al diniego dell’invocata protezione umanitaria, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

2.1 Il motivo è inammissibile perchè le doglianze non si confrontano in alcun modo con le rationes decidendi del provvedimento impugnato, e cioè, da un lato, la valutazione di mancanza di una condizione di soggettiva vulnerabilità e, dall’altro, la mancata dimostrazione di un’adeguata integrazione sociale del richiedente, circostanza quest’ultima che rende irricevibili le censure proposte con il motivo che, peraltro, risultano solo genericamente formulate e sono rivolte ad una rivisitazione del merito della decisione.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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