Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17108 del 08/08/2011

Cassazione civile sez. II, 08/08/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 08/08/2011), n.17108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.A. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e

difeso, in virtù di procura speciale a margine del ricorso,

dall’Avv. CANNATA Luciano ed elettivamente domiciliato presso lo

studio dell’Avv. Pietro Cammareri, in Roma, piazzale Bergamini, n.

12;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI GRAVINA DI CATANIA, in persona del Sindaco pro tempore;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Catania n.

800/2009, depositata l’8 giugno 2009 (e non notificata).

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 9

giugno 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

sentito il difensore del ricorrente Avv. Luciano Cannata, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso aderendo alla

relazione ex art. 380 bis c.p.c..

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 25 marzo 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con la sentenza n. 800 del 2009 (depositata il 9 giugno 2009), la Corte di appello di Catania, nella dichiarata contumacia dell’appellato C.A., in accoglimento del gravame proposto dal Comune di Gravina di Catania avverso la sentenza n. 581 del 2002 della Sezione Stralcio del Tribunale di Catania, revocava il decreto ingiuntivo n. 2664 del 1993 emesso dal Presidente del Tribunale di Catania l’8 luglio 1993 e regolava le spese del giudizio.

Nei confronti di detta sentenza, non notificata, ha proposto ricorso ordinario per cassazione (notificato il 25 giugno 2010 e depositato il 12 luglio successivo) C.A., basato su unico motivo riconducibile alla violazione dell’art. 330 c.p.c., comma 1, deducendo la nullità della notificazione dell’atto di appello siccome notificato in un luogo diverso (corrispondente al domicilio eletto in primo grado) da quello indicato nel nuovo domicilio riportato nell’atto di notificazione della sentenza di primo grado (ponente riferimento alla piazza L. Ariosto di Catania n. 25 anzichè n. 21, come nell’elezione inizialmente operata). Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., il ricorrente ha, pertanto, formulato il seguente quesito di diritto: “Dica la S.C. se la notificazione dell’atto di appello effettuata presso il procuratore domiciliatario costituito nel primo grado di giudizio, anzichè nel domicilio eletto nell’atto di notificazione della sentenza, è nulla e tale nullità, non sanata in difetto della costituzione dell’appellato, attiene al contraddittorio non validamente incardinato e travolge l’intero procedimento sino alla decisione”.

L’intimato Comune non si è costituito in questa fase.

Ritiene il relatore che sembrano sussistere, nel caso in questione, i presupposti per pervenire all’accoglimento del ricorso per sua manifesta fondatezza.

E’ risaputo che la parte che ha effettuato la notificazione della sentenza (principalmente per far decorrere il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c.) può in quest’atto indicare o eleggere domicilio nella circoscrizione del giudice che ha emesso la decisione, ovvero indicare, nell’ambito della circoscrizione, un diverso domicilio rispetto a quello precedentemente eletto. In tal caso la notificazione dell’impugnazione deve essere effettuata in via esclusiva nella nuova residenza dichiarata o nel nuovo domicilio eletto (cfr. Cass. n. 1114 del 1993 e Cass. n. 3269 del 2007), e tale criterio, quindi, proprio in virtù della sua esclusività, prevale sugli altri indicati nel citato l’art. 330 c.p.c., comma 1, i quali, pertanto, vanno qualificati come sussidiari. La giurisprudenza di questa Corte ha anche stabilito che l’elezione di domicilio o la dichiarazione di residenza non richiedono formule sacramentali, ma devono essere complete ed inequivoche e devono risultare dallo stesso atto di notificazione della sentenza. In altri termini, non sono richieste in questo caso per l’elezione di domicilio o il mutamento della precedente elezione operata le formalità previste dall’art. 47 c.c., essendo sufficiente che l’ufficiale giudiziario dichiari di aver ricevuto la richiesta della parte e che questa abbia dichiarato o eletto domicilio, ovvero provveduto all’indicazione di un diverso domicilio rispetto a quello precedente. A tal proposito, si è affermato che l’elezione di domicilio o la dichiarazione di residenza che siano effettuate in sede di notificazione della sentenza segnano il luogo nel quale la controparte deve provvedere alla notificazione dell’impugnazione, restando a tal fine irrilevante l’eventuale errore in cui sia incorso l’autore della suddetta elezione o dichiarazione (v. Cass. n. 6809 del 1986). Poichè l’elezione di domicilio si opera non soltanto rispetto ad un luogo, ma anche e soprattutto rispetto alla persona indicata che diviene il solo tramite attraverso il quale si realizza la conoscenza dell’atto notificato, deve considerarsi nulla per violazione del citato art. 330 c.p.c., la notificazione dell’impugnazione eseguita al procuratore costituito per il giudizio di primo grado, anzichè al procuratore presso il quale la parte ha eletto domicilio nell’atto della notificazione della sentenza.

Recentemente questa Corte (v. Cass. n. 8010 del 2009) ha specificamente statuito sul punto che la notificazione dell’atto di appello effettuata presso il procuratore domiciliatario costituito nel primo grado di giudizio, anzichè nel domicilio eletto nell’atto di notifica della sentenza, è nulla e tale nullità, non sanata in difetto della costituzione dell’appellato, attiene al contraddittorio non validamente instaurato e travolge l’intero procedimento sino alla decisione.

Orbene, nella fattispecie, è comprovato “ex actis” che l’atto di appello era stato notificato presso l’avv. Luciano Cannata nel domicilio eletto per il giudizio di primo grado in Catania v. L. Ariosto n. 21 anzichè presso lo stesso professionista nel diverso domicilio indicato nell’atto di notificazione della sentenza del G.O.A, presso il Tribunale di Catania riferibile alla stessa via L. Ariosto ma al differente numero civico 25. Pertanto, alla stregua dei principi precedentemente richiamati e constatata la mancata costituzione dell’appellato (odierno ricorrente) nel giudizio di appello, non può che conseguire la nullità della suddetta notificazione e degli atti conseguenti e, quindi, la cassazione della sentenza impugnata in questa sede di legittimità. In definitiva, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c. (nella versione ante L. n. 69 del 2009), potendosi ravvisare la manifesta fondatezza del proposto ricorso”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, nei riguardi della quale non sono state sollevate critiche ad opera delle parti, avendo il difensore del ricorrente insistito, in sede di discussione camerale, per l’accoglimento del ricorso alla stregua delle argomentazioni in esso contenute e recepite nella relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

che, pertanto, il ricorso deve essere accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Catania, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Catania.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2011

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